calcioDi Don Gian Luca Rosati

Il commissario, seduto dietro la scrivania del suo ufficio, passava in rassegna i fogli con i verbali degli interrogatori. Le indagini erano bloccate da giorni. Era quello che poteva dirsi un punto morto. Aveva seguito il filo degli indizi, ma a un tratto esso si era come spezzato e lui era rimasto con un capo in mano e ora non sapeva come andare avanti.

Che fare?
Il commissario Maigret sarebbe entrato in un locale affollato e, seduto a un tavolo, avrebbe passato un po’ di tempo a guardar vivere la gente, in attesa di una ispirazione.
Ma a lui i locali affollati non piacevano: gli confondevano le idee …
Il telefono cominciò a squillare.

«Saranno i soliti giornalisti a caccia di notizie», disse tra sé.
Infastidito, si alzò dalla sedia dirigendosi meccanicamente verso la porta.

Uscì dal commissariato.

«Succede sempre così: quando non sai che pesci pigliare, tutti a cercarti per avere delle risposte e tutti a pretendere di averle subito!», brontolava lungo la via.
Entrò in un parco e si sistemò su una panchina, all’ombra di un olivo.

Fu un allegro vocio di ragazzi a riportarlo alla realtà.

Gridavano: «Palla!».

Il pallone si era fermato ai piedi dell’albero. Aprì gli occhi e vide un gruppetto di persone che gli facevano dei cenni. Gli stavano chiedendo di rilanciare la palla. Si alzò e diede un calcio al pallone mirando verso quella che doveva essere la porta. Il portiere non si fece cogliere impreparato e rispose al tiro con una presa sicura.

Il commissario si riaccomodò sulla panchina, soddisfatto: coi piedi se la cavava ancora abbastanza bene.

Ma invece di riprendere il filo dei suoi pensieri, cominciò a seguire la partita dei ragazzi e si accorse che c’erano anche un paio di educatori a bordo campo. Dovevano essere gli allenatori, o qualcosa di simile.

Forse erano ragazzi dell’oratorio parrocchiale.

«L’oratorio … Che bei ricordi!», pensò.
Da piccolo ci andava tutti i giorni per giocare con gli amici.
Lì aveva imparato a fare squadra, a non essere egoista, a condividere,…
Lì aveva scoperto l’importanza dell’amicizia, del sapersi divertire insieme, del rispetto per l’altro e per le cose dell’altro.

Il don li coinvolgeva nelle attività parrocchiali e loro erano contenti di aiutarlo.
Crescendo era diventato catechista.
Poi gli studi universitari lo avevano costretto a lasciare il paese. Tornava a casa solo nei periodi di vacanza e questo non gli permetteva più di seguire le attività parrocchiali.

Però aveva continuato ad andare a Messa tutte le Domeniche.

Era l’appuntamento con il Suo Amico Gesù e non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo. E poi era l’occasione per stare in comunione con tutte le persone a lui care, vicine e lontane.

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