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L’Africa può crescere se scommette sulle nuove tecnologie

Di Davide Maggiore

“Bisogna investire nel futuro”. È l’impegno che ha fatto da sfondo alla decima edizione della conferenza e-learning Africa, tenutasi dal 20 al 22 maggio ad Addis Abeba e dedicata alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione (Ict). Un settore raramente associato all’Africa, ma che è già vitale nel plasmarne il futuro. Lo ha notato, ad esempio, Erastus Mwencha, keniano, vicepresidente della Commissione dell’Unione Africana, istituzione che è tra gli sponsor dell’evento. “È un imperativo categorico per l’Africa – ha detto – coltivare l’innovazione e le tecnologie creative come base per l’avanzamento nel settore delle Ict e verso uno sviluppo economico sostenibile”.

Chiave per l’educazione.
Uno dei settori in cui si può creare un circolo virtuoso è quello dell’istruzione, come mostra il rapporto 2015 di e-learning Africa, presentato durante la tre giorni etiope. “I Paesi africani dove l’istruzione è migliore sono quelli che prosperano”, ha sostenuto Emmanuel Jal, tra gli autori che hanno contribuito a scriverlo. Sudsudanese, ex bambino soldato, oggi è un artista noto e ha dato il via a diversi progetti: “Gua Africa”, per il sostegno all’istruzione dei bambini rifugiati e “The key is E”, per sostenere gli imprenditori che nei giovani investono. Jal è consapevole sia del potenziale enorme che delle difficoltà di usare le tecnologie informatiche per l’educazione: “Se educhi un bambino puoi sviluppare una nazione – ha spiegato – ma la realtà è che un gran numero di persone non hanno accesso alla tecnologia: nel mio Paese bisogna comprare un cellulare compatibile con Facebook per aumentare le possibilità di restare in contatto con i propri cari e discutere di questioni personali e d’affari. Ma se si vive con un pasto al giorno, Facebook non è una priorità”. Il quadro tracciato dall’attivista sudsudanese è confermato dai dati del rapporto: il 57% dei 1.500 esperti e istituzioni educative interpellati ha ammesso che gli educatori del proprio Paese “non sono sufficientemente consapevoli dei benefici dell’Ict per l’istruzione”. Questo dipende anche dalla scarsa formazione digitale: solo il 33% degli insegnanti di scuola primaria ritiene, ad esempio, di averne ricevuta una sufficiente. Eppure proprio un ricorso alla tecnologia sarebbe fondamentale nel ridurre la distanza con i Paesi europei che vede, ad esempio, gli allievi inglesi frequentare la scuola per una media di 14 anni e quelli del Burkina Faso solo per uno. Per annullare questa distanza grazie ai nuovi media, però, sarebbero necessari piani nazionali che non tutti gli stati africani hanno stilato o riescono ad applicare.

Potenzialità molteplici. La situazione è tanto più paradossale se si pensa che, per ottenere risultati non è neanche obbligatorio disporre di tecnologie all’avanguardia. In Malawi, ad esempio, ha notato Catherine Mloza Banda, dell’emittente Farm Radio Trust, “oltre il 60% della popolazione ha un accesso quotidiano alla radio ed esistono 6 milioni di abbonati alla telefonia mobile”. Numeri che forniscono una base per progetti come “3-2-1 Platform”, a cui Farm Radio partecipa insieme alla compagnia telefonica Airtel e alla ong self Help Africa. Si tratta di un motore di ricerca via sms su tematiche agricole, un modo di ricevere informazioni utili alla propria attività grazie ai cellulari e senza connessione alla Rete ed è solo una delle iniziative che in tutto il continente sono nate a sostegno del settore. Grazie alle Ict, il 91 per cento degli agricoltori intervistati nell’ambito del rapporto 2015 di e-learning Africa ha infatti potuto aumentare i propri raccolti, l’87% trovare nuovi sbocchi economici e il 71% accrescere le sue competenze tecniche. Ma la tecnologia può aiutare anche le istituzioni democratiche e la convivenza pacifica. È questo lo scopo del dizionario online – presentato durante la conferenza – della lingua ‘sheng’, una sorta di esperanto keniota che si è rivelato essenziale nel rimuovere le barriere culturali tra diverse popolazioni nell’area urbana di Nairobi. Nessuna meraviglia, dunque, che uno dei dibattiti a porte chiuse di Addis Abeba sia stato dedicato proprio al tema della partecipazione politica grazie alle nuove tecnologie. Dalla riunione è arrivato un monito a molti regimi africani, che, hanno auspicato i partecipanti “devono perdere la loro paura della trasparenza”.

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