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La capriola (interessata) del sociologo evoluzionista: Dio è una grande soluzione

Di Rino Farda

La filosofia è veramente cambiata nel terzo millennio. Abbandonate le analisi negative di Marx o di Freud (Dio danneggia o inibisce la naturale evoluzione dell’essere umano), i nuovi sociologi darwiniani ci hanno ripensato e sono arrivati ad affermare che Dio favorirebbe un più corretto e positivo progresso dell’umanità. Un salto logico abbastanza impressionante se si pensa all’asprezza delle rispettive posizioni nello scontro senza esclusione di colpi che ha animato il dibattito fra evoluzionisti e creazionisti negli ultimi decenni del secolo scorso.

La nuova teoria è raccontata in un libro uscito prima di Natale nel Regno Unito. Si intitola “‘God is Watching You: How the Fear of God Makes Us Human” (letteralmente “Dio ti sta guardando: come la paura di Dio ci rende umani”). E’ stato scritto da Dominic Johnson, sociologo della Università di Oxford, e presenta una “nuova teoria delle origini e dell’evoluzione”. Secondo il ricercatore “la paura di una punizione soprannaturale” sarebbe il migliore antidoto all’egoismo misantropo e “asociale” dell’umanità. Non bisogna essere dei teologi per capire che una tale posizione è in contrasto stridente con la teologia della misericordia del pontificato di Papa Francesco. Johnson cita la Bibbia: “Ecco, io sto per mandare il diluvio, cioè le acque sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è soffio di vita: quanto è sulla terra perirà” (Gn 6, 17). “Il racconto biblico del diluvio cristallizza, nella sua terrificante e drammatica semplicità, il concetto universalmente riconosciuto di punizione divina”, scrive il sociologo inglese. “Per millenni le civiltà umane hanno fatto affidamento su tali credenze per creare ordine morale – spiega -. Le persone che commettono crimini o gesti cattivi, ci viene detto, soffriranno la punizione, mentre i premi, astratti o materiali, attendono coloro che fanno il bene”. Secondo Johnson “questa idea semplice ma potente è servita per scoraggiare l’interesse personale e per raggiungere notevoli livelli di cooperazione”.

Il docente oxfordiano va oltre e arriva a dire che

tutte le società che credono nella punizione soprannaturale “possono essere state favorite dalla selezione naturale”.

Con il punto di vista della sociologia, Johnson arriva a spiegare in questo modo anche il dibattito moderno intorno alla religione. “Oggi – scrive -, mentre il laicismo e l’incredulità sono ad un livello molto alto, la volontà di credere in un qualche tipo di rimborso o di karma rimane quasi universale. Anche gli stessi atei spesso sentono di essere monitorati e valutati anche se solo dal coniuge o dal capo ufficio”. Lo studioso arriva a porsi delle domande che sembrano così simili a quelle che qualche volta echeggiano nei sinodi, nelle assemblee episcopali o nelle università di scienze religiose o di teologia.

“In che modo l’attuale declino della fede religiosa (almeno di quel declino che stanno vivendo molti paesi occidentali) arriverà ad influenzare la nostra capacità di vivere insieme? E che cosa altro potrà temperare l’egoismo dell’essere umano e promuovere la cooperazione se si rifiuta la religione?”

scrive nel suo libro. “In breve – si domanda -, abbiamo ancora bisogno di Dio?”.  Risulta evidente l’aspetto scivoloso di questo sistema di pensiero appena abbozzato. Per almeno tre motivi. Se il bene, infatti, fosse solo la conseguenza della paura del male, l’intero messaggio della salvezza, il desiderio di santità, la parusia e quindi lo stesso comandamento nuovo dei Vangeli perderebbero di significato. Il secondo motivo è nell’ennesimo rifiuto della trascendenza. “Dio funziona ed è una buona soluzione”, scrive Johnson ma, nel suo libro, la religione è e rimane solo una invenzione dell’umanità. Quell’incontro misterioso e bellissimo con il “Verbo” fattosi carne sarebbe solo una favola e la Verità non è una persona, come credono i cristiani, ma solo un nuovo capitolo della storia della sociologia.

C’è infine da dire che l’intero sforzo del pontificato di Papa Francesco viene rimesso in discussione e, persino, ridicolizzato da questo libro. La teologia della misericordia, il Giubileo straordinario e quella necessità più volte ribadita dal Papa di “costruire ponti dove gli altri costruiscono muri”, vengono cacciati in un angolo da questa teoria economica di azione e reazione, di un bene che si agirebbe solo per il timore di subire un male. “Essere cristiani – ha spiegato Stella Morra, docente e teologa della Gregoriana – non è un’adesione ad una ideologia ma è un’esperienza di salvezza. Sono stato salvato dalla misericordia di Dio e per questo il mio sguardo verso l’altro è cambiato, per sempre”. Un ideale di bene diverso dalla semplice paura di una punizione.

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