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Una famiglia su due ha rinunciato a una cura sanitaria

Maurizio Calipari

Uno scenario preoccupante quello delineato dal “Bilancio di sostenibilità del welfare italiano”, realizzato dal Censis per il Forum Ania (Associazione nazionale imprese assicuratrici) – Consumatori e pubblicate qualche giorno fa nel volume “Gli scenari del welfare. Verso uno stato sociale sostenibile” (ed. Franco Angeli), in cui sono presentate le proposte di assicuratori e consumatori per un welfare futuro equo e sostenibile. I dati che emergono dal Rapporto, infatti, indicano che il 53,6% degli italiani percepisce una riduzione significativa della copertura dello stato sociale, confermata dal fatto di dover pagare “di tasca propria” molte delle spese che un tempo venivano coperte dal sistema di welfare nazionale. Un costo in più per i cittadini (calcolato in oltre 500 euro pro capite all’anno), che corrisponde a circa il 18% della spesa sanitaria totale, contro il 7% registrato in Francia e il 9% in Inghilterra.

Tra pubblico e privato. Le lunghe liste d’attesa nella sanità pubblica e i costi proibitivi della sanità privata hanno costretto ben il 41,7% delle famiglie – quasi una su due – a dover rinunciare, in un anno, almeno a una prestazione sanitaria per uno dei suoi componenti. Un altro dato emergente è quello dei cittadini italiani non autosufficienti che necessitano di assistenza: in Italia sono circa 3 milioni. Connessa a questo dato, si registra anche la presenza di 1,3 milioni di “badanti”, con una spesa totale per le famiglie di circa 10 miliardi l’anno.

Avanza il “nero”. C’è poi un altro aspetto del problema, che oltre al welfare riguarda anche il tema della legalità. Nell’ultimo anno, al 32,6% degli italiani è capitato almeno una volta di pagare prestazioni sanitarie o di welfare “in nero”. Un fenomeno che, nel Meridione, risulta ancora più pronunciato, giungendo a una percentuale del 41% degli intervistati. Più nello specifico, oltre il 21% dei pazienti ha pagato senza fattura o ricevuta visite medico-specialistiche, il 14,4% visite odontoiatriche e l’1,9% prestazioni infermieristiche. Di fronte a queste difficoltà, in atto o prevedibili, il 78% dei cittadini – secondo il Rapporto del Censis – si dichiara favorevole alla stipula di un’assicurazione “socio-sanitaria”, come possibile strumento per far fronte ad eventuali condizioni di non autosufficienza.

Modello solidaristico da rafforzare. “Il calo della natalità e l’invecchiamento della popolazione – commentaGianluigi Gigli, neurologo e presidente del Movimento per la vita – stanno mettendo a dura prova il sistema previdenziale e quello sanitario. Accanto alla riqualificazione della spesa e alla lotta a sprechi e corruzione, alla lunga sarà inevitabile il ricorso a forme previdenziali integrative. Questo non deve significare, tuttavia, l’abbandono del modello solidaristico e il principio universalistico che regge il Ssn. Allo stesso modo, le istituzioni pubbliche non possono diventare la sanità dei poveri, se questo significasse un’assistenza di qualità inferiore. Tantomeno il settore a scopo di lucro potrà pensare di drenare fondi per la diagnostica o per la terapia redditizia, lasciando al Ssn l’onere della prevenzione e le parti dell’assistenza meno remunerative. Occorrerà anche evitare che le assicurazioni possano selezionare i loro clienti, scartando quelli a maggior bisogno di prestazioni. Infine, occorre incominciare a chiedersi se non sarebbe più urgente investire per invertire il trend demografico negativo e per introdurre finalmente il fattore famiglia nel sistema fiscale. Sarebbe anche questo un modo, forse il più importante, per alleggerire la pressione sul nostro welfare e per mettere le famiglie in grado di reggere la sfida”.

Otto proposte. Nell’ambito del Forum Ania-Consumatori, tuttavia, non ci si è limitati alla raccolta dei dati, ma assicuratori e consumatori hanno anche realizzato otto proposte per un sistema di welfare più efficiente ed equo. Tra queste, l’impegno a fornire un’informazione trasparente, semplice e completa sulla situazione pensionistica a ogni cittadino e sulle prestazioni attese, anche per effettuare scelte consapevoli per il proprio futuro previdenziale. Un altro punto cruciale indicato è la lotta al fenomeno delle liste d’attesa, per lo più causate dal gap tra i servizi promessi “a tutti” e quelli effettivamente erogati. Viene poi evidenziata l’importanza di stabilire un quadro di regole chiare e uniformi per le forme sanitarie integrative, oltre alla necessità d’incentivare lo sviluppo di sistemi mutualistici. In ultimo, la sottolineatura riguardante il bisogno – imprescindibile in un sistema equo e sostenibile – di una politica fiscale che sia realmente “pro-welfare” e che, nel medio-lungo periodo, risulti anche positiva per i conti pubblici.

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