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A tu per tu con Don Luis direttore dell’Ufficio liturgico: “l’importanza di avere una liturgia comune in tutte le chiese”

DIOCESI – Dopo aver intervistato Franco e Fernando conosciamo l’ufficio liturgico guidato da Don Luis Sandoval.

Leggi le precedenti interviste:
– A Tu per tu con Franco Veccia, direttore pastorale sociale e del lavoro: “Esprimiamo gesti concreti”

– A tu per tu con Fernando Palestini nuovo direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociale e Cultura

Dal 2008 sei direttore dell’Ufficio Liturgico. Come hai trovato la situazione nella nostra Diocesi?
Sono stato nominato nel 2008, poi mi sono preso un periodo di tempo per tentare di conoscere quale fosse la situazione nella Diocesi. C’erano stati in precedenza, nell’Ufficio Liturgico, Don Ulderico Ceroni e Don Lorenzo Bruni, non si parte mai da zero. Nel 2009 scrissi ai miei confratelli sacerdoti chiedendo di poter tornare a osservare le indicazioni del magistero della Chiesa perché c’era un po’ di “Fai da te”. Poi si scopre che ci sono belle e molteplici esperienze, nella realtà liturgica della Diocesi. Certo, trovai un po’ di diversità e un po’ di problematiche. A quel tempo era ancora in corso il Sinodo Diocesano, per cui anche lì fu rivista la situazione liturgica della diocesi.

Qual è la “stranezza” più grande che hai trovato?
Ho trovato alcune problematiche che ci sono un po’ dappertutto: un po’ di trascuratezza in alcune sacrestie, ogni sacrestia è una liturgia a sé, però la riduzione e la semplificazione di alcuni riti, ad esempio la non osservanza della recita del Credo, oppure il non menzionare il nome del Vescovo nel canone, sono cose che possono succedere in diverse parti del mondo.
Poi però il contrasto maggiore può essere che in alcune parrocchie esiste una numerosa presenza di ministranti e ministri ed in altre la totale assenza.

Il servizio dei ministranti è importante nelle parrocchie?
Il servizio dei ministranti ha una grande importanza. Dal Concilio Vaticano II si riprende il senso originale della Liturgia, con la partecipazione di tutti i fedeli, dei laici, quindi dei ministri e dei ministranti, perché possa essere una celebrazione dell’assemblea e non soltanto una celebrazione “individuale” del sacerdote. È l’assemblea che celebra, essa è il soggetto della celebrazione perché è Cristo. La comunità cristiana viene, infatti, convocata per poter lodare il suo Signore, quindi è tutta la comunità che celebra, articolata in diversi ministeri e servizi all’interno della struttura della celebrazione.

Qual è l’importanza di avere una liturgia comune in tutte le chiese?
Innanzitutto la fedeltà a ciò che è la tradizione della Chiesa, fedeltà al rito al quale apparteniamo. Apparteniamo al rito romano, per cui come Chiesa latina, abbiamo una tradizione liturgica che manifesta la nostra fede nel nostro modo di celebrare. È il rito romano che celebriamo, non è un rito personale, un rito particolare di una chiesa specifica, è un rito che non è nostro, ma che ci viene consegnato dalla Chiesa. Poi il carattere di universalità che ci dona, il senso di appartenenza alla Chiesa tutta attraverso la celebrazione del Cristo Signore; è Lui che stabilisce la lode che dobbiamo esprimere a Dio Padre e che la Chiesa insegna a celebrare attraverso i diversi riti, nel nostro caso attraverso il rito romano; ciò ci fa sentire parte di una stessa Chiesa.

Cosa vorresti dire ai giovani che sono nati dopo il Concilio, che invece sono legati a delle forme liturgiche pre-conciliari?
Mi pare che Papa Benedetto XVI a suo tempo, invitò tutti a guardare la tradizione liturgica non solo in un modo sentimentale o “individuale”, perciò, non tornare soltanto per motivi di simpatia o comodità personale a celebrazioni che sono espressioni di un’altra epoca. Io inviterei a poter approfondire la bellezza e la ricchezza della nostra celebrazione, con lo studio della Liturgia stessa in modo tale che possa essere la fonte della spiritualità della nostra vita cristiana diocesana.

Che progetti sta portando avanti l’Ufficio Liturgico?
L’ufficio liturgico nella nostra Diocesi, insieme a tutti gli Uffici di Curia, sta tentando di camminare su un unico percorso che sia più vicino alla nostra realtà e al nostro tempo. Si è scelto di dare priorità alla formazione. Abbiamo iniziato i percorsi formativi per i ministri di fatto, i diversi servizi che sono presenti nella Liturgia. Abbiamo realizzato già un corso per gli animatori liturgici. Andremo a fare anche un corso per i ministri dell’Eucarestia, e in futuro anche per i ministranti, per ricostituire un po’ questo servizio nelle diverse comunità parrocchiali. Il desiderio dell’Ufficio Liturgico è la creazione di gruppi liturgici nelle parrocchie, è necessario che ogni comunità cristiana, possa avere al suo interno un gruppo che prepara lo svolgimento delle celebrazioni.

Si è parlato di tornare ad istituire i ministri dell’Eucarestia. Purtroppo in passato anche qui ci sono state delle realtà dove,una volta istituiti i ministri, non si è più preso come un servizio, ma come un modo personale di “potere”.
Si, purtroppo questo rischio c’è stato e ci sarà ancora. Il nostro Vescovo è stato molto chiaro all’inizio del corso che abbiamo svolto per gli animatori liturgici: non si tratta di un ruolo, si tratta fondamentalmente di un servizio. Nella Chiesa, l’unico ministero che dura per sempre, è l’ordine sacerdotale, non esistono ministeri che sono istituiti in eterno, tutti gli altri ministeri si chiamano appunto “straordinari”, oppure ministeri laicali che vengono concessi a tempo determinato nella nostra realtà diocesana. Possono concedersi ministeri laicali a lungo termine o a tempo indeterminato, parliamo del ministero del lettorato e dell’accolitato, ma di momento non sono presenti nella nostra diocesi. I ministeri laicali di per sé, nella nostra diocesi, sono tutti di fatto. Il punto fondamentale è che, le persone che si rendono disponibili per questi servizi, o che vengono chiamati dai parroci, devono avere la consapevolezza che sono servizi a tempo determinato. Non bisogna radicarsi, perché non si tratta un ruolo di potere; il ruolo di potere è lontano dalla concezione della Chiesa e dalla concezione del servizio in quanto tale. I servizi, ci vengono chiesti se c’è bisogno, mentre quando non c’è bisogno, non è necessario che siano svolti, non possiamo appropriarci di un servizio, esso è un dono, un ministero che la Chiesa dona e che si deve svolgere solo per il tempo previsto.

Adesso siamo nel tempo dell’Avvento. Qual è il significato di questo periodo?
Il significato dell’Avvento è doppio, ma l’atteggiamento fondamentale è l’attesa. È un tempo di attesa, di preparazione per accogliere il Signore. Il primo senso è l’attesa del Signore che è nato e che vogliamo celebrare con la solennità del Natale. Il secondo significato è l’attesa del ritorno definitivo del Signore. Questo atteggiamento fondamentale di attesa, viene illuminato dalla speranza, dalla gioia e dal servizio nella carità, queste sono le caratteristiche delle quattro settimane di preparazione al Natale. Quindi, si tratta di una doppia preparazione: a celebrare la prima venuta del Signore nel Natale, e a essere pronti per l’ultima e definitiva venuta del Signore.

Porgo un augurio di un buon Avvento, di una buona preparazione per celebrare la grande solennità del Natale e, come ci ha invitato sempre la Chiesa, a poter far sì che il Signore possa nascere ed incarnarsi in noi stessi, possa manifestarsi al mondo attraverso di noi. Auguri di buone feste a tutti.

Redazione: