DIOCESI – Lunedì 22 febbraio si è tenuto a San Benedetto del Tronto il “Giubileo degli Sportivi”. (A breve pubblicheremo la cronaca della celebrazione).

Il Vescovo Carlo Bresciani durante la celebrazione Eucaristica ha affermato: “Carissimi ragazzi e ragazze, uomini e donne che siete qui convenuti per la celebrazione del vostro Giubileo della Misericordia, con gioia vi do il benvenuto e ringrazio di cuore i responsabili delle vostre società e organizzazioni sportive che hanno collaborato per la realizzazione di questo bell’incontro di preghiera. Ringrazio di cuore don Luigino, vostro assistente ecclesiastico, che vi accompagna.

Siete qui convenuti per questo momento di incontro con il Signore. Vorrei anch’io porvi la domanda che Gesù ha posto ai suoi apostoli e che abbiamo sentito ripetere nel brano del vangelo appena letto:
Voi che dite di Gesù? So bene che se lo chiedete alla gente avrete le più disparate risposte, esattamente come gli apostoli riferiscono a Gesù. C’è chi dice che sia Elia e chi dice che sia uno dei tanti profeti e oggi c’è anche chi dice che non gli interessa nulla. Si rischia di non capire più nulla. Ma la domanda che Gesù pone a voi siete qui questa sera è:
Tu chi dici che io sia? Carissimi, ognuno di noi deve dare una risposta personale, come ha fatto Pietro. Non basta fermarsi a quello che pensano gli altri. Voi siete qui per dare la vostra risposta personale e Gesù vi dona teneramente il suo abbraccio di pace e di bontà.

Da sportivi ci troviamo, come con la nostra vita, in una corsa e ogni corsa va verso un traguardo. È san Paolo che applica l’immagine della corsa nello stadio alla vita del cristiano, proteso verso la meta suprema dell’incontro con Dio, in attesa di ricevere una corona che non marcisce, a differenza di quelle d’alloro che in quel tempo si assegnavano agli atleti come premio (1Cor 9,24-25). Ma possiamo correre correttamente solo se conosciamo dove è il traguardo e rispettiamo le regole della corsa, in caso contrario rischiamo seriamente di correre invano.
La nostra presenza qui questa sera sta a dire che noi riconosciamo che il traguardo della corsa della nostra vita è l’incontro con Gesù e una sincera amicizia con Lui.

Ma, come in ogni corsa, anche in quella della vita per giungere al traguardo è necessario rispettare i giusti allenamenti e le regole della corsa. Senza i giusti allenamenti, il fiato diventa subito corto e si è costretti a fermarsi a metà strada. Non si può correre se il fiato è troppo corto, perché non ci si è prima allenati. Voi lo sapete bene. Accanto all’allenamento fisico, mettete anche l’allenamento spirituale se volete che la corsa della vostra vita giunga felicemente al suo traguardo.

Lo sport è certamente una delle attività umane più popolari che può influire molto positivamente sulla vita di ciascuno di noi, tuttavia come ogni attività umana anch’esso è soggetto a rischi e ambiguità, deve pertanto essere orientato, sostenuto e guidato da regole perché esprima in positivo le sue grandi potenzialità per la vita di ciascuno di noi. Lo sport deve essere finalizzato al bene della persona, al rispetto della dignità della persona, altrimenti si insinua il demone della autodistruzione. Ciò significa che esso va correttamente rapportato a una scala di valori, quali il primato di Dio, il rispetto della persona e della vita, l’osservanza delle esigenze familiari, la promozione della solidarietà. Tra i valori fondamentali dello sport ci sono i principi della buona condotta, l’equità, l’amicizia, la tolleranza e il rispetto di compagni, delle regole del gioco e degli avversari. Se manca questo, l’attività fisica, in se stessa buona, allena e sviluppa i muscoli, ma rende debole la vita personale e relazionale.

Nel videomessaggio in occasione dei Mondiali di calcio in Brasile, Papa Francesco ha evidenziato come “lo sport non è solo una forma d’intrattenimento, ma anche – e direi soprattutto – uno strumento per comunicare valori che promuovono il bene della persona umana e contribuiscono alla costruzione di una società più pacifica e fraterna. Pensiamo alla lealtà, alla perseveranza, all’amicizia, alla condivisione, alla solidarietà. Di fatto, sono molti i valori e gli atteggiamenti promossi dal calcio [ma vale per tutti gli sport] che si rivelano importanti non solo in campo, ma in tutti gli ambiti dell’esistenza, e in concreto nella costruzione della pace. Lo sport è scuola di pace, c’insegna a costruire la pace”.

Lo sport, dicevamo, deve mettere al centro la persona e questo richiede di trasmettere a tutti una idea di sport sano, non teso a vincere a tutti i costi, che permetta di crescere anche dal punto di vista umano, acquisendo quei valori di correttezza e rispetto delle regole, indispensabili sia durante lo svolgimento dell’attività fisica, che nella vita di tutti i giorni. Ciò comporta la decisa opposizione ad ogni forma di illecito sportivo, frode sportiva, all’uso di sostanze e metodi vietati, alla violenza sia fisica che verbale, alla commercializzazione ed alla corruzione.

Inoltre, non può esserci sport vero senza apertura universalistica, come opportunamente riconosce il Codice di comportamento sportivo del C.O.N.I. il quale stabilisce all’art. 6 che “i tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo devono astenersi da qualsiasi comportamento discriminatorio in relazione alla razza, all’origine etnica o territoriale, al sesso, all’età, alla religione, alle opinioni politiche e filosofiche”. In questo senso è potente strumento di integrazione del disabile, come dell’immigrato.

Anche il mondo dello sport deve chiedere la misericordia di Dio per tutte quelle forme deviate di attività sportiva, non ultime le diverse forme di violenza: per il male che anche in questo campo, come in ogni altro, si insinua. Anche coloro che si dedicano ad attività sportive devono apprendere ad essere misericordiosi non solo verso coloro con i quali condividono il gioco e il divertimento, ma con tutti, imparando che solo con l’aiuto vicendevole e la comprensione per i limiti di ciascuno è possibile costruire una società più giusta e più pacifica.

Carissimi responsabili delle diverse società sportive e allenatori di questi ragazzi e giovani, ripeto a voi quello che la prima lettera di Pietro ci ha detto questa sera: “pascete il gregge di Dio che vi è affidato [questi ragazzi e ragazze], sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge”.

E a tutti voi ragazzi e ragazzi, giovani e adulti il Signore dia la gioia dello stare insieme nel gioco e nella serenità dell’attività fisica, lodandolo e ringraziandolo per quanto vi dona di godere, ma ricordatevi sempre che quanto Dio ci dona non è solo per noi, ce lo dà perché abbiamo a usarlo per il bene di tutti, soprattutto dei più bisognosi e dei meno fortunati. Come Dio è stato generoso con voi, siatelo anche voi con gli altri nella gioia e nella fraternità del gioco, ma soprattutto in quella della vita”.

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