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Fuggire a 105 anni dalla propria terra

Dopo la foto del piccolo Aylan sulla spiaggia che ha commosso il mondo, oggi l’immagine della nonnina afgana di 105 anni fuggita dall’inasprirsi della guerra civile a Kunduz e arrivata nel campo profughi di Opatovac, in Croazia, è destinata a diventare un’altra incredibile icona che dà la misura della drammaticità della crisi migratoria in corso. I poliziotti croati ieri non credevano ai propri occhi, ma il passaporto è risultato autentico. Data di nascita: 1910.
Bibihal Uzbeki ha 105 anni, ha attraversato due secoli e visto forse quanto nessuno vorrebbe mai vedere e vivere. In un Paese continuamente invaso dalle superpotenze, dove i talebani stanno di nuovo seminando il terrore e le bombe (nemmeno quelle degli americani) non risparmiano nessuno. L’anno scorso le vittime del conflitto sono salite a 10mila. La nonnina non si è arresa al suo destino. La sua città, Kunduz, è la stessa dove giorni fa un raid aereo sciagurato ha ucciso trenta civili nell’ospedale di Medici senza frontiere. Ha indossato i suoi vestiti migliori – il fazzoletto verde in testa e una gonna a fiori, codice tradizionale che rispecchia l’islam moderato che non prevede il burqa imposto dai talebani – e ha deciso di affrontare lo stesso un viaggio lungo e rischiosissimo, attraverso la Turchia, la Serbia e ora la Croazia. Una impresa faticosa per chiunque, figurarsi alla sua età, tra montagne, deserti, mari. Insieme a lei un figlio di 67 anni e una quindicina di parenti, tra cui un nipote di 19 anni, che nei momenti più difficili si è caricato sulle spalle la nonna.
Come non pensare all’immagine mitologica – poi ritratta magistralmente anche da Raffaello e Bernini – di Enea che porta sulle spalle il padre Anchise, in fuga dall’incendio di Troia? Bibihal è arrivata insieme ad altri 10mila profughi, in tutta Europa ne sono entrati quest’anno oltre 700mila, di cui 550mila dal corridoio balcanico che porta i profughi in fuga dalle guerre in Siria, Afghanistan e Iraq. La prima preoccupazione di Bibihal, appena accolta dai volontari, è stata per i bambini: “Indosso quattro paia di calze e ho freddo, figuriamoci loro che camminano scalzi”. Nonni e nipoti uniti nello stesso destino obbligato: la fuga. Come negli esodi biblici, oggi si sta incendiando il mondo. Il sogno di una vita migliore e in pace di chi fugge dalla disperazione non ha età, né epoche storiche, perché la storia non fa sconti a nessuno. È ora di prenderne coscienza.

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