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“Pillole di vita” Dio liberamente ha voluto farsi “prigioniero” del suo amore per gli uomini

Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 15 Febbraio

Domenica scorsa abbiamo lasciato Gesù intento a percorrere la Galilea per predicare nelle sinagoghe, guarire i malati e scacciare i demoni. Prima di riportare la scena della narrazione a Cafarnao, l’evangelista Marco, in questa sesta domenica del tempo ordinario, ci racconta l’incontro tra Gesù e un lebbroso. E in questo faccia a faccia, con poche e scarne pennellate, continua a svelarci l’identità del Figlio di Dio.

Trasgredendo il divieto di stare lontano dagli altri, il lebbroso viene a inginocchiarsi davanti a Gesù e lo supplica: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Sono poche parole, pronunciate con dolore, ma vogliono dire molto. “Tu puoi purificarmi”, afferma il lebbroso, ma chi può guarire un lebbroso se non Dio solo? Per la Legge, come ascoltiamo nella prima lettura, un lebbroso viene praticamente privato della dignità di persona, persino nel vestire, non ha più nessun diritto, nemmeno religioso, viene privato della possibilità di vivere una vita sociale e ridotto a vivere solo e fuori dall’abitato, è una “non-persona”, direbbe papa Francesco, uno che non esiste, un morto!

Quel lebbroso sa che solo Dio ha il potere di ridargli la vita, insieme con la guarigione e nel dire a Gesù “tu puoi”, ne riconosce l’identità di Figlio di Dio. Ma, mi chiedo, perché gli dice prima “Se vuoi”? Perché non è sicuro di Dio? Quale è il Dio che ha conosciuto fino a quel momento? Quando è stato cacciato fuori, lontano da Dio e dagli uomini, i sacerdoti che hanno applicato la legge, non lo hanno fatto forse in nome di Dio e parlando le Parole di Dio? Gesù guarda quest’uomo, un ammasso di dolore prostrato ai suoi piedi, e, come trafitto dalle sue parole, si sente rimescolare le viscere, dice letteralmente il testo greco, ovvero la sede dei sentimenti e delle passioni, dell’ira e dell’amore insieme.«Lo voglio, sii purificato!», dice stendendo la mano per toccarlo e ristabilire quella corrente di vita che ininterrottamente fluisce da Lui, che è la vera Vite, a noi, che siamo i suoi tralci.

In Gesù, Dio non è più “prigioniero” della Legge, ma svela pienamente il suo vero volto, quello di un Dio che liberamente ha voluto farsi “prigioniero” del suo amore per gli uomini, un amore che ci apprestiamo a contemplare nella sua pienezza nel mistero di morte e resurrezione a cui ci prepareremo nella prossima quaresima. «Diventate miei imitatori» -dice l’Apostolo nella seconda lettura- «come io lo sono di Cristo», cioè cristiani adulti che, in ogni occasione, sanno usare della libertà conquistataci da Cristo per ridonare all’umanità sofferente per le tante malattie mortali, la bellezza di una vita guarita e abitata dall’Amore che non ha fine.

Redazione: