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FOTO 150 anni di servizio e non sentirli, la gioia per Padre Diego, Padre Alberto e Padre Francesco

Di Janet Chiappini e Simone Incicco

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Domenica 21 dicembre presso la Parrocchia di San Giuseppe si è tenuta la festa per i 50 anni di sacerdozio di Padre Diego, Padre Alberto e Padre Francesco.
A presiedere la celebrazione il Vescovo emerito Mons. Gervasio Gestori.

Mons. Gestori dopo aver riflettuto su si di Maria il vescovo ha affermato “Una chiamata di Maria ad essere la madre di Gesù, del Messia, la mamma del Figlio di Dio, del Salvatore del mondo, una chiamata.
Carissime sorelle e carissimi fartelli oggi ricordiamo una chiamata, 50 anni fa il 19 dicembre, era un sabato, in questa chiesa Mons. Radicioni ordinava preti per sempre, in eterno, padre Diego, padre Alberto e padre Francesco, tre padri sacramentini.
Questa celebrazione è il ricordo di quella giornata lontana nel tempo ma, penso, ancora vivissima nel loro cuore, nella memoria, nella vita, il loro fiat; una giornata altamente significativa, è un anniversario, qualificato e meritevole di essere festeggiato, anche comunitariamente dal popolo di Dio, da parte di quanti sono vicino a loro che li conoscono, li ascoltano, li apprezzano, li stimano e pregano per loro e penso che i tre festeggiati in questo momento vivano soprattutto una bella nostalgia di quel giorno lontano nel tempo, ma vicino per le conseguenze determinanti per tutti gli anni della loro vita, passata e futura, e che siano tanti ancora. Momento di nostalgia bella, un ricordo che dona loro serenità, pace, gioia e speranza. E penso che vivano questo momento facendo come una specie di sereno bilancio della propria vita a servizio della chiesa cattolica, della congregazione sacramentina e della comunità che hanno servito qui ed altrove esercitando il loro ministero.

Quanto bene è compiuto in 50 anni da un prete? Quante messe? Quante prediche? Quante confessioni? Quanto ascolto? Quanto incoraggiamento? Quanti consigli? Quanta pazienza? Quanti sacrifici? Quanta preghiera?

Un bene che soltanto il Signore conosce, loro hanno soltanto qualche conoscenza di questo, perché la memoria umana è fatta per dimenticare ma la memoria di Dio non dimentica nulla.
Poi penso che facciano anche un doveroso proposito di rivisitare la ricca attività apostolica di questi lunghi anni, per riconsiderarla riordinarla con la sapienza ricca dell’esperienza religiosa e pastorale, maturata nel tempo e per rinnovare un servizio di amore in maniera ancora più qualificata e più feconda nei frutti evangelici.
Sì, nostalgia, bilancio, propositi. Nel loro ministero padre Diego, padre Alberto e padre Francesco, hanno dimostrato e continuano a dimostrare, con la propria vita religiosa, tante cose, ma almeno una sì che il giogo del Signore, secondo la parola di Gesù, è soave e che il peso del ministero sacerdotale è un peso leggero; la loro esistenza quotidiana  smentisce, per quanti, e sono moltissimi che hanno conoscenza oggettiva di loro, voi e tanti altri, che la vita del prete non è qualcosa di insopportabile ed insostenibile, no. Le richieste sono molte la presenza è sempre domandata, bisogna essere a disposizione degli altri di giorno e una volta anche di notte, quando c’era un moribondo, un ammalato grave e ti chiamavano il prete ed era giusto, adesso forse un po’ di meno, però essere sempre disponibile a dire di sì ad ascoltare ad accogliere.
Non c’è una solitudine umana del prete, no, è fantasia da parte di alcuni romanzieri e scrittori che non conoscono la vita autentica di un prete che vive in mezzo al suo popolo, direbbe Papa Francesco profuma del gregge perché profuma di Cristo.
I festeggiati testimoniano che la vita comunitaria religiosa e sacerdotale può essere un chiaro esempio di fraternità e di collaborazione, oltre il piano strettamente funzionale o vagamente affettivo. In una comunità si è diversi per età, temperamenti, storie, sensibilità, modi di vedere, però in una comunità religiosa quello che prevale è la fede, la carità, la fraternità umana e sacerdotale, e far capire alla comunità cristiana religiosa è possibile e doveroso, in concreto, vivere una vita umana più bella, più cordiale, più vivibile. Il mondo deve provare invidia di tante belle comunità religiose. Oggi sono qui per esprimere un solenne e pubblico rendimento di grazie al Signore, per avere concesso di vivere il proprio sacerdozio e la vita religiosa con la grazia e la fortuna di queste ricchezze umane ed evangeliche. La gioia, la fraternità e noi siamo anche in tanti noi vogliamo condividere questa loro gioia con sentimenti di viva gratitudine al Signore, per averli scelti alla vita religiosa e sacerdotale e averli donati alla Chiesa.
Vogliamo semplicemente dirgli la nostra riconoscenza, grazie, con la preghiera, con l’affetto della parola e del cuore, e con l’augurio di continuare a vivere questa ricchezza di vita sacerdotale e religiosa secondo le esigenze del popolo di Dio, e sapendo ritornare alle sorgenti della propria vocazione al giorno del loro incontro con Gesù, specialmente quando si trovano davanti al tabernacolo a pregare come veri figli del fondatore San Pier Giuliano Eymard e vivere così con gioiosa memoria nostalgicamente l’esperienza  dei primo discepoli di Gesù. I primi discepoli Andrea e Pietro chiamati dal Signore “Chi cercate? venite vedete” lo seguono, e si ricorderanno al distanza di anni che era l’ora delle 4 del pomeriggio, l’ora dell’incontro con Gesù che li ha chiamati, lo hanno seguito, sono rimasti affascinati entusiasti e sono diventati i suoi apostoli. Grazie carissimi festeggiati, grazie e coraggio ancora, avanti nel Signore a servire e ad amare la Chiesa e il popolo santo di Dio, Grazie!”

Dopo la Santa Messa la festa è proseguita nel chiostro con un momento di fraternità.

Redazione: