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Migranti in pagina con voci e volti

Umar ha 29 anni ed è fuggito dal conflitto in Mali con 1000 euro in tasca e una sola speranza: attraversare il mare a qualsiasi costo, seppur su un barcone e rischiando la vita. Una fuga “a qualunque condizione” visto che l’alternativa nella sua terra non offriva speranze.
La sua ed altre testimonianze sono state raccolte dal settimanale della diocesi di Rimini “Il Ponte”, che dedica questa settimana una speciale inchiesta per conoscere meglio, al di là dei numeri e delle cronache, i 300 profughi richiedenti asilo ospitati nel territorio riminese.
Uno sforzo, quello di raccontare le storie di chi arriva via mare, che viene fatto a livello giornalistico solo da pochi pionieri coraggiosi o dalla stampa specializzata: perché si semplifica, perché si cerca il clamore e la sensazionalità, si preferisce dare la parola ai politici e a chi grida più forte, dimenticando spesso di far parlare loro, i profughi, che sono oggi i nostri “grandi poveri”. In questo modo il giornalista sensibile ai temi sociali dovrebbe compiere il suo ruolo importante di “dare voce a chi non ce l’ha”, rendendoli protagonisti, pur nella difficoltà di approcciare lingue, situazioni e culture diverse.
Solo così, immedesimandosi anche emotivamente e con il cuore, le storie dell’altro possono diventare le “nostre” storie. Perché se abbiamo avuto la fortuna, e non il merito, di nascere nel Paese “giusto”, non è detto che quanto sta accadendo dall’altra parte del mare, in termini di povertà, ingiustizia, violenze, sopraffazioni, violazioni dei diritti e guerre, non possa mai accadere da noi. O quantomeno può accadere qualcosa di simile, anche se in scala umanamente molto più accettabile. Perché come diceva il grande e compianto reporter polacco Riszard Kapuscinski, che poteva fare ancora il lavoro come andava fatto, viaggiando in Africa e raccontando in prima persona i fatti e le storie, “il cinico non è adatto a questo mestiere”.
Papa Francesco l’ha capito bene quando ci invita a guardare i volti dei poveri. Riportarne le voci, per un vero giornalista e una testata autorevole e seria, dovrebbe essere una priorità.

Per leggere i take sulle testimonianze raccolte dal settimanale “Il Ponte”: clicca qui

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