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La Cattolica secondo il rettore Anelli

Di Gianni Borsa

Anche i numeri contano, utili per trasmettere un ordine dimensionale. Così risulta che l’Università Cattolica del Sacro Cuore, fondata nel 1921, oggi conta circa 40mila studenti, ripartiti fra la sede storica di Milano, Roma, Brescia, Piacenza e Cremona. Sono 10mila i laureati ogni anno. Negli oltre 40 corsi di laurea triennali e altrettanti magistrali insegnano 1.650 docenti. Oltre 100 i master, 50 le scuole di specializzazione; più di duemila gli studenti internazionali, un po’ di più quelli che partono per un periodo di formazione all’estero. Un bell’impegno per chi, da rettore, si trova in cabina di regia? Sorride Franco Anelli, 52 anni, ordinario di Diritto privato, confermato a fine maggio nel ruolo che fu del fondatore Agostino Gemelli e dei suoi sei successori. “Quando nel 2011 l’allora rettore Lorenzo Ornaghi fu nominato ministro mi trovai, in qualità di pro rettore, ad assumere l’incarico ad interim per un anno. In quel periodo ho ricevuto un diffuso e fattivo sostegno da parte degli organi direttivi e di tutte le componenti dell’ateneo, che ha permesso di affrontare un periodo difficile con un metodo collegiale; su queste basi è arrivata la prima elezione e ora questa conferma, intesa a portare avanti il lavoro avviato”.

Un primo bilancio di questo suo incarico?
Sono stati anni interessanti e complicati allo stesso tempo, considerando anche il quadro generale del sistema universitario italiano. In Cattolica abbiamo compiuto un passo importante con il riassetto delle attività di assistenza sanitaria svolte dal Policlinico Gemelli di Roma. Ora, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni,

siamo nelle condizioni di concentrare le nostre forze sullo sviluppo di un piano strategico e organizzativo dell’Università

con una riflessione organica sul futuro dell’ateneo. Vorremmo accelerare i processi di aggiornamento e internazionalizzazione dell’attività formativa, incentivare ulteriormente la ricerca, migliorare i servizi per gli studenti, rafforzare le strutture, il tutto entro un doveroso quadro di sostenibilità finanziaria di lungo periodo.

Università Cattolica, mondo della cultura, rapporti con la Chiesa: a che punto siete? Quali prospettive?
Credo che un’università debba dare il suo contributo alla realtà sociale e culturale che la circonda proprio mediante il suo specifico e primario ruolo formativo, accompagnando i giovani nella crescita umana, a partire, nel nostro caso, dall’ispirazione cristiana. È altrettanto necessario sviluppare idee e progetti per essere una voce significativa nel panorama culturale italiano e internazionale e per continuare ad alimentare quel nuovo umanesimo a cui siamo chiamati anche dal nostro speciale legame con la comunità ecclesiale. Abbiamo cercato, tra l’altro, di essere capillarmente presenti nelle diocesi. In questa prospettiva il rapporto con i media cattolici e con i settimanali diocesani è importante e significativo.

Vorrei che i cattolici italiani continuassero a considerare l’ateneo come la “loro” università.

Come intende realizzare tale obiettivo?
Svolgendo proprio il suo compito di istituzione formativa e di ricerca, la Cattolica darà il suo apporto originale su quei temi che sono cari alla Chiesa stessa. Ad esempio lo scorso anno, caratterizzato dalla pubblicazione dell’enciclica “Laudato si’”, dal Sinodo sulla famiglia e dall’Expo, abbiamo creato molteplici occasioni di riflessione, studio interdisciplinare e dibattito sulle grandi questioni ad essi correlate. Quest’anno in più modi stiamo mettendo a fuoco il tema della misericordia.

Al centro dell’attenzione ci sono comunque gli studenti…
Vogliamo garantire ai giovani, e alle loro famiglie, un servizio formativo di elevata qualità, con l’intento di valorizzare le capacità di ciascuno.

Innestandole su un’irrinunciabile preparazione di base solida e ampia, rafforzeremo le competenze specialistiche utili per il futuro professionale dei laureati;

inoltre va ulteriormente coltivata e arricchita la dimensione internazionale dell’Università Cattolica, favorendo gli scambi di studenti in Europa e negli altri continenti. Per far ciò abbiamo istituito corsi di laurea interamente erogati in lingua inglese e anche corsi “double degree”, il cui titolo è riconosciuto in tutti i Paesi coinvolti: proprio in questi giorni abbiamo siglato un accordo con la Beijing Language and Culture University di Pechino. La Cattolica è, inoltre, luogo di “formazione alla solidarietà”, con vari progetti e collaborazioni avviati nei Paesi in via di sviluppo.

Appena confermato rettore, si è soffermato su alcuni interventi strutturali. Quali sono?
Ci siamo posti l’obiettivo di realizzare, grazie al protocollo d’intesa sottoscritto per l’acquisizione della ex Caserma Garibaldi, collocata proprio di fronte alla sede di largo Gemelli, il più grande campus urbano della città di Milano. Ciò permetterebbe di ampliare gli spazi a disposizione per l’insegnamento, per la ricerca e per le numerosissime attività culturali (pensi che nell’arco di un anno promuoviamo oppure ospitiamo circa 400 eventi nella sola sede di Milano). Si tratta di un’operazione assai complessa, che richiederà ancora del tempo, ma alla quale stiamo lavorando con determinazione. Dovremo poi creare le condizioni per il nuovo insediamento del campus di Brescia, che troverà collocazione nell’ex seminario di Mompiano.

Se potesse inviare un messaggio a un giovane impegnato in questi giorni negli esami di maturità e che vorrebbe poi intraprendere gli studi universitari, cosa gli direbbe?
Semplicemente di studiare con impegno e di scegliere, anzitutto, l’ambito formativo che lo appassiona e che risponde maggiormente ai suoi interessi. Poi suggerirei, nei limiti del possibile, di mettere nel conto un periodo di formazione all’estero, anche con l’aiuto dell’università e dei sempre più numerosi progetti che offre, a partire dall’Erasmus. Di giungere alla laurea, considerando il valore di ulteriori opportunità come i master o altre esperienze fortemente professionalizzanti.

I giovani di valore, responsabili e preparati di cui ha bisogno il nostro Paese ci sono e non sono pochi. Noi siamo pronti ad accoglierli.

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