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“Incontriamo Gesù” Riparte dal “noi” l’annuncio in Italia

Di Vincenzo Corrado

Un documento frutto di un “ampio lavoro sinodale”. Potrebbe essere questa la “bussola” con cui accostarsi agli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, “Incontriamo Gesù”, presentati oggi a Bari durante il convegno dei direttori degli Uffici catechistici diocesani, promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della Cei. “La sua stesura – sottolinea al Sir monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, che ha illustrato il testo al convegno – ha visto una consultazione amplissima, a livello di Conferenze episcopali regionali, ma non solo”: oltre 250 i contributi scritti, mentre hanno partecipato ai vari momenti di riflessione circa 700 persone, segno di “interesse verso la catechesi e l’evangelizzazione”. Il testo, approvato dalla 66ª assemblea generale della Cei, rimanda a doppio filo al cosiddetto “Documento di base” (“Il rinnovamento della catechesi” del 1970), di cui molti chiedevano un ripensamento, e al cammino decennale della Chiesa italiana su “Educare alla vita buona del Vangelo”. Senza dimenticare, puntualizza mons. Semeraro, gli spunti offerti dall’Esortazione “Evangelii gaudium” di Papa Francesco, che “ci ha offerto un quadro di sintesi su molte questioni”.

Il titolo e la struttura. “Incontriamo Gesù”, puntualizza il vescovo, “si concentra specificamente sull’annuncio e la catechesi, ovviamente anche nei loro rapporti con l’insieme delle azioni pastorali”. E, in questo, “il titolo è espressione efficace dell’obiettivo: l’incontro di grazia con Gesù. Il verbo posto alla prima persona plurale sottolinea (come nei simboli di fede) la dimensione ecclesiale di questo incontro, intendendo mostrare sia la dimensione del discepolato sia la dinamica della testimonianza”. Non si tratta, dunque, di un nuovo “Documento di base”, che sostituisce quello del 1970, e neppure di una sua rivisitazione. Questo testo, spiega Semeraro, vuole aiutare le nostre Chiese locali ad avere “uno slancio comune nell’annuncio del Vangelo”. Gli Orientamenti, strutturati in quattro capitoli con un’introduzione e una conclusione, descrivono l’azione evangelizzatrice della comunità cristiana e il primato della formazione cristiana di adulti e giovani (I cap.), si soffermano sul primo annuncio (II cap.), si concentrano sull’iniziazione cristiana (III cap.) e, infine, evidenziano il servizio e la formazione di evangelizzatori e catechisti, nonché degli Uffici catechistici diocesani (IV cap.). Alla fine di ogni capitolo vengono offerte alcune “proposte pastorali” affidate alle diocesi e alle parrocchie. Conclude il tutto un’appendice con un “glossario”, “vademecum dei concetti espressi negli Orientamenti anche ad uso delle iniziative di formazione”.

Punti di forza. Il documento, sintetizza Semeraro, “presenta sette dimensioni che lo caratterizzano e, insieme, aprono a ulteriori sviluppi futuri. Anzitutto c’è un chiaro riferimento all’evangelizzazione in quanto orizzonte e processo”. In secondo luogo, “l’importanza del primo annuncio che vuole illuminare il cuore dell’uomo nei passaggi fondamentali e critici della vita”. Terza dimensione: “L’assoluta precedenza della catechesi e della formazione cristiana degli adulti e, all’interno di essa, del coinvolgimento delle famiglie nella catechesi dei piccoli”. Quarta: “La centralità della comunità nel processo di discernimento e progettazione dell’educazione nella fede”. E, successivamente, “l’ispirazione catecumenale della catechesi”. Sesta caratteristica: “La formazione dei catechisti e – in forma curriculare e permanente – la formazione dei presbiteri e dei diaconi”. Infine: “La proposta mistagogica ai preadolescenti, agli adolescenti e ai giovani, caratterizzata da una non scontata continuità con la catechesi di iniziazione cristiana ma anche dalla considerazione della realtà di ‘nuovi inizi’ esistenziali”. In tutto ciò s’inseriscono questioni di particolare attualità, come la scelta dei padrini e delle madrine (figure “scelte, qualificate e valorizzate” all’interno della comunità), o il valore del “mandato del vescovo” (che esprime la “ministerialità peculiare dei catechisti” e, per questo, non dovrebbe essere generico o episodico).

Questioni aperte. Tante pure le questioni che “necessariamente” – osserva il vescovo – gli Orientamenti hanno lasciato aperte a ulteriori approfondimenti. L’invito è che “questo testo, frutto di un paziente e lungo ascolto di molte istanze e anche di una paziente e attenta mediazione dell’Ufficio catechistico nazionale e della sua Consulta, non sia lasciato cadere invano”. Ma sostenga “il lavoro di chi, accanto ai vescovi, ha responsabilità nel formulare progetti diocesani e percorsi parrocchiali per l’annuncio e la catechesi a vari livelli”. A partire dall’Ufficio catechistico diocesano, “la cui assenza in alcuni territori non è più tollerabile”, rimarca il presule. Il lavoro, dunque, prosegue… Il percorso è tracciato dall’“Ecclesia mater”, immagine di Chiesa che guida il testo e che è tanto cara a Papa Francesco.

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