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“Pillole di vita” Un senso di vertigine coglie il credente che ascolta e “vede” la Parola della II domenica di quaresima

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 1 Marzo

Vertigine. Sì, un senso di vertigine coglie il credente che ascolta e “vede” la Parola offertaci in questa II domenica di quaresima. Da una lettura ad un’altra è tutto un rimbalzare di termini che si ripetono, uguali: luoghi, nomi, verbi, voci, parole che sembrano incise col fuoco, visioni da far venire il capogiro come deve essere venuto a Pietro, Giacomo e Giovanni davanti alla Trasfigurazione di Gesù.
Come i discepoli anche noi siamo “presi” dalla Parola e “condotti” su un alto monte, dove si svolge la scena finale del dramma vissuto nella prima lettura da un padre e il suo unico amato figlio: Abramo e Isacco, un padre e un figlio chiamati da Dio a “trasfigurare” quel legame che si è fatto troppo stretto, che rischia di diventare un possesso esclusivo, per aprirsi, invece, al dono alla benedizione alla vita.
E lì restiamo col fiato sospeso e gli occhi incollati a quella lama alzata sopra il capo del figlio, aspettando che la voce dell’angelo di Dio fermi la mano di Abramo e un agnello prenda il posto di Isacco nell’offerta dell’olocausto, cosicché possiamo tirare un sospiro di sollievo e cantare con il salmista “io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene. A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore”.
Ma è un attimo e nelle appassionate parole che S. Paolo rivolge ai Romani, contempliamo ancora un Padre e un Figlio unigenito, un Dio che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi; ma questa volta per noi il braccio assassino non è stato fermato, per noi il Figlio è diventato l’Agnello immolato, per noi nessuna voce dal Cielo ha risposto all’ultimo grido del Figlio: è la vertigine dell’Amore che per noi apre una breccia nell’abbraccio Trinitario e ci mette al sicuro dentro un Cielo che è diventato casa nostra, poiché Gesù Cristo è morto, anzi è risorto per farci figli del Padre suo e fratelli suoi e ora sta alla destra di Dio e intercede per noi. Davanti a questa visione di luce anche noi vorremmo dire con Pietro: Rabbì, è bello per noi essere qui, noi soli a fare tre capanne per mettere al sicuro, insieme a Te, Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti.
Ma l’Amore non si lascia “trattenere”, ci porta sul monte e ci seduce in un istante con la visione della sua Bellezza e, subito, ci riporta giù a verso i nostri fratelli, avendo ancora le orecchie risuonanti della voce del Padre –questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo– e il cuore tremante per aver sbirciato dentro l’abisso dell’Amore Crocifisso e Risorto, che ci chiama a seguirlo dentro il mistero quotidiano della morte che da’ la vera vita.

Redazione: