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Valorizzare le differenze per realizzare una vera uguaglianza

Luca Marcolivio da Zenit

In un’epoca in cui le istituzioni vogliono imporre la teoria del gender alle scuole e alle famiglie, sta attecchendo nel mondo scientifico e della ricerca, un filone di studi che rivaluta fortemente l’educazione differenziata a maschile e al femminile.

Educare alla differenza non è affatto discriminatorio: al contrario aiuta bambini e ragazzi a vivere più pienamente la vita. ZENIT ha affrontato la tematica assieme a Marco Scicchitano, psicoterapeuta, psicodiagnosta, ricercatore clinico presso l’Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale.

Dottor Scicchitano, lunedì prossimo lei parteciperà a un convegno del FAES sull’educazione sessualmente differenziata. Che argomenti porterà in tal senso?
Marco Scicchitano: Le scuole gestite dal FAES hanno tra le varie peculiarità quella di fare un’educazione sessualmente differenziata. Ciò che ho apprezzato molto, nel conoscerne più da vicino l’approccio è che questa scelta formativa si fondi su un principio generale retrostante: il rispetto e la conformazione dell’attività scolastica alle peculiarità degli educandi. Nel contesto scolastico, in cui la missione degli adulti formatori è proprio quella di valorizzare le specificità del bambino e formarlo rispettando le caratteristiche che lo contraddistinguono, un buon punto di partenza è proprio quello di tener conto del fatto che sia maschio o femmina. Volendo fornire un buon servizio educativo infatti bisogna tener presente le varie dimensioni della persona che intervengono nei processi di apprendimento, quali ad esempio gli interessi, gli stili cognitivi, gli aspetti motivazionali. In ognuno di questi ambiti è possibile individuare delle tipicità maschili e femminili che sarebbe utile e funzionale sfruttare a favore dei ragazzi.

Oggi l’educazione alla differenza è minacciata da strutture ideologiche molto potenti che rischiano di mettersi in conflitto con le famiglie. Ma in realtà le famiglie, in che misura sono consapevoli del rischio che si corre?
Marco Scicchitano: Non sono state messe in grado di rendersi conto di quanto sta succedendo nel panorama educativo italiano, proprio perché molte iniziative sono state prese, inspiegabilmente, all’oscuro di qualsiasi realtà associativa familiare e senza informare previamente i genitori e chiederne esplicitamente il consenso. Le informazioni ora cominciano a circolare grazie ad associazioni e realtà come la Manif Pour Tous e le  Sentinelle in Piedi che propongono iniziative di vario genere per destare l’interesse su quanto sta avvenendo, perché al di là di qualunque ideologia o visione del mondo, permanga la libertà di coscienza, di esprimere i propri valori di riferimento e di avere voce in capitolo sull’educazione dei propri figli.

Nel suo libro Educare al femminile e al maschile, scritto a quattro mani con il professor Tonino Cantelmi, lei sviluppa ampiamente la tematica. Quale approccio metodologico avete utilizzato?

Marco Scicchitano: Come spieghiamo nel libro, la cornice teorico-epistemologica che abbiamo scelto di adottare per la comprensione del maschile e del femminile è volutamente riduzionista, ma non riduttiva. Questo vuol dire che abbiamo scelto uno specifico livello di analisi per descrivere le differenze, ovvero l’approccio neurofisiologico e psicologico, senza tuttavia avere la pretesa di ridurre la complessità e l’essenza del tema alle caratteristiche individuabili mediante il livello di analisi prescelto. L’impostazione che abbiamo voluto dare al libro è esattamente fondata sull’evidenza scientifica. Ci sono una mole imponente di studi che attesta come molte delle importanti e affascinanti differenze tra uomini e donne che riscontriamo nella vita quotidiana abbiano radici nella struttura nel nostro cervello, nella diversa risposta a stimoli percettivi, o negli ormoni che attivano prevalentemente un certo tipo di emozioni o interessi. Per la stesura del libro con il professor Cantelmi, abbiamo fatto un duplice sforzo, che all’inizio si è concentrato soprattutto nella ricerca di un’ampia bibliografia, con lo scopo di raccogliere articoli e ricerche internazionali; poi dopo aver organizzato le informazioni in un testo organico e strutturato ci siamo sforzati di rendere il linguaggio snello e scorrevole, arricchendolo con esempi pratici, casi di cronaca giornalistica o di vita quotidiana. L’ottica di arricchire l’evidenza scientifica con l’esperienza dei singoli è poi alla base della scelta di inserire nel libro due importanti interviste, che concludono rispettivamente il capitolo riguardante le famiglia, l’intervista a Costanza Miriano, e il capitolo sull’educazione scolastica, l’intervista ad Andrea Monda. In tal modo il libro è fondato su solide basi argomentative, ma allo stesso modo leggero e agile nella lettura.

Abbiamo parlato finora di scuola e di famiglia, tuttavia le agenzie educative e formative sono molteplici: che contributo potrebbe arrivare, ad esempio, dai mezzi di comunicazione nell’educazione al maschile e al femminile? È tutto da cestinare o si può salvare qualcosa?
 Marco Scicchitano: Molto, moltissimo ma è necessario che ci si scrolli di dosso l’inutile e vecchio atteggiamento politically correct che si scandalizza se una donna viene rappresentata come accogliente e servizievole in un contesto domestico, e non dice nulla se una giovane ventenne viene ripresa durante una trasmissione televisiva chiusa dentro una gabbia di plexiglass che non gli permette di stare in piedi, o viene incoraggiata a fare una doccia vestita, in modo che ne risaltino le trasparenze e la dimensione di oggetto sessuale. Molto utile è a questo proposti andare a vedere il bellissimo e profondo documentario di Lorella Zanardo, Il corpo delle donne. Anche le agenzie mediatiche sono a tutti gli effetti, enti educativi e crediamo corrano il rischio, più che mai nel nostro tempo, di essere travolte dal vortice della tecnoliquidità. Come descritto nell’omonimo libro del professor Cantelmi, ci troviamo ad assistere ad una rivoluzione, la rivoluzione digitale, che si iscrive all’interno di un definito quadro sociologico che Bauman ha descritto con l’incisiva immagine della liquidità. Queste due coordinate di teconologia e cultura di riferimento stanno mutando notevolmente il nostro modo di stare al mondo e di immaginare e costruire relazioni interpersonali. All’interno del mondo tecno-liquido infatti, vive l’individuo post-moderno immerso in un mare di relazioni, abilità e conoscenze in continua evoluzione, dalla validità temporanea, dall’approccio consumistico del take away o dell’usa e getta, che lo abituano, proprio come i liquidi, a mutare forma in base al contenitore che lo rende visibile e contiene, mentre lo rendono incapace di assumere impegni e forme d’identità credibili, stabili e solide. Questa mancanza di sostegni, appigli e struttura, provoca mancanza di solidità anche nelle capacità di educare degli adulti che in molti casi rinunciano, in altri delegano e a volte arrivano a non riconoscere come propria la condizione di “educatore” con la responsabilità e dignità che ne deriva. Oggi alcune importanti agenzie educative non si preoccupano tanto di veicolare visioni e idee del mondo basate su valori ma, piuttosto, si adeguano a mode passeggere o agli interessi temporanei che germinano nel panorama dell’iperconnessione.

Educare al maschile e al femminile equivale ad essere tradizionalisti e “passatisti”, oppure semplicemente realisti?

Marco Scicchitano: Noi crediamo che, ad oggi, parlare di educare al maschile e al femminile sia piuttosto un atteggiamento da pionieri. E non lo dico solo per provocazione.

Impostare, a seguito di importanti e recenti ricerche scientifiche che forniscono una salda base argomentativa (esistono ad oggi una serie di strumenti di studio e analisi del cervello che permettono di avere dati certi, laddove prima si poteva parlare solo di ipotesi), un approccio educativo che tenga conto sia nella prassi che nella progettazione, delle differenze e delle peculiarità maschili e femminili è totalmente innovativo.

Ora che le donne hanno finalmente vista riconosciuta e tutelata, in buona parte del mondo, la loro parità a livello sociale e civile è divenuto possibile affrontare l’argomento in modo più sereno e riflessivo e, noi speriamo, più costruttivo anche come base di una parità basata sulla valorizzazione delle peculiarità e sull’autentica tutela della dignità e ricchezza di entrambi. Accettiamo questa sfida perche ci sembra una grave lacuna all’interno del dibattito scientifico attuale, sperando di dare un nuovo e necessario impulso alla questione all’interno del panorama culturale italiano. In linea con molti studi internazionali, riteniamo che sia possibile riconoscere che esistono delle differenze e delle peculiarità maschili e femminili che possono interessare aspetti come la conformazione fisica, il tono muscolare, gli assetti neuroendocrini, le funzionalità cerebrali o caratteristiche psicologiche e sociali. Ovviamente con questo non intendiamo affermare che tutti i maschi e tutte le femmine rientreranno perfettamente in tutte le caratteristiche individuate come tipicamente maschili o femminili, perché queste sono caratteristiche con molte variazioni individuali ed alcune possono anche essere assenti nel singolo individuo. E soprattutto, prima c’è sempre la persona con la sua unicità, carattere e storia personale. Tuttavia la diade maschile femminile esiste e si basa su differenze biologiche insopprimibili che sono inscritte nei geni di ogni individuo maschio o femmina, che nel loro entrare in relazione, nel loro costante scontrarsi/incontrarsi, in qualsiasi contesto o insieme sociale, sono sempre stata fonte di arricchimento, creatività e sviluppo di nuove prospettive. Affermare e valorizzare la differenza sessuale è un obiettivo da porsi come comunità civile perché non che può che portare buoni. Steven Pinker, celebre psicologo e divulgatore scientifico nel libro con il quale ha vinto il premio Pulitzer, Tabula Rasa, si chiede come mai alcune frange del femminismo lottino strenuamente contro l’idea che uomini e donne siano differenti, che abbiano abilità differenti e quindi inclinazioni e propensioni specifiche. Forse, si chiede l’autore, dietro a questo accanimento contro la differenza tra maschi e femmine si nasconda il timore che «differente» corrisponda ad «ineguale» e quindi «ingiusto». Probabilmente nel movimento di conquista dei diritti civili femminili è stata fatta una sovrapposizione concettuale tra “uguaglianza di diritti” e “uguaglianza delle caratteristiche” che ha portato a distorsioni notevoli ed ora controproducenti, arrivando a negare non solo il buon senso, ma anche i dati e le ricerche scientifiche. Pinker sostiene che il femminismo di genere, nella sua lotta contro l’ineguaglianza si sia messo in rotta di collisione con la scienza, perdendo di vista i criteri di una rigorosa e serena ricerca scientifica a favore di una fervente e ideologica battaglia, e noi siamo d’accordo con lui. Come abbiamo già detto non pensiamo che differente corrisponda ad ineguale, anzi. Cogliere le caratteristiche proprie di qualsiasi cosa permette di relazionarsi con essa a partire dalle sue peculiarità, ed è, quindi, arricchente. Sapere come è fatto un oggetto ci suggerisce come trasportarlo senza danneggiarlo e conoscere le caratteristiche di una pianta, ci aiuta a curarla bene, ad avere le giuste attenzioni e a farla crescere rigogliosa e sana. Forse è proprio partendo dalle differenze specifiche che si può realizzare una uguaglianza vera, che non sia omologazione che appiattisce, ma fioritura di talenti individuali.

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