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In Corea del Nord l’irresistibile ascesa della sorella di Kim

Di Umberto Sirio
Un incontro rarissimo e di alto livello. Dopo molti mesi di “gelo”, sono ripresi, nei giorni scorsi, i dialoghi tra Corea del Nord e Corea del Sud. Dopo la chiusura dei Giochi d’Asia, che si sono svolti a Incheon, si sono incontrate le delegazioni dei due Paesi: quella del Nord era composta da Hwang Pyong-so, direttore dell’Ufficio politico generale, la più alta carica militare e vice presidente della Commissione nazionale di Difesa, che viene ritenuto il numero due del regime, Choe Ryong-hae e Kim Yang-gon, segretari del Partito dei lavoratori. Per la Corea del Sud erano presenti il ministro dell’Unificazione sudcoreano Ryoo Kihl-Jae, Kim Kwan-jin, capo del Servizio di sicurezza nazionale e il premier Chung Hong-won. È stato preannunciato un altro incontro, a fine ottobre o a inizio novembre. Sembra che l’obiettivo della Corea del Nord sia quello di ottenere aiuti economici, in cambio di un passo indietro sul programma nucleare.
Il grande assente. Agli incontri non era presente il leader nord coreano Kim Jong-un, il quale da tempo non partecipa a riunioni pubbliche. Clamorosa la sua defezione all’ultima sessione dell’Assemblea suprema del popolo, il Parlamento nord-coreano. Sono state molteplici le spiegazioni date a questa scomparsa, tutte legate a problemi di salute. L’ipotesi più accreditata è quella di un’operazione alle caviglie, alla quale il leader sarebbe stato sottoposto, al fine di porre rimedio alle fratture provocate dall’uso del cosiddetto “tacco cubano” per sembrare più alto. Per gli organi d’informazione di Stato, invece, i problemi fisici sono dovuti alla stanchezza nel guidare con forza il Paese. Si tende a minimizzare anche con l’uso della propaganda – “Nonostante il malessere il maresciallo continua a guidare il popolo”, è stato il messaggio lanciato lo scorso 25 settembre dalla Chosun Central Tv, l’unico canale televisivo del Paese – come avvenne nel 2008, quando il padre di Kim Jong-un fu colpito da un ictus.
La sorella al potere? Sta di fatto che fonti accreditate – oltre a rilevare una sorta di serrata a Pyongyang, con restrizioni all’accesso e all’uscita da e verso la capitale, nel timore di un forte instabilità politica – raccontano che a fare le veci del leader sia stata “chiamata” sua sorella minore, Kim Yo-jong, nata nel 1987, che l’ha sempre accompagnato nelle sue uscite pubbliche e che dal mese di marzo ricopre un ruolo di rilievo nel Partito dei Lavoratori. Sembra – il condizionale è d’obbligo, considerato che l’elemento della segretezza è costitutivo del regime – che all’inizio del mese di settembre sia stata la giovane Kim a far varare al Partito un programma articolato in quattro punti: continuare con le cure a Kim Jong-un; far sì che tutti i funzionari e gli alti membri del Partito si attengano a quanto stabilito da Kim in precedenza; messa in massima allerta dell’esercito; far riferimento per tutto proprio a Kim Yo-jong. Questa fase del potere della famiglia dinastica “Kim” – segnata dalle incertezze sulle condizioni del “giovane leader” – è anche contraddistinta dall’apertura che il regime ha avviato nei confronti dei turisti stranieri (quest’anno sarebbero entrati nel Paese 5-6 mila persone). Come ha raccontato di recente Federico Rampini su “Repubblica”, si tratta di un’apertura interessata alla valuta pregiata che viene così “importata”, nella speranza “che la vista dei visitatori bianchi, non armati di bazooka, cominci ad aprire gli occhi alla popolazione locale attenuando la presa della propaganda paranoica di sua maestà Kim”.
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