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Noi, i giovani, i sacerdoti… speranza e prospettive per un mondo che cambia, di Marco Sprecacé

DIOCESI: Tutti noi possiamo concordare nell’osservare che non c’é stata una generazione che ha rivendicato l’indipendenza eppur oggi facciamo i conti con l’esplosione delle dipendenze.
Un elemento su cui riflettere.
Da qualche tempo noi ci interroghiamo sul disagio giovanile.
Che cosa ci inquieta di questi comportamenti impropri?
La generazione che esprime il disagio, cioè la fatica di vivere in maniera positiva l’esistenza, eppure é la generazione più istruita della storia. Non c’é mai stata nella storia una generazione più informata e più istruita.
Il risultato non dovrebbe essere il disagio eppure il disagio c’é.
Stiamo facendo fatica tutti ad educare, ma importate é che non ci rassegniamo alla fatica di educare. Se arrivassimo a rinuncia ad educare sarebbe come rinunciare alla nostra umanità .
La rassegnazione é il fare le cose tanto perché le dobbiamo, fare non perché ci crediamo.
Un’ipotesi. Negli ultimi decenni abbiamo maturato l’idea che tutto educa, ora però se una cosa é tutto quella cosa é niente. Una cosa é tale se la si identifica dal resto. A furia di dire che tutto educa abbiamo perso di vista la caratteristica tipica dell’educazione. Facciamo tante cose anche belle ma non hanno un’impronta educativa.
Ipotizziamo la messa a fuoco su cosa sia l’educazione che la collega strettamente con la libertà. Noi educhiamo soltanto se accompagniamo qualcuno ad essere moralmente migliore.
Ci dobbiamo porre la domanda: la persona che sto accompagnando sta diventando migliore o no. Non si tratta di imparare qualcosa, perché si può imparare e non migliorare.
Educare significa guidare a diventare migliori cioè accompagnare ad un percorso morale.
Questo diventare migliore é collegabile alla libertà ed allora cosa vuol dire essere liberi.
Negli ultimi decenni si sono espresse tre idee di libertà tutte e tre incomplete.
– essere liberi vuol dire essere spontanei, autentici, dare corso spontaneamente a quello che si desidera. Siamo negli anni dei figli dei fiori. Questa impostazione é incompiuta perché in realtá spesso si identifica la libertà con la spontaneità non distinguendo più l’essere animale dall’uomo. La spontaneità animale non possiamo associarla alla realtà umana.
Avere associato la libertà alla spontaneità ha comportato un impoverimento della vita umana tanto é vero non é durata molto.

– altra concezione che si é imposta : essere liberi significa poter scegliere tra alternative. Essere liberi non significa poter scegliere tra alternative perché questo pone l’accento sull’atto della scelta e non su ciò che viene scelto. É importante mettere l’accento sul ciò che viene scelto. Aristotele distingueva tra atto produttivo ( azione poietica) che non trasforma la vita e azione pratica che non si concretizza su un oggetto e quindi trasforma l’essere umano.
L’atto pratico mi fa diventare in un certo senso quello che scelgo: se scelgo la menzogna divento menzognero. Essere liberi non vuol dire semplicemente poter scegliere : se scelgo una cosa cattiva non divento migliore. Non si possono mettere tutte le azioni sullo stesso piano, basta che non ci sia niente di male. La vera domanda non é cosa c’é di male, ma cosa c’é di buono. Dal momento che divento ciò che scelgo e devo diventare migliore, sono libero non perche posso scegliere ma perché posso scegliere ciò che vale. Nel mondo consumistico come il nostro si vuole indurre sempre a scegliere. Il soggetto che desidera sempre qualcosa é il bambino quindi siamo trattati come bambini.
– terza concezione che si sta imponendo oggi a margine delle questione bioetiche. La libertà come autodeterminazione.. Sono libero quando scelgo da me. Questo non é totalmente sbagliato ma non dice tutto della libertà. Il limite sta in questo: secondo questa concezione essere liberi sognificare decidere da se stessi. Il problema é che nessuno di noi ha voluto venire al mondo. Se noi identifichiamo la libertà come la decisione che prendiamo da noi stessi, a questo punto la nostra venuta al mondo diventa insignificante, sia per chi ci crede sia per chi non ci crede. Al mondo siamo venuti perché qualcuno ci ha chiamato. Se io non so dare un significato alla mia vita che cosa potrà dare significato. Se l’azione buona é solo quella che da me stesso compio, come la metto quando la questione si fa un po’ più complicata e percepiamo il disorientamento. A questo punto il rischio, dato che non si identifica nessun significato di lungo corso, é che si decida che val la pena divertirsi nel presente senza far progetti per il futuro. Anche perché gli adulti tendono a togliere il futuro ai giovani.
Occorre aver chiaro che non sempre abbiamo la capacitá di autodeterminarci come é avvenuto all’ inizio della nostra vita. Nessuno nella vita vorrebbe incontrare la fatica, la sofferenza.
Questa concezione della libertà porta a perdersi ogni volta che non si ha una meta.
C’ é un requisito fondamentale : dobbiamo aver chiaro il fatto che valiamo. Se si ha una bassissima stima di se, non c’ é nulla da custodire e quindi ci si lascia andare al piacere.
Esempio. Una prassi che accompagna i giovani di oggi é un certo disordine affettivo diveso da quello di trenta anni fa. Nel passato il disordine affettivo era praticato in chiave assertiva. Oggi invece é vissuto in chiave compensativa. Cerchiamo la compensazione perché c’è un vuoto da colmare che é la scarsa stima di se perché é una generazione che non ha mai conquistato nulla. In una società che ci ha infantilizzati non abbiamo più esperienza di conquista.
É fondamentale alimentare la stima di se stessi attraverso la conquista.
Pensiamo alla parabola del figliol prodigo o padre misericordioso. Il secondo figlio vuole la metà dei beni ma viene sconvolto quando scopre che sta desiderando di cibarsi delle ghiande di cui si nutrono i porci che sta custodendo. Ciò che lo sconvolge é il desiderare ciò che desidera gli animali. Siamo liberi solo se scegliamo qualcosa che vale, perché semplicemente altrimenti ci si abbassa di livello. Ci merita solo quello che ha qualcosa di buono.
Sono indispensabile due requisiti:
Dobbiamo saper distinguere il bene dal male. Una capacità che abbiamo grazie all’istruzione diffusa, all’ informazione. Il problema si pone ad altro livello: occorre avere la volontà di distinguere il bene dal male. Qualche anno fa é stata fatta un’inchiesta tra i giovani. Cosa vedi nel tuo futuro: la famiglia, immagine tradizionale. Alla domanda ritieni che l’adulterio sia sbagliato. La risposta é stata no.
Da una parte c’é il sogno ( famiglia fedele e feconda) e dall’altra la realtà ( mi accontento di quello che c’é). Questo papa piace al 90 per cento degli italiani ma l’opinione degli italiani é molto lontano da quello che il papa propone. Non credendo che sia possibile una proposta facciamo quello che ci riesce e per evitare il senso di colpa facciamo quello che possiamo.
Negli ultimi decenni abbiamo educato essenzialmente allestendo le teste. Nei corsi di aggiornamento la frase ricorrente ë: la testa ben fatta é quella che si appoggia ai piedi. Ma questo intercetta solo una componente dell’essere umano.
Tutti parlano della parola ‘valore’ ma non della parola ‘virtù’. La parola valore allude la bene in chiave cognitiva mentre la virtù in chiave pratica. La nostra pratica educativa riguarda solo la dimensione cognitiva . Se andiamo a verificare non c’ é nemmeno la dimensione cognitiva. Visto il fallimento abbiamo cercato di aggregare i giovani e li abbiamo fatto giocare presentando un Dio che gioca con noi. Ma al momento delle fatica non basta un Dio amico. Giacobbe ha lottato con Dio. Se diamo solo un impronta ludica nell’educazione non solo non educhiamo ma non li introduciamo nemmeno nella fede.
Conclusione: da una parte abbiamo la sfida di far diventare liberi cioè capaci di identificare il bene e scegliere solo ciò che ci merita. Questo richiede la capacità di controllare con la nostra volontà pulsioni, idee…le stesse pulsioni umane non sono come quelle animali. Noi siamo in grado di guidarla.
É importante il governo di noi stessi e attraverso il governo di noi stessi passa la conquista di noi stessi e quindi la stima di noi stessi.
Il vero educatore é quello che guida e sa dire dei no che sono difficili perché richiede prima di tutto dire dei no a sè stessi, altrimenti non si é credibili.
Di fronte a tante pratiche educativi liberali c’é il menefreghismo totale. Se non riconosciamo questo precipitiamo in un buonismo come la marmellata che se ce ne ingozziamo fa male.
Una scenda da Diario del curato di campagna: un Vecchio prete ricorda che i cristiani sono chiamati ad essere il sale non lo zucchero da versare sulla ferita perché il sale brucia ma la guarisce.
L’essere umano vale perché esiste, anche nel l’incertezza del presente é possibile ed é possibile se oggi sappiamo custodirci. L’educazione e cristiana ha un ruolo fondamentale : non c’é un modo di diventare più forte se non dal partire dal fatto che un Dio è morto per noi. La fede é essenziale per vivere. Se il nostro problema è il futuro incerto. Coloro ci hanno preceduto cinquanta anni fa non avevano un futuro meno incerto del nostro , ma non hanno ceduto e il nostro benessere é frutto del loro non aver ceduto forse perché avevano più fede di noi.

Domande
Non si può compensare la mancanza della conoscenza cognitiva con il gioco. É necessario accompagnare con la dimensione del servizio. La parola oratorio viene da bocca quindi l’oratorio é il luogo dove si fa esperienza con Dio bocca a bocca in maniera profonda, intima. Tutto quello che viene fatto deve servire a questo. Va evitato il gioco come puro divertimento. Il gioco puó esprimere di andare oltre il bisogno
Al centro dei nostri problemi c’é il copro considerato come un oggetto che porta a trattare anche la persona come oggetto.
S. Rossore chiaramente fuori rotta. L’educazione essendo collegata alla libertà é collegata alla dinamica di oltrepassata cioè non essere legata alla mentalità diffusa occorre oltrepassare verso il bene.
Le dinamiche avvengono sempre per una ragione . É essenziale la conquista. Per diventare adulti occorre una fatica perché occorre conquistare una posizione. La fatica non é un limite che va rimosso. Dentro questa fatica l’adulto non deve sostituire ma sostenere. Altrimenti non ci prepariamo ad affrontare l’alterita.
Il problema bon é non fare errori ma avere un motivo per rialzarsi.
Non c’é identità senza limite. Quando non c’é limiti si pratica comportamenti dispersovi fino a disperdere la vota. Tutto ciò che é vivo é disciplinato mentre tutto ciò che é morto si disarticolo. Se noi facciano cogliere il limite come un impedimento fa venire una voglia matta di farla. Quando noi proibiamo dobbiamo far riconoscere quello che acquistiamo. Ogni no ad una cosa deve essere letta come un sì a qualche altra cosa. La fede cristiana ci disciplina perché ci vuole aiutare a spiccare il volo.
Le regole sono importati per dare identità. Deve esserci da parte nostra la capacità di far cogliere la positiva di quanto si propone. I Care attenzione reciproca solidale. Quando poniamo limite occorre proporre il positivo.
Don Bosco: non dobbiamo arrenderci ai tempi. Dobbiamo avere fede guardano oltre. In questo senso É importante il sogno. Non dobbiamo temere i sogni, il sogno é molto legato alla libertà. Don Bosco aiuta i giovani a coniugare i sogni con la realtà.
Don Bosco con i suoi ragazzi condivide ma da adulto.
Egli intercede per i suoi ragazzi perché vuole farli diventare non solo onesti cittadini ma buoni cristiani. Al centro di tutto c’é l’evangelizàzzione. Dentro una polarità abbiamo troppo oscillato dentro l’umano. Dobbiamo riappropriarci del fatto che tutto quello che la Chiesa fa lo fa per evamgelizzare. É necessario una chiara identità cristiana e di evangelizzazione. Il fondamentalismo non é frutto della fede ma di una crisi della fede.
Se non vogliamo essere fondamentalisti dobbiamo impegnarci nella evangelizzazione.
S. Agostino il male non esiste se non come carenze di bene. Vagliare tutto e tener solo ciò che é buono. Per fare questo occorre avare una formazie. Sufficiente e saper riconoscere il bene.
Educare significa migliorare in chiave etica. Il migliorare non sul saper fare ma nel saper essere. In campo economico si sta verificando quello che é capitato inc a po scientifico. Si diceva che la scienza sapeva guidare se stessa, la bomba atomica ha dimostrato che non era vero. La crisi del comunismo ha portato a credere che l’unico modello é quello capitalistico.
Nella cent. annos Giovanni Paolo II diceva va bene se al centro del mercato c’é l’uomo. La nostra crisi é una crisi di credito perché il mercato non si regge sulla domanda e offerto perché se non c’é la fiducia nell’altro lo scambio non avviene ma la fiducia non é del mondo economico, ma viene dal dimensione etica. Oggi scopriamo che se al centro del mercato non c’é la vita umana il mercato può risolvere come anti umano. Occorre oggi diventare le,cose avendo chiaro che non tutto é uguale a tutto . Dobbiamo recuperare la chiave di tutto che é l’essere umano.

Nel cristianesimo la condizione umana viene riconosciuta come una condizione permanente perché Dio mi ama sempre. Il riconoscimento di una identità umana come bene incancellabile viene dal cristianesimo. Ma questa centralità é in asse con il Dio creatore. Se precipita il Cristianesimo precipita l’essere umano.

Marco Sprecacè: