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Boom dei “noners” i credenti senza religione

Rino Farda

Si chiamano “noners” e non si riconoscono in nessuna forma di culto religioso. Non sono necessariamente atei; anzi la maggior parte di loro dichiara di credere, in un qualche modo personale, all’esistenza di una dimensione spirituale. Negli Stati Uniti sono cresciuti molto: sono ormai diventati statisticamente il secondo gruppo più grande, subito dopo i protestanti (che stano perdendo quota) e sono comunque alla pari e, in qualche caso, addirittura più numerosi dei cattolici. Lo ha rivelato un nuovo studio pubblicato la settimana scorsa da “Public Religion Research Institute”.
“Il paesaggio religioso degli Stati Uniti sta subendo una profonda trasformazione che sta radicalmente trasformando la politica e la cultura americana”, ha detto Daniel Cox, direttore della ricerca. Sul sito dell’organizzazione è stato reso disponibile un nuovo strumento che permette di “visualizzare”, sotto forma di infografica, le mappe demografiche degli Stati americani con i dati delle ricerche e dei sondaggi effettuati. I risultati hanno sorpreso gli stessi ricercatori. L’anno scorso, per la prima volta, i protestanti hanno perso il loro status di maggioranza: nella relazione annuale dell’Istituto, risultano essere solo il 47 per cento degli intervistati. I “noners” invece si attestano al 22 per cento, un numero significativo e che è alla pari con altri importanti gruppi religiosi, come, per esempio, quello dei cattolici americani. Tutto sommato, dicono al “Public Religion Research Institute”, “si tratta ormai del secondo gruppo più grande del paese”. In alcuni Stati questa nuova e tutto sommato sconosciuta comunità di “noners” è addirittura al primo posto delle statistiche.
La casellina “Non mi riconosco in nessuna religione” è stata barrata dalla maggioranza degli intervistati in 13 Stati diversi, come Washington, Oregon e New Hampshire. Negli Stati del sud, invece, la percentuale tende ad abbassarsi, come nel Mississippi dove costituirebbero solo il 10 per cento della popolazione. Il dato non è nuovo anche se adesso, a destare scalpore, sono le proporzioni assunte dal fenomeno. A partire dal 1980, alcuni sondaggi che utilizzano metodologie diverse sono comunque giunti alla stessa conclusione: le persone che non si identificano con le etichette religiose sono in aumento. Sono agnostici, atei, deisti, umanisti e, in molti casi, persone che semplicemente non si preoccupano di identificarsi con un gruppo religioso. Non è corretto chiamarli non credenti, perché alcuni di loro affermano di avere “fede” e di credere nella “spiritualità”. Uno studio del “Pew Research Center” nel 2012 rivelò che il 30 per cento dei “noners” crede in “Dio o spirito universale”, e che circa il 20 per cento di loro prega ogni giorno. Secondo i dati, che sono stati aggiornati la scorsa settimana dal “Public Religion Research Institute”, i “noners” americani sono destinati a diventare una delle forze di controllo politico del paese. Secondo gli osservatori, infatti, è stato il voto dei “noners” a sancire la vittoria elettorale di Obama per il secondo mandato alla Casa Bianca. Il fenomeno, però, è ancora in gran parte inesplorato.
Fioriscono tesi stravaganti come quella di Allen Downey, professore di informatica al Massachussetts Olin College of Engineering. Secondo Downey il declino del numero di devoti è causato dalla diffusione di Internet. Ha confrontato le timeline dei due fenomeni (la crescita del web, da una parte, e la crescita dei “noners”, dall’altra) e ha tratto una conclusione che è stata subito pesantemente contestata sui blog di tutto il mondo. Anche in Italia, la giornalista di Wired, Angela Vitaliano, ha scritto: “secondo me, Internet ha offerto maggiori possibilità alle diverse religioni, di farsi conoscere e, magari, arrivare a più fedeli in tutto il paese”. Le preoccupazioni circa le dimensioni del fenomeno però non accennano a placarsi. È il caso di David Brooks, editorialista del “New York Times”. “La laicità deve fare per i non credenti ciò che la religione fa per i credenti. Suscitare emozioni elevate, esaltare le passioni in funzione della ricerca di un’azione morale”, ha scritto Brooks recentemente. Un’affermazione che sembra sensata anche se non tiene conto del dato di più difficile comprensione del fenomeno: la maggior parte dei “noners” non sono laici.

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