Da qui la decisione di contestare al colosso Google l’“abuso di posizione dominante” (una formulazione da far tremare grammaticalmente e concettualmente i polsi), avviando allo stesso tempo “un’indagine antitrust distinta sul comportamento di Google relativo al sistema operativo mobile Android”.
Anche se all’apparenza sembra che la Commissione abbia il dente avvelenato con Google, l’azione appare giustificata e, come puntualizzato dalla stessa commissaria (bontà sua), “Google ha ora l’opportunità di convincere la Commissione del contrario”.
Al di là del caso in questione, rimangono sul tavolo i giganteschi interrogativi sulle modalità con le quali ci approcciamo a Internet e alle innumerevoli, quasi infinite, sue potenzialità. La rete arriva dappertutto: ci sveglia alla mattina, si inserisce nella nostra vita sentimentale, modella – almeno per tanti – la giornata lavorativa, ci informa, ci rilassa e diverte, regola il riscaldamento di casa, indica la strada per raggiungere una meta sconosciuta; consegna l’indice delle Borse di tutto il mondo, guida i turisti, apre a conoscenze inimmaginabili fino all’altro ieri. Poi torna a ficcare il naso nella vita privata, diventa strumento d’azione della malavita, e, ancora, regala le previsioni del tempo di Tokyo e di Mumbasa… Alle domande di Vestager se ne dovrebbe aggiungere altre, quindi: è proprio sempre necessario dipendere in tutto e per tutto dal nuovo e vero “grande fratello”? Siamo sufficientemente preparati a conviverci? I nostri ragazzi vengono “educati” a un uso consapevole e utile di Internet con l’utilizzo di cellulare e computer? I mercati hanno regole sufficienti per prevenire le derive del web? E, non di meno, quella parte di popolazione mondiale che sostanzialmente non ha accesso a questa opportunità, quando entrerà nell’era digitale?