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Chi busserà alla porta?

Di Paolo Bustaffa

Alla porta del 2016 bussano, secondo i media di questi giorni, la stessa paura e la stessa incertezza che hanno accompagnato il 2015.
Dopo la pausa delle feste cammineremo, dunque, ancora con questi compagni non propriamente simpatici?
Non conosce tregua la lotta tra il pessimismo e l’ottimismo, tra il realismo apocalittico e il realismo critico, tra la fatica di vivere e la bellezza di vivere nella complessità.
Nei racconti mediatici gli intrecci di umanità e di disumanità offrono spunti di pensiero per il nuovo anno.
Uno, in particolare, richiama il tema dell’amicizia. Richiama quella relazione tra persone che consente di vincere le solitudini e di guardare al futuro con una serenità motivata.
A dire il vero la cronaca, spinta dalla forza mediatica della festa, offre in questi giorni anche storie con tracce di amicizia. Le offre per lo più come parentesi, come rapida pausa, nel racconto di una normalità di segno opposto.
Non può fare altro se la notizia è costretta a rimanere al chiodo del male, della violenza, della paura.
Nonostante questo, anzi proprio per questo, è importante parlare dell’amicizia anche di quella smarrita, di quella offesa, di quella umiliata, di quella ridotta a un gruppo anonimo di persone on line.
E così si parla della solitudine che attraversa il mondo con i conflitti, l’indifferenza, il rifiuto dell’altro. Tutti segni evidenti di un’umanità sempre più a rischio di dissolvenza.
Alle soglie del 2016 torna, allora, la nostalgia dell’amicizia come viaggio verso il futuro.
La sua fragilità renderà faticoso il suo farsi strada nei racconti dei media.
Aiutano però a sostenerla antichi filosofi non cristiani che l’avevano addirittura indicata come segno di eternità perché intesa come un legame umano che, senza sfilacciarsi, attraversava il tempo e lo spazio.
L’essere amici, secondo questi intellettuali, andava oltre la dimensione umana e lambiva quelle religiose e spirituali.
E in tempi recenti, uomini e donne di pensiero quali Jaques e Raissa Maritain scrivevano che “i nostri amici fanno parte della nostra vita”.
Un legame interiore che aiutava e aiuta a vivere, a pensare, a credere nonostante il buio e il nulla.
Gli amici come compagni di strada nella notte e nella nebbia non per perdersi insieme ma cercare insieme la direzione verso la luce.
“Accanto al tuo amico nessun cammino sarà lungo” dice, a questo proposito, un proverbio giapponese volendo indicare nell’amicizia la risposta alla fatica del cammino. Una risposta che non si chiude in un gruppo consolatorio ma si apre al mondo.
José Tolentino Mendonça, poeta e teologo portoghese, scrive: “L’amicizia è un’esperienza universale e rappresenta, per ogni persona, un percorso inesauribile di umanizzazione e speranza. Tuttavia abbiamo bisogno di una sapienza, e anche di una sapienza spirituale, che ci permetta di viverla in modo più pieno”.
Per il nuovo anno l’augurio che viene dai bordi della cronaca è di ritrovare le radici dell’amicizia attraverso una riflessione e un sorriso.
L’umanità ha bisogno urgente di questo ritrovamento di significato che se non farà notizia potrà essere uno stimolo e un sostegno al cambiamento della direzione della vita e della storia. Busserà dunque l’amicizia alla porta del 2016?
Non è facile rispondere a questa strana domanda ma rinunciarvi significherebbe lasciare alla paura e all’incertezza l’esclusiva di chiedere di entrare nel nuovo anno. Se così fosse sarebbe inutile nascondersi dietro gli auguri, i brindisi, gli spettacoli, i fuochi d’artificio.

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