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Monache Clarisse: “Cosa significa, oggi, per noi, celebrare la Pentecoste?”

DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto sulle letture di domenica 15 Maggio.

Da qualche giorno il Signore, in vista della sua Ascensione al Padre e attraverso la sua Parola, ci prepara a vivere la Solennità di questa domenica: la Pentecoste.

Cos’è la Pentecoste? Tutti sappiamo rispondere: la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, il dono dello Spirito Santo ad ogni uomo; tutti conosciamo bene «il fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso», le «lingue come di fuoco», i discepoli che «cominciarono a parlare in altre lingue» …i fatti, cioè, e gli eventi straordinari che accaddero a Gerusalemme proprio nel giorno di Pentecoste.

Cosa significa, oggi, per noi, celebrare la Pentecoste? Qual è lo straordinario che, oggi, per noi e in noi, lo Spirito provoca e suscita con la sua azione?

E’ lo “straordinario ordinario” di un Dio che ama l’uomo, che prende dimora con l’uomo: un Dio che, attraverso lo Spirito, ci restituisce e ci permette di gustare una relazione personale, intima con Lui.

E’ lo “straordinario ordinario” di un Dio che non è lontano compagno di viaggio ma che, attraverso lo Spirito, si fa strada, si fa guida, ci rende presente la Parola. Quello Spirito che, dice Gesù nel Vangelo, «vi insegnerà e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

E’ lo «straordinario ordinario» di un Dio che si consegna all’uomo, ogni giorno, perché «rimanga con voi per sempre» Un Dio che, ogni giorno e per sempre, viene a rinnovare, a rendere nuova la terra, a ridare, attraverso il suo Spirito, vita, dignità, consistenza ad ogni creatura.

E’ lo “straordinario ordinario” di un Dio che è Padre e del suo desiderio di farci partecipi della sua gioia, della sua gloria, della sua eternità: «…non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi […] E se siamo figli siamo anche eredi».

Di questo Dio, la Pentecoste, oggi, ci chiama ad essere testimoni. Gli apostoli, a Gerusalemme, raccontano a «Parti, Medi, Elamiti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Grigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani, Giudei e proseliti, Cretesi e Arabi…», raccontano a tutti le meraviglie «delle grandi opere di Dio»: oggi, noi, desideriamo raccontare a tutti la Parola che ha trasformato la nostra vita, l’incontro con la Parola che, ogni istante, è novità di vita…desideriamo, come il salmista, «benedire», dire bene del Signore che irrompe nella nostra storia per colmarla del suo amore.

Redazione: