SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si è tenuto giovedì 10 aprile presso la Sala Consiliare del Comune di San Benedetto del Tronto, l’incontro dialogo con i Dirigenti, con gli Assessori alle Politiche Scolastiche e con gli Alunni, dal titolo “Per una Scuola che educa”, inserito nella settimana dell’Educazione organizzata dalle Diocesi di Ascoli Piceno e di San Benedetto del Tronto, in preparazione dell’incontro nazionale con le scuole dal titolo “ La Chiesa per la scuola”.

Dopo l’introduzione del prof Mario Gabrielli, dell’assessore Margherita Sorge, e di don Paolo Sabatini, responsabile della Pastorale Giovanile, scolastica e degli Oratori della Diocesi di Ascoli Piceno, ha preso la parola il Vescovo Carlo che ha parlato del ruolo della scuola nell’educazione delle nuove generazioni:”Conosciamo molto bene qual’è l’interesse della Chiesa per l’educazione e per la scuola e sappiamo bene che la Chiesa ha sempre portato la cultura, come nelle missioni, fondando le scuole, perché una fede che è priva di cultura è una fede che è povera, che non è ragionata e che non aiuta una persona a sviluppare le sue doti.
Condivido quanto coraggiosamente ha affermato il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi e cioè che la più grande scommessa che dobbiamo vincere è quella dell’educazione, dell’attenzione verso la scuola
“.
Una grande scommessa educativa, ha detto il Vescovo, perché esiste un’emergenza educativa che va ben oltre gli ambiti della scuola pervadendo tutta la società a partire dalla famiglia; un’emergenza educativa confermata dagli insuccessi a cui vanno incontro gli sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri, di dare un senso alla propria vita. “Viene spontaneo – prosegue Sua Eccellenza – incolpare le nuove generazioni, come se i ragazzi di oggi siano diversi da quelli che nascevano nel passato. Non è vero, il ragazzo sta crescendo e deve assimilare ciò che non necessariamente è pronto ad assimilare: esiste una frattura fra le generazioni, effetto di una mancata trasmissione di certezze e valori“.
Per una riforma profonda e duratura della società, per una crescita e uno sviluppo economico che non sia alienante le persone, e che non porti ad una esclusione più o meno programmata per altri, per una riduzione delle disuguaglianze tra i cittadini e per una moralizzazione della vita pubblica, altra strada non c’è che quella dell’educazione e quindi la scuola che ovviamente non è l’unico luogo per l’educazione. Educare è un’opera indispensabile per la preparazione di cittadini adulti, capaci di inserirsi in modo costruttivo nella società. Non c’è socializzazione senza educazione e l’educazione va ben oltre la socializzazione, non è semplicemente apprendimento delle regole per vivere nella società:”L’educazione è rendere il soggetto membro attivo della società, capace di inserisi nel suo sviluppo verso una convivenza migliore. In questo senso l’educazione non può essere opera di un’unica agenzia sia essa la scuola, la famiglia, la Chiesa o altro. La specificità di ogni agenzia educativa, arricchisce la personalità e la completa, ma le diverse agenzie non devono essere in contraddizione tra di loro e nemmeno alternative l’una all’altra. Ovviamente, non va sottratto il ruolo primario e insuperabile della famiglia nel ruolo educativo, ma poiché la famiglia da sola non è nelle possibilità di provvedere a quanto necessario all’educazione del figlio, in una società avanzata che vive uno sviluppo drammaticamente veloce, la scuola prende inevitabilmente maggior spazio, almeno in termini di tempo“. Uno dei compiti principali della scuola, sarà quella di costruire un’alleanza educativa con la famiglia, senza la quale non si educa; ma oggi il gap generazionale, dovuto al fatto che le nuove generazioni portano sempre delle novità rispetto al passato e quindi hanno sempre esigenze nuove, ha raggiunto una dilatazione impensabile decenni fa, e questo ha creato un disagio che va ad inserirsi nella scuola che, in questo modo, assume un ruolo che sembra diventare vicariante a molte delle funzioni educative che i genitori svolgevano nel passato. Un altro punto è l’assenza, spesso, dalla casa di entrambi i genitori per lavoro, e la fragilità e l’instabilità delle relazioni umane, nella nostra cultura narcisistica, che porta a famiglie in difficoltà o dai legami spezzati. “Vengono consegnati alla scuola ragazzi con esigenze che vanno ben oltre la semplice trasmissione delle competenze. Sappiamo che le turbolenze affettive ed emotive incidono fortemente sulle capacità di apprendimento oltre che su altre dimensioni della personalità. Quando sono scosse le fondamenta e vengono scosse le certezze essenziali, allora torna ad essere importante il bisogno di valori“. Gran parte delle responsabilità educative ricadono anche su chi dirige le scuole. Svolgere un’azione guida vuol dire condurre i ragazzi ad una mèta, farsi carico di tutte le problematiche che gli studenti scaricano sulla scuola, in questo senso lo studente è il vero tesoro della scuola. “Ho dovuto constatare quanto sia necessario ridare dignità e onorabilità al personale docente e ai dirigenti della scuola. E’ necessario allargare gli sapzi della loro autonomia, liberare da una eccessiva ingessatura la burocrazia e rendere maggiormente dinamico l’insieme del sistema scolastico con effettivo riconoscimento del ruolo e della funzione pubblica della scuola paritaria e non solo paritaria. E’ necessario aprire gli spazi ai contributi della società civile, per modernizzare i metodi didattici, i contenuti disciplinari, i profili professionali e le prospettive culturali. E’ urgente assumere la qualità come criterio e paradigma per l’assunzione, la gestione e la valutazione del personale e per la definizione dei servizi erogati allo studente. Non è quindi solo questione di finanziamento adeguato alle necessità della scuola, si tratta invece di riflettere più profondamente sulle condizioni necessarie per una sua corretta direzione, così che possa rispondere meglio ai bisogni di educazione delle nuove generazioni. Il ruolo direttivo diventa molto composito in quanto si tratta spesso di far convergere interessi competenze persone diverse ad un’unica mèta”. L’attenzione alla sicurezza al decoro dell’ambiente la cura dell’aggiornamento proprio dei docenti la facilitazione dell’inserimento degli studenti stranieri, dei portatori di handicap, sono cose importanti, finalizzati a dare una formazione all’insieme del vivere e nel saper collaborare nella società; è importante, anche, sollecitare la collaborazione di tutto il personale, nello stabilire rapporti non ideologici con gli enti locali, che permettono di dare alla scuola un clima di serena attività, senza chiudersi nella autoreferenzialità; stabilire e coltivare rapporti molteplici con la società in cui vive e cioè con la società civile, con l’ambiente economico con cultura del territorio e anche con la Chiesa. “A me piace pensare alla scuola come una delle periferie alle quali Papa Francesco invia la Chiesa, non per conquistare ai valori cattolici, che ovviamente mi stanno a cuore, ma per essere lievito nella promozione dei valori umani nella scuola, e qui vedo il ruolo dell’insegnamento della religione cattolica, che viene posto troppo frettolosamente in discussione, vedo qui il ruolo delle attività integrative, che vanno considerate anche queste nella prospettiva della crescita globale della persona, che non può venire a prescindere dai valori culturali e religiosi del proprio ambiente di vita”. La scuola è una periferia esistenziale, in quanto nella scuola si possono incontrare persone che in qualche modo sono ferite e che hanno bisogno di un ospedale da campo per curare le proprie fragilità, è qui che la presenza di un cristiano trova un senso e uno spazio.

Il Vescovo ha concluso il suo intervento elencando le sette caratteristiche con le quali la scuola si vuole presentare all’incontro con il Papa il 10 maggio: educazione, per aiutare a diventare persone adulte inserite in una comunità, insegnanti, perché sono la risorsa fondamentale per la scuola, generazioni del futuro, è in gioco il collegamento delle generazioni, umanesimo perché non dobbiamo guardare solamente all’acquisizione delle competenze si tratta di stabilire un rapporto creativo, autonomia e sussidiarietà una scuola autonoma è uno stato garante della qualità e occorre che si stabiliscano i giusti rapporti di sussidiarietà, comunità, la scuola educa se è comunità, e alleanza educativa tra tutte le componenti, l’attenzione della scuola deve essere inclusiva.

Al termine dell’intervento del Vescovo si è tenuto quello della dott.ssa Iolanda Micco, pedagogista P.ED.I.AS.

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