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Quei cori “che amarezza…”

Si dice che il calcio minore non è “inferiore” nemmeno a quello più famoso e pagato della serie A. Anzi, a volte riesce a fare anche “meglio” o “peggio”. A seconda dei punti di vista. Domenica 6 aprile partita di LegaPro Prima Divisione Pontedera-Barletta, stadio Ettore Mannucci. Al 9’ del secondo tempo il capitano degli ospiti Fabrizio Di Bella dopo un violento scontro di gioco con il proprio portiere Luca Liverani, nel tentativo di salvare la propria rete, rimane a terra privo di sensi e come sempre accade in questi casi ci sono attimi di paura e concitata apprensione per il calciatore che perde momentaneamente conoscenza.
Lo stadio ammutolisce tranne un nugolo di “tifosi” del Barletta (non dovremmo probabilmente chiamarli così…) che a gran voce lanciano il (purtroppo) famoso coro: “Devi morire, devi morire”.
Di Bella sarà poi ricoverato in ospedale per un trauma cranico ma le sue condizioni per fortuna non destano preoccupazioni, nonostante quanto gli augurassero i suoi stessi “supporters”.
Ma non era ancora finita l’indecenza a cui si era stati costretti ad assistere: mentre il capitano usciva dal campo caricato sull’ambulanza, quello stesso gruppo di persone sugli spalti se la prendeva anche con gli altri giocatori invitati a seguirlo sul mezzo di soccorso, non essendo degni, a loro dire, di indossare la maglia del Barletta.
Il gioco è ripreso regolarmente dopo un’interruzione di oltre tre minuti anche se forse, a quel punto, sarebbe stato meglio andare tutti a casa.
La compagine pugliese sta vivendo da inizio stagione un momento di grandi contestazioni per un campionato giudicato molto deludente (naviga, infatti, nelle ultime posizioni della classifica). Ma questa non può essere una ragione sufficiente per arrivare a un’assurda mancanza di rispetto verso la vita di un giovane calciatore.
Ma è diventato davvero questo il nostro tanto amato “gioco del pallone”? Forse, come si dice sempre in questi casi, tutto ciò è solo lo specchio reale della società in cui viviamo, dei valori che si stanno dissolvendo e della cattiva educazione che sembra prevalere. Come dicono i Cesaroni nel loro celebre tormentone, “che amarezza…”.
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