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I pescatori di S.Benedetto hanno raccontato le loro difficoltà ai giornalisti cattolici

Tratto dall’ultimo numero del nostro settimanale diocesano

DIOCESI – Al termine del lauto pranzo a base di pesce fresco fresco pervenuto dal porto di S.Benedetto del Tronto, con il quale questo secondo meeting nazionale dei giornalisti cattolici si è concluso; con in bocca ancora “il profumo del mare” rubando l’espressione ad un video pubblicitario recente per l’expo di Milano,  alcuni marinai sono giunti a raccontarci una assurda realtà in cui sono costretti a lavorare.

I giornalisti hanno ascoltato con attenzione e si sono interessati ai problemi della marineria sambenedettese che sono subito apparsi nuovi e quasi impossibili.

Si è capito subito che si era di fronte non al solito lamento di una crisi generalizzata, ma di un vuoto politico locale e di una serie di incongruenze che a poco a poco stanno distruggendo un settore produttivo che in passato aveva reso florida la città. Molti colleghi giornalisti sono rimasti interdetti, perché nelle loro conoscenze  era rimasto, questo porto del Piceno, uno dei più produttivi d’Italia. Nelle parole dei marinai c’era l’avvilimento di una categoria di lavoratori che pur avendo investito con enormi sacrifici sull’attrezzatura per rendere la pesca più efficiente, di contro tutta una serie di leggi, specie europee, che rendono restrittivo il lavoro con il rischio di contravvenzioni pesanti e contro ogni logica. Non si possono uniformare le leggi quando si opera su ambienti completamente diversi. Non si possono uniformare i mari del Nord Europa, gli Oceani, e il Mediterraneo e se vogliamo l’Adriatico. Le misure delle reti, delle maglie ed altri requisiti talvolta veramente incomprensibili, per la pesca dei nostri mari.  Se poi a questo aggiungiamo il disinteresse delle istituzioni nazionali e regionali, allora si spiega come molti preferiscono chiudere l’attività e vendere i motopescherecci, tanto che la flotta sambenedettese si è notevolmente assottigliata. L’ultimo episodio è stato quello del dragaggio dell’imboccatura del porto con un rischio continuo anche per la propria vita. Sapendo di avere davanti giornalisti di tutt’Italia i marinai sono venuti per far conoscere la loro situazione ben sapendo che i nostri giornali sono sempre pronti a dar voce a chi non ha voce. E sono riusciti a sensibilizzare i giornalisti presenti i quali sono intervenuti con domande precise per capire come fosse possibile tutto questo. Dal Piemonte sono stati portati esempi di solidarietà su episodi negativi verso l’agricoltura risolti grazie all’unità della classe politica che si è trovata insieme  superando le differenze partitiche. È possibile da noi tutto questo? È un interrogativo che da tempo ci affligge.

Nella tormenta della crisi, invece di tendere all’unità per il bene della nostra città, stiamo sempre più rispolverando il metodo di “dai all’untore” per accattare qualche voto in più per la propria parte.

Pietro Pompei: