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A tu per tu con l’astrofisico Duccio Macchetto e le sue nuove imprese nello spazio

di Tamara Ciarrocchi

E’ il padre di Hubble, il telescopio spaziale che con le sue immagini spettacolari da una distanza di 14 miliardi di anni luce ha rivoluzionato le conoscenze astronomiche degli ultimi anni. Lui è Duccio Macchetto, 73 anni, astrofisico di fama internazionale e direttore scientifico del telescopio che da 25 anni orbita a 550 chilometri dalla terra ed ogni 96 minuti effettua un giro completo intorno al nostro pianeta. Un personaggio a tre dimensioni: lo sguardo all’universo, i piedi ben saldi sulla terra con i suoi viaggio nel mondo ed un piccolo rifugio estivo in una città di provincia, proprio Grottammare dove da sempre trascorre le sue vacanze in un’oasi di tranquillità, a due passi dal mare con tutta la famiglia. Duccio Macchetto è già al lavoro per un nuovo progetto, inviare nello spazio nel 2018 il telecopio James Webb, frutto della collaborazione tra Nasa ed Esa (Agenzia spaziale europea).

Lei è un credente, ma anche uno scienziato. Cos’hanno per lei in comune fede e ricerca?

I punti di contatto tra scienza e fede ci sono nelle domande che ci poniamo e non tanto nelle risposte. Le risposte della fede sono completamente diverse. La scienza chiede il ‘come’, mentre la fede vuole sapere il ‘perché’. La scienza può solo tentare di spiegare come funziona l’universo, bene che vada. Il perché sia stato fatto l’universo non lo potrò mai dire con la scienza. Invece con la fede posso credere a qualcosa, posso pensare che l’universo sia stato fatto per noi, perché fossimo qui.

In America ci sono studi sulla genetica della fede. Cosa ne pensa?

Ci sono geni che hanno a che fare con le nostre emozioni, ma non esiste il gene della fede che ci portiamo addosso, a mio parere è una grazia del Signore. Viene dall’alto. Non possiamo ridurre Dio a qualcosa da misurare.

Perché gli scienziati sono spesso restii a parlare di fede?

Ho sentito di statistiche di qualche anno fa che parlavano del fatto che circa l’80 per cento degli scienziati sono agnostici. Uno che non crede cerca di convincersi e convincere gli altri che non c’è alcun bisogno di credere.

Pensa di aver trovato le impronte del creatore in quello che fa?

Credo che le impronte del creatore siano dentro di noi. Dio secondo me ha creato l’universo.

Prendendo in prestito le parole di Einstein che lei ha citato diverse volte in passato. Lei è in grado di provare stupore e sorpresa di fronte alle sue nuove scoperte? Cosa l’ha colpita di più?

Certo. Quel senso di stupore lo provo, non dico tutti i giorni, perché non sono poi tanto frequenti scoperte così importanti, ma provo stupore con quelle scoperte che nel corso della ricerca riescono a trasformare il nostro modo di pensare e vanno contro a ciò che sapevamo o che credevamo di sapere fino a quel momento. Quando scopriamo qualcosa che non rispetta lo schema abituale della nostra conoscenza, prima di tutto va subito verificato e poi si prova una gran meraviglia quando immaginiamo di aver fatto dei grandi passi avanti per il progresso scientifico. Il più grande stupore l’ho provato quando con il telescopio Hubble abbiamo scoperto che l’universo non è in ‘espansione’ ma in ‘accelerazione’ e che il 73 per cento dell’energia dell’universo è una forza che non conosciamo. Di fatto hanno dato il premio Nobel a tre dei ricercatori che hanno fatto questo lavoro.

Lei si sente parte integrante di questa scoperta?

Sì, per aver costruito Hubble insieme ad altri professionisti e perché abbiamo consentito un tempo di osservazione in un modo particolare ai gruppi che hanno portato avanti la ricerca. Non era evidente che avremmo ottenuto dei risultati, ma abbiamo rischiato attendendo del tempo prezioso per approfondire il lavoro. Così abbiamo ottenuto questo risultato che naturalmente ha cambiato la nostra idea di com’è fatto l’universo.

E da lì dove si arriverà secondo lei?

Con Hubble continuiamo a fare delle osservazioni ma stiamo contemporaneamente costruendo un altro telescopio, il progetto partirà nel 2018 e il telescopio sarà più potente. Con questo potremo verificare se questa accelerazioni dell’universo viene mantenuta ed osservare oggetti ancora più lontani. Quello che conosciamo è solo una piccolissima parte dello scenario cosmico.

Un sogno della sua carriera?

Mi piacerebbe sapere cosa è questa energia oscura. Ci sono cento teorie ed è impossibile pensare che avremo una risposta prima dei prossimi venti anni. E io non so – scherza Macchetto – se durerò 20 anni o cosa farò a quell’età.

Il vostro rapporto con le Marche? Girate il mondo ma tornate spesso nel Piceno?

Abbiamo sempre vissuto all’estero. Io non sono marchigiano. I miei genitori sono venuti nelle Marche 50 anni fa. Quel posto è stato sempre il centro di ritrovo della mia famiglia. I miei genitori venivano in villeggiatura all’Hotel Marconi. Era il posto, la città ideale delle riunioni familiari. Anche mio figlio, oltretutto, ha voluto comprare l’appartamento che era di mio padre e ci porta la sua famiglia. Sono sempre entusiasti di tornare nelle Marche. Lo stesso mia sorella che torna in questa città. Siamo tutti felici di tornare in questa regione per le vacanze.

Ha mai ricevuto dalle istituzioni un riconoscimento per l’attaccamento a questa regione?

No, ma qualora fosse, ne sarei felice.

Simone Caffarini: