Eye2014pTutta presa a rimirarsi la punta delle scarpe, l’Europa del XXI secolo rischia di non accorgersi che la Storia sta subendo un processo di accelerazione ampiamente annunciato, che non aspetta il consenso di Berlino o di Roma, di Varsavia o di Londra per proseguire la sua corsa.
Ciò che sta avvenendo, tragicamente, nel Mediterraneo, è un fenomeno non solo migratorio, ma demografico, economico e sociale; dietro i barconi-bara che naufragano davanti alla Sicilia c’è l’intero continente africano in ebollizione, tra fame, sottosviluppo, sfruttamento ed eserciti fuori controllo. Nelle strade di Ankara e Istanbul, dove oggi si protesta per l’ecatombe nella miniera di carbone di Soma, c’è un popolo che non ne può più di vivere ai bordi di una democrazia negata. Sui confini fra Ucraina e Russia non si gioca a Risiko, ma si prepara un pericolosissimo scontro armato che passa sopra al diritto internazionale, al rispetto dei confini, alla pace stessa.
E basterebbe volgere lo sguardo ai Balcani, o all’emblematica realtà di Sarajevo e della Bosnia-Erzegovina, per comprendere quanto l’Europa fuori dall’Europa (comunitaria) sia sempre in bilico tra tensioni militari, Stato di diritto piegato, libertà fondamentali minacciate…
Quando gli Stati che fanno parte dell’Ue alzeranno gli occhi al resto del pianeta, quando i popoli dei 28 (quegli stessi chiamati a eleggere il “loro” Parlamento continentale, in una prova democratica che il mondo guarda con estremo interesse) si accorgeranno che l’Eurocentrismo è finito da un pezzo, allora sarà il tempo di una nuova “potenza civile”, di un attore planetario ritrovato, senza armi ma con idee e progetti, che potrà tendere la mano a chi reclama dignità e futuro al Cairo o a Damasco, a Sebastopoli e a Gerusalemme, fino alle spiagge libiche o alla più sperduta oasi nel Sahara.

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