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Ci sono un americano, un brasiliano e un italiano.

Di Matteo Cosenza

Da una parte gli Stati Uniti d’America, un Paese ricco di innovazioni e stranezze, di eccellenze e contraddizioni, che stavolta ha l’opportunità di dare una grossa lezione al mondo sportivo.
Una volta tanto non sarà grazie alle magie di un suo campione di basket o ad un nuovo record mondiale di atletica, ma grazie, o meglio, per colpa di Donald Sterling, proprietario dei Los Angeles Clippers.
“Non puoi farti vedere in giro con i neri!” nello stato di quel Presidente, da protagonista di quello sport proprio non puoi dirlo.
Obama si indigna, Magic Johnson si arrabbia e le altre squadre solidarizzano con la federazione che multa e punisce. 2,5 milioni di dollari e sospensione a vita. In tre giorni il verdetto è scritto e annunciato dal capo della lega Adam Silver, con l’impegno di radiare dal mondo del basket americano il vecchio milionario. Complimenti NBA.

Dall’altra parte il brasiliano in Spagna, che riceve in “dono” da un tifoso avversario una banana e risponde ironicamente raccogliendola e dandole un morso, scatenando sui social network una vera e propria campagna antirazzista “‪#‎WeAreAllMonkeys‬“. Il tifoso, individuato dalla società, viene radiato a vita dallo stadio. Complimenti Villareal.

E infine l’Italia e gli italiani. Ennesima chiusura per una curva per episodi di razzismo. Il male è lo stesso in tutto il mondo, ma se in altri Paesi lo si cura col ricovero, qui si prescrive solo un’Aspirina. E per di più il paziente si arrabbia, protesta, fa ricorso. Dopo un anno di polemiche, insulti, multe e squalifiche, siamo ancora a sentire le solite storie.

Da una parte loro. Dall’altra parte gli altri. E noi sempre dalla parte sbagliata.

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