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I bulgari di Banat conservano le radici cattoliche

Iva Mihailova

I bulgari di Banat rappresentano una comunità particolare, attualmente sparsa in tre Paesi: la maggior parte risiede nella Romania sudoccidentale, mentre gli altri si trovano nella regione serba Vojvodina e nella parte nordoccidentale della Bulgaria. In effetti, il loro nome proviene dalla regione storica di Banat, situata oggi tra la Romania e la Serbia, all’epoca parte del Casato d’Asburgo.

La storia. Nel 1688 i cattolici bulgari organizzano contro i dominatori turchi la rivolta di Cirpovzi soffocata dagli ottomani con estrema ferocia. Gli abitanti sono costretti a abbandonare le loro case e guidati dai propri vescovi e sacerdoti trovano rifugio sul territorio dell’allora Casato d’Asburgo. Così dopo un periodo iniziale di spostamenti, nel 1738 si insediano nella città di Stari Bescenov e nel 1741 in quella di Vinga (Romania). “Essi ricevono diversi privilegi dall’imperatrice Maria Teresa – racconta Svetlana Karadzova, sindaco di Bardarski Geran e presidente dell’Associazione dei bulgari di Banat in Bulgaria – e questo spinge anche altri cattolici dalla Bulgaria del nord a trasferirsi”. E aggiunge: “In realtà la maggior parte dei cattolici in Bulgaria sono discendenti dalla setta dei paoliciani (simili ai catari, ndr.) convertiti dai frati francescani”. Pian piano la comunità degli espatriati cresce e si espande in altri Paesi. Dopo la liberazione dello Stato bulgaro nel 1878 una parte dei bulgari di Banat ritorna in patria.

Il ruolo della Chiesa cattolica. “Dall’inizio del loro esodo e durante tutta la storia dei bulgari di Banat, il clero cattolico ricopre un ruolo primario – spiega Karadzova -. I sacerdoti si curano di mantenere viva non solo la fede, ma anche l’identità bulgara. Sono insegnanti, organizzatori, mantengono i rapporti con le autorità, trovano lavoro…”. Questo legame è vivo anche oggi, perché nei Paesi dei bulgari di Banat, la messa e il catechismo si vivono nella loro lingua. “È un’occasione per mantenere vive le nostre tradizioni”, aggiunge il sindaco di Bardarski Geran. I bulgari di Banat sono ancora oggi una comunità piuttosto conservatrice, che accetta difficilmente persone provenienti dall’esterno, a meno che accettino di essere assimilate.

La lingua.
Uno degli elementi più interessanti sono proprio la lingua e la scrittura: quest’ultima, a differenza del bulgaro scritto in cirillico, usa una variante adattata dell’alfabeto latino. “Il bulgaro banato – spiega Stoyko Stoykov, linguista – si differenzia dal bulgaro letterario dal fatto che il primo è rimasto fermo all’epoca in cui la comunità è emigrata in Banat”. In bulgaro banato c’è una grande varietà di libri e pubblicazioni, da quelli liturgici a quelli popolari. Particolari sono anche le case, in stile mitteleuropeo, così come i vestiti e la cucina.

Mantenere vive le tradizioni. Anche nel mondo globalizzato i bulgari di Banat continuano a incontrarsi e a non dimenticare le loro origini. “Viaggiamo molto tra la Bulgaria, la Romania e la Serbia, organizziamo eventi culturali, anniversari storici, carnevali, festival folkloristici ma anche tornei sportivi”, racconta Karadzova. A suo avviso, “bisogna puntare sui giovani perché possano crescere con l’identità banat”. E le difficoltà non mancano, soprattutto in Bulgaria, dove la situazione economica nei paesi banat è molto difficile, mentre in Serbia l’identità si perde a causa dei matrimoni misti. Il nucleo dei bulgari di Banat in Romania, invece, dove si trova il paese-madre, Stari Bescenov, rimane forte. “Nel parlamento di Bucarest abbiamo anche un deputato bulgaro banat, Nikolaj Mirkovic”, rileva Karadzova. I bulgari di Banat hanno una sviluppata editoria, con diversi libri, ricerche genealogiche, ricordi. Secondo il sindaco di Bardarski Geran “il problema è che oggi si legge sempre meno”, e per superare le distanze in aiuto vengono anche le nuove tecnologie con diversi siti, blog e gruppi su Facebook.

Un caso particolare.
Gli studiosi rilevano l’unicità della comunità dei bulgari banat per il grande amore verso la patria che si è dovuta lasciare, sentimento rimasto immutato nel tempo. “È impressionante anche come i banat si sono custoditi e non hanno subito grandi influssi dall’ambiente esterno”, spiega Karadzova. A suo avviso, essi “hanno costruito una variante cattolica della cultura bulgara portando lo spirito occidentale”, “il loro peregrinare li ha fatti cosmopoliti, parlano diverse lingue, sono svegli, intraprendenti e hanno uno sguardo diverso sul mondo”. E soprattutto continuano a mantenere i loro legami, che superano i confini dello spazio e del tempo.

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