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“L’esperienza dei Magi ci esorta a non accontentarci della mediocrità, a non ‘vivacchiare’, ma a cercare il senso delle cose, a scrutare con passione il grande mistero della vita. E ci insegna a non scandalizzarci della piccolezza e della povertà, ma a riconoscere la maestà nell’umiltà, e saperci inginocchiare di fronte ad essa”. Così Papa Francesco nell’Angelus per la solennità dell’Epifania, in una piazza San Pietro gremita.

“Nel Vangelo di oggi,  il racconto dei Magi, venuti dall’oriente a Betlemme per adorare il Messia, conferisce alla festa dell’Epifania un respiro di universalità”, osserva il Pontefice nella sua breve catechesi prima della preghiera mariana. “E questo è il respiro della Chiesa, la quale desidera che tutti i popoli della terra possano incontrare Gesù, fare esperienza del suo amore misericordioso. E questo è il desiderio della Chiesa. Il Cristo è appena nato, non sa ancora parlare, e tutte le genti – rappresentate dai Magi – possono già incontrarlo, riconoscerlo, adorarlo”.

Essi, dice il Papa, “erano uomini prestigiosi, di regioni lontane e culture diverse, e si erano incamminati verso la terra di Israele per adorare il Re che era nato”. In loro la Chiesa ha sempre visto infatti “l’immagine dell’intera umanità”; la celebrazione dell’Epifania vuole quindi “indicare rispettosamente ogni uomo e ogni donna di questo mondo verso il Bambino che è nato per la salvezza di tutti”.

“Nella notte di Natale – prosegue il Papa – Gesù si è manifestato ai pastori, uomini umili e disprezzati (alcuni briganti, dicono); furono loro i primi a portare un po’ di calore in quella fredda grotta di Betlemme. Ora giungono i Magi da terre lontane, anch’essi attratti misteriosamente da quel Bambino. I pastori e i Magi sono molto diversi tra loro; una cosa però li accomuna: il cielo. I pastori di Betlemme accorsero subito a vedere Gesù non perché fossero particolarmente buoni, ma perché vegliavano di notte e, alzando gli occhi al cielo, videro un segno, ascoltarono il suo messaggio e lo seguirono”.

Così pure i Magi, ricorda il Santo Padre, “scrutavano i cieli, videro una nuova stella, interpretarono il segno e si misero in cammino”. “I pastori e i Magi ci insegnano che per incontrare Gesù è necessario saper alzare lo sguardo al cielo, non essere ripiegati su sé stessi ma avere il cuore e la mente aperti all’orizzonte di Dio, che sempre ci sorprende, saper accogliere i suoi messaggi, e rispondere con prontezza e generosità”.

Essi, racconta il Vangelo, nel vederla “provarono una gioia grandissima”. E “anche per noi – afferma Bergoglio – c’è una grande consolazione nel vedere la stella, ossia nel sentirci guidati e non abbandonati al nostro destino”. Questa stella “è il Vangelo, la Parola del Signore”, una luce che “ci guida verso Cristo”. Da qui una preghiera alla Vergine Maria, “che accolse i Magi a Betlemme”, affinché – conclude – “ci aiuti ad alzare lo sguardo da noi stessi, a lasciarci guidare dalla stella del Vangelo per incontrare Gesù, e a saperci abbassare per adorarlo. Così potremo portare agli altri un raggio della sua luce, e condividere con loro la gioia del cammino”.

Dopo la preghiera dell’Angelus, il Santo Padre esprime la sua vicinanza spirituale “ai fratelli e alle sorelle dell’Oriente cristiano, cattolici e ortodossi, molti dei quali celebrano domani il Natale del Signore. Ad essi giunga il nostro augurio di pace e di bene. Anche un bel applauso nostro come saluto”, dice chiedendo ai fedeli di rivolgere loro un applauso.

Il Papa ricorda poi la ricorrenza della Giornata Mondiale dell’Infanzia Missionaria nel giorno dell’Epifania: “È la festa dei bambini che, con le loro preghiere e i loro sacrifici, aiutano i coetanei più bisognosi facendosi missionari e testimoni di fraternità e di condivisione”. Un pensiero infine al corteo dei Magi che si svolge in numerose città della Polonia con larga partecipazione di famiglie e associazioni, come pure al presepe vivente realizzato al Campidoglio dall’Unitalsi e dai Frati Minori che coinvolge persone con disabilità. “A tutti auguro una buona festa”, conclude il Pontefice, “per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.

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