Chi l’ha detto che il calcio non è roba da matti? Mentre il campionato italiano è alle prese con nuove e vecchie polemiche, il 29 febbraio a Osaka, in Giappone, si è concluso un torneo molto speciale di cui pochi hanno dato notizia: si chiama “The World Craziest Cup”, la coppa più pazza del mondo. Si tratta del

primo Campionato del mondo di calcio a 5 per persone con disturbi mentali, organizzato dal Comitato Olimpico e Paralimpico di Tokio 2020.

Un campionato di calcio per matti, insomma, a cui l’Italia ha preso parte insieme alle nazionali di Giappone, Perù e Corea del Sud. I protagonisti di questa avventura sono 12 pazienti psichiatrici, dai 24 ai 50 anni (comprese due donne), che sono stati scelti tra una trentina di candidati arrivati da ogni parte d’Italia.

“Le selezioni sono state serie e rigorose – racconta al Sir Felice Pulici, ex portiere della Lazio, che ha fatto parte del team di selezionatori – e alla fine abbiamo scelto i ragazzi che ritenevamo più validi”. Una convocazione in piena regola, quindi, proprio come avviene per la nazionale più famosa di Antonio Conte, con l’unica differenza che qui andava prestata la massima attenzione a non ferire l’animo di chi veniva scartato. “Non è stato facile fare le selezioni – ammette Pulici – perché ognuno di questi ragazzi era determinato ad andare in Giappone a rappresentare il nostro Paese. Ma in tanti anni di esperienza calcistica posso dire di non aver mai visto dei giocatori metterci tanta passione per inseguire un sogno”. Oltre a Pulici, hanno condotto gli allenamenti anche l’allenatore di questa insolita compagine – Enrico Zanchini, ex giocatore della serie A di calcio a 5 – e il preparatore atletico Vincenzo Cantatore, ex pugile pluricampione europeo. Tutti loro hanno lavorato, da volontari, insieme a questi ragazzi per prepararli al meglio alla competizione.

“Un campo da calcio può curare le persone con disturbi mentali in maniera più efficace di quanto possa fare un farmaco

– spiega Santo Rullo, presidente dell’Associazione Italiana di Psichiatria Sociale e promotore dell’iniziativa -. Grazie al calcio, ma in generale a tutti gli sport, possiamo contare su un validissimo strumento di integrazione”. Da più di 25 anni il dottor Rullo porta avanti una battaglia per far sì che il recupero di questi pazienti passi sempre più dai campi di calcio e sempre meno dagli effetti delle medicine. Con il suo lavoro, in questi anni Rullo ha creato un’infinità di squadre di calcio nelle Asl, ha organizzato tornei e campionati nazionali. Un esperimento molto utile anche dal punto di vista sociale, perché contribuisce a far diminuire l’uso dei farmaci e di conseguenza il numero dei ricoveri. “Adesso che siamo riusciti a creare anche il primo campionato mondiale – aggiunge – speriamo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di far uscire le persone con disturbi mentali dall’isolamento che gli viene creato intorno”.

Sono tanti gli attori che hanno reso possibile la realizzazione di questa inedita sfida calcistica.

Se la nazionale azzurra è stata sostenuta a livello organizzativo dalla Federazione italiana gioco calcio, che ha donato divise e materiale sportivo, va detto che l’iniziativa si è concretizzata soltanto grazie all’impegno dei volontari e alle numerose donazioni via web.

La raccolta fondi è infatti partita attraverso il crowdfunding sul sito stradeonlus.it. e a questa campagna hanno aderito artisti del calibro di Gianni Morandi e Claudio Baglioni. Inoltre, tutte le tappe di questa avventura così simile a un film a lieto fine, sono state documentate dal regista italiano Volfango De Biasi e finiranno nel documentario ‘Crazy for football’, prodotto da Sky Dancers. De Biasi, che 12 anni fa in ‘Matti per il calcio’ aveva già raccontato le peripezie di una squadra di pazienti psichiatrici, si è detto entusiasta del progetto: “Questo Mondiale rappresenta un primo passo importante per attirare l’attenzione sul disagio mentale – racconta il regista, figlio di una paziente psichiatrica e consapevole di cosa si provi nell’essere negletti per colpa della malattia -. Questa realtà, purtroppo, è circondata ancora da troppa indifferenza e ipocrisia”.

Questi Mondiali hanno già regalato a tutti i partecipanti un sogno indimenticabile. E alla selezione italiana il terzo posto. “Quest’avventura è stata piena di piccoli miracoli – conclude Rullo – perché abbiamo visto ragazzi che non parlavano mai urlare improvvisamente di gioia, persone con la fobia del contatto con gli altri sciogliersi completamente nell’abbraccio dei compagni”. Inutile dire che l’artefice di questi miracoli è sempre lo stesso: lo sport.