Dopo la Barbie ballerina e quella con i costumi del mondo, un nuovo trend si è impossessato della bambola più famosa del mondo: la versione religion kit. E così ecco la Barbie Vergine Maria e dea Kalì, tanto per non far torto a nessuno. Non solo, per ampliare l’offerta ed essere certi di non trascurare alcuna possibilità di vestizione (come se si trattasse di una questione folkloristica), i panni vestiti dalla pupattola sono, di volta in volta, quelli di santa Giovanna D’Arco, della Vergine di Luján o di Maria Maddalena, della Vergine di Lourdes e pure di quella di Fatima, con i tre pastorelli a corredo. Pensate sia finita? Se così fosse dimentichereste che c’è anche la componente maschile della coppia di plastica. Quindi ecco il fido ed eterno fidanzato Ken nei panni di Gesù, san Rocco, san Sebastiano e, per il politically correct, di Buddha.
Qualcuno potrebbe pensare che l’ufficio marketing del Vaticano sia impazzito e abbia avviato un restyling un po’ audace della produzione figurativa cultuale, ma la verità è che la versione religiosa dei due manichini mignon è ufficialmente la provocazione di due artisti argentini, Pool Paolini e Marianela Perelli. I 33 esemplari prodotti faranno parte dell’esposizione “Barbie, The Plastic Religion” nella quale Barbie e Ken rappresentano figure della religione cattolica, buddhista e di altri personaggi legati al sacro. I due artisti hanno garantito di non voler urtare la sensibilità religiosa dei fedeli di alcuna religione: questa la ragione, ad esempio, per cui manca un Ken in versione Maometto.
Fin qui la notizia. Da adesso cominciano le domande. Chi ha diritto e chi no a vendere immagini legate ai culti religiosi? In base a quale discrezione e attenzione la Madonna sì e Maometto no? Che differenza c’è tra provocazione e cattivo gusto? La religione è davvero così di plastica che si può ridurre la devozione a oggettistica? Sono gradite risposte, anche se le installazioni artistiche (vogliamo definirle così?) non arriveranno mai nei negozi. Intanto invitiamo i genitori a lavorarci su fin d’ora, a spiegare ai figli perché una bambola non sempre è un omaggio, per decostruirne il ruolo fittizio e ricostruire la catechesi vera. Prima che si comincino a vendere anche la chiesa apribile completa di accessori o che qualche buontempone si inventi profeta della madonna Barbie.
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