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La felicità artificiale del Natale è come la chirurgia estetica

Di Tonino Cantelmi

Si può essere infelici a causa del Natale? No, eppure sì. L’infelicità del Natale è un’infelicità subdola, terribile, stridente e inaccettabile. Le luminarie del Natale commerciale, le pubblicità gioiose, l’ineluttabile rito dei regali, le vetrine scintillanti e gli auguri ridondanti e inutili di persone con il sorriso “gastrico” sembrano capaci di illuminare tutte le imperfezioni della nostra vita e il fatto che ciò capiti in un periodo che, invece, sin da bambini, si è stati educati a vivere come un momento magico, felice e allegro provoca un ineluttabile e terrificante senso di colpa.

Vi risparmio i dati, eppure le cose stanno così. Perciò per favore basta con scenari idilliaci e falsamente “mulino bianco”. Non parliamo poi della festa di Capodanno, dove per forza devi nascondere i tuoi drammi, magari immerso in un umiliante trenino che ti vede cantare a squarciagola esibendo una felicità artificiale. A Capodanno fiumi di cocaina e alcol sono pronti a stordire troppi giovani e troppi adulti in migliaia di feste di ogni tipo, magari a tema come va di moda quest’anno, con improbabili costumi orientali per esempio o maschere (a me è arrivato un invito da una nota palestra romana per una festa natalizia “animalesca”: dress code vestirsi da animale!). Insomma esiste una “infelicità da festa”.

E nel frattempo milioni di biglietti augurali, mail, sms, post e roba simile invaderanno i nostri computer e i nostri telefonini, tutti augurando feste eccezionali e sicuramente un nuovo strepitoso, anzi straordinario, anzi supereccezionale anno, magari con frasi celebri, passi della Scrittura o con ridicole e patetiche frasi fatte. E invece proprio quando sei “obbligato” ad essere felice, il tuo malumore, le tue ferite, le tue angosce non ce la fanno. E’ proprio a Natale, in alcune terrificanti “riunioni” di famiglia che esplodono i conflitti, le gelosie e le rivalità. E’ a Natale che i figli di genitori separati sono sommersi dai sensi di colpa o dilaniati da sottili, e a volte neanche sottili, tensioni tra genitori conflittuali. E’ a Natale che i dolori più profondi chiedono luce. E questo perché? Perché abbiamo fatto del Natale una caricatura, trasformandolo in una macchina infernale, carica di ipocrisia. Già, perché abbiamo staccato la felicità del Natale dal suo vero e unico significato.

Come insetti impazziti corriamo nelle nostre città praticando laici riti coercitivi, il cui vero significato non ci appartiene più.

Cosicché il Natale è divenuto una deforme rincorsa a una felicità artificiale, un po’ come la chirurgia estetica. Spiacente, ma quando costruiamo felicità artificiali in realtà costruiamo immense infelicità. E infatti, tra i riti di queste feste c’è quello dell’oroscopo: saremo sommersi di oroscopi e di previsioni sul prossimo anno, sull’amore, sul lavoro, sulla salute. Insomma qualche consolazione ce la meritiamo pure! E allora vorrei fare io un augurio.

L’augurio è quello di ascoltare una bella omelia la notte di Natale

(tra i riti laici c’è pure la Messa: ancora oggi la stragrande maggioranza degli italiani, che magari ha dimenticato il proprio battesimo, cerca un perché spirituale durante le feste natalizie, fosse anche per abitudine, tradizione o inerzia). Una omelia? Sì, abbiamo bisogno di una Parola che dia un senso, un significato, una cornice di comprensione a quei dolori profondi che le caricature del Natale stanno per far esplodere dentro di noi.

Perciò cari preti, tocca a voi. Una omelia ci salverà!

Come dice il grande sociologo Baumann, nel buio di questa postmodernità il recupero della spiritualità sarà la ciambella di salvataggio dell’umano che è in noi. L’appuntamento dunque per tutti è a mezzanotte del 24 dicembre.

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