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Chiesa casa paterna per i divorziati

M. M. Nicolais

Nel quarto e ultimo giorno di dibattito, prima del lavoro dei Circoli Minori, la questione dei divorziati risposati è esplosa in tutta la sua complessità e delicatezza, e chi voleva ridurre, semplificare, appiattire – magari strumentalmente – la rappresentazione mediatica del Sinodo descrivendola come “polarizzata” su due fronti contrapposti tra di loro, non ha avuto la meglio. Al Sinodo “non si fa la conta”, ha puntualizzato il portavoce vaticano, ma è certo che nella Sesta e Settima Congregazione generale, dedicate alle “situazioni pastorali difficili”, il dibattito tra i padri si è scaldato fino a farsi sempre più partecipativo e appassionato. Al centro della riflessione, la questione dell’accesso all’Eucaristia e le proposte per accelerare le dichiarazioni di nullità dei matrimoni. Sul fronte delle unioni gay, nessuna “benedizione” da parte della Chiesa, pur all’insegna del rispetto delle singole scelte. 

“Nel Sinodo non si fa la conta. 
C’è un ascolto interessato da parte di tutti, molto rispettoso: non mi sembra possibile dire che c’è un orientamento nettamente prevalente”. Con queste parole, durante il briefing di oggi, padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, ha risposto alle domande dei giornalisti relative al “clima” nel Sinodo. Facendo il punto sugli interventi in Aula, il portavoce vaticano ha riferito che “c’è una linea che parla con molta decisione dell’annuncio del Vangelo del matrimonio, che esige di affermare che se c’è un legame valido matrimoniale esistente, non è possibile l’ammissione ai sacramenti dei divorziati risposati, in coerenza con la dottrina e per fedeltà alla Parola del Signore, e una linea che, non negando l’indissolubilità del matrimonio nella proposta del Signore Gesù, vuole vedere – nella chiave della misericordia, che naturalmente è importantissima per tutti – le situazioni vissute e fare un discernimento su come affrontarle nelle diverse situazioni specifiche”. “Il Sinodo si sta scaldando”, ha riferito padre Lombardi: “Si procede nell’approfondimento delle riflessioni, nella conoscenza vicendevole, nella spontaneità e nella sincerità delle espressioni”, ma “non si fa nessuna conta”. 

“Velocizzare” la nullità, che però non è un “divorzio cattolico”. Al Sinodo sono emerse “tre indicazioni” per “velocizzare” la dichiarazione di nullità matrimoniale: “Eliminare la doppia sentenza conforme”, finora necessaria secondo il diritto canonico, “non esigere un giudizio di un Collegio giudicante” – attualmente sono tre i giudici che agiscono collegialmente – ma “un tribunale con un solo giudice”, e prevedere “una procedura amministrativa”. Nel riferirlo ai giornalisti, il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ha spiegato con un esempio cosa s’intenda per “procedura amministrativa”. “Se abbiamo un matrimonio che certamente è nullo, perché da entrambi i coniugi è stata esclusa l’indissolubilità del matrimonio, e non abbiamo alcuna prova, né testimoniale né documentale, se non l’attestazione dei contraenti, se questi ultimi sono credibili, il vescovo della diocesi può dichiarare che questo matrimonio è nullo”. 

“Sulla questione dei divorziati risposati bisogna adottare l’ermeneutica del Papa”. Lo ha detto Coccopalmerio, secondo il quale “bisogna salvare assolutamente la dottrina, ma partire dalle singole persone e dalle loro concrete situazioni, necessità, urgenze, sofferenze. Bisogna dare una risposta a persone concrete che si trovano in condizioni di gravità e urgenza e chiedono una risposta che venga loro incontro”. 

“La Chiesa non è una dogana, ma una casa paterna e quindi deve offrire un accompagnamento paziente a tutte le persone, anche a coloro che si trovano in situazioni pastorali difficili”. Con questa affermazione, mutuata dal magistero di Papa Francesco, la sala stampa della Santa Sede – nella sintesi diffusa oggi – definisce il dibattito svoltosi ieri pomeriggio tra i padri sinodali, durante il quale “è stato ribadito fortemente che occorre un atteggiamento di rispetto per i divorziati risposati, perché spesso vivono anche situazioni di disagio o ingiustizia sociale, soffrono in silenzio e cercano in molti casi, attraverso un percorso graduale, di arrivare a partecipare più pienamente alla vita ecclesiale. La pastorale dovrà essere, quindi, non repressiva, ma colma di misericordia”. Durante l’ora di dibattito libero, si è detto che “è importante evitare attentamente di dare un giudizio morale, di parlare di ‘stato permanente di peccato’, cercando, invece, di far comprendere che la non ammissione al sacramento dell’Eucaristia non elimina del tutto la possibilità della grazia in Cristo ed è dovuta piuttosto alla situazione oggettiva della permanenza di un precedente legame sacramentale indissolubile”. 

Nessuna “benedizione” per le coppie gay. “Bisogna essere molto onesti e dire: per noi, non solo per la Chiesa cattolica ma per la cultura umana in genere, il matrimonio è quello fatto da un uomo e una donna, con elementi ulteriori molto precisi”. Così il cardinale Coccopalmerio ha risposto a una domanda su una eventuale “benedizione” delle coppie omosessuali da parte della Chiesa. “Non giudichiamo queste persone, che riteniamo in buona fede – ha precisato il cardinale – però non possiamo dire che sono come un matrimonio, questo mai, ma non possiamo neanche dire che sono una ‘benedizione’, cioè una cosa buona. Non fa parte del nostro modo di vedere”. “Altra cosa – ha puntualizzato il porporato – è dire: ‘Ciascuno fa le sue scelte, non giudichiamo’. Ci sono persone ottime tra di loro, ma è una cosa diversa dal dire: ‘Questo tipo di unione è una cosa buona’”.

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