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A tu per tu con Suor Anna Nobili: “Crediamo nell’amore, attraverso Gesù”

DIOCESI: Ballerina della movida in gioventù, ora suora dell’ordine delle Operaie della Santa Casa di Nazareth, suor Anna Nobili è salita ancora sul palco con altre giovani ballerine per interpretare la “Parabola del Figliol Prodigo” al teatro delle energie di Grottammare.
Don Andrea Spinozzi intervenuto per salutare e rigraziare i presenti, lo ha definito “Uno spettacolo capace di coinvolgere ed emozionare tutti, perché autentico, perché cristiano”. Dopo l’esibizione e la sua toccante testimonianza, abbiamo avuto il piacere di dialogare con lei…

Abbiamo ascoltato, dopo lo spettacolo un intervento molto entusiasmante, a tratti commovente, soprattutto nella parte finale della sua riflessione. E’ stato un momento insolito, non siamo abituati all’ascolto, spesso non ci fermiamo a sostare nella riflessione…dunque, cosa si sente di dire ad un giovane , guardando alla sua esperienza di vita?
Gesù non sta fuori alle relazioni che viviamo, non sta fuori di noi! Non dobbiamo aver paura di metterLo al centro delle nostre relazioni. Lui sa renderle infinite! Senza Gesù non può esistere una relazione profonda e vera. E’ colui che ridimensiona e armonizza tutto. Mi capita spesso di parlare con i giovani, dico loro che Gesù si trova anche nel corpo del loro amato, nella carezza, nell’abbraccio, nella parola di conforto che donano, non dobbiamo scindere il corpo dallo spirito, Gesù è dentro le relazioni di ognuno di noi.

La danza è un’arte performativa che si esprime attraverso il movimento del corpo, è presente in tutte le culture umane, c’è differenza tra danza che praticava prima dalla danza “spirituale”?
Ho scoperto la danza grazie a Gesù, è un incontro con Lui…ha liberato e purificato il mio cuore, riportandomi a me stessa. E’ stato capace di guarire la mia danza. Prima consideravo la danza come un mezzo per stare al centro dell’attenzione, una forma di narcisismo, oggi è danzare in comunione con Lui.

La Chiesa celebra l’anno della vita consacrata, cosa si sente di dire della sua esperienza, ma soprattutto, cosa si sente di dire a tutte quelle persone vorrebbero intraprendere questo cammino?
Non c’è vita consacrata se non c’è amore, la vita consacrata la concepisco come amore…amore per me stessa, amore di Gesù. Ho deciso di donare la mia vita a Lui. Amore è crescere attraverso le mie sorelle, accogliendole cosi come sono. Amore è nel dono di me alle persone che il Signore mi ha affidato. Questo amore è dono totale di me agli altri, la purezza è per me amore dare tutta la mia vita per l’altro. Non esiste colore di abito che tenga, nessun stile,nessun ordine che possa creare differenze, siamo tutti uniti dall’amore verso di Lui!

E’ emerso nella sua testimonianza il rapporto con suo padre, una esperienza forte, di dolore. Un padre perduto negli anni delicati dell’adolescenza. Lei ha avuto la gioia di ritrovare suo padre, seppur per poco tempo. Ha vissuto con papà Carlo gli ultimi momenti. Lo ha curato, assistito nel momento del bisogno,fino alla fine. Molti giovani, proprio come lei, hanno vissuto e vivono il disagio di crescere senza una figura fondamentale come quella di un genitore. Cosa si sente di dire a riguardo?Chi vive questa situazione, vive dei vuoti terribili. Non esiste un rimedio a queste situazioni. Mi sento di dire che bisogna perseverare e tenere duro, le ferite affettive sono molto dolorose e lunghe da guarire, non dobbiamo avere paura di lavorare su noi stessi, non è colpa di nessuno. Dobbiamo credere sempre nell’amore, affinché ciò avvenga, bisogna costruire la nostra interiorità, attraverso Gesù, fidandoci delle persone che ci amano in maniera autentica, senza aver timore. Affrontare la solitudine e quel senso di abbandono. Consapevoli che l’amore si crea in due e questo è possibile! Non abbiate paura!

Marco Sprecacè: