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In Moldova famiglie divise dal lavoro e segnate dall’ateismo

Di Maria Chiara Biagioni

Come risponde una piccola Chiesa di periferia come quella di Moldova al questionario proposto dalla Santa Sede in vista del Sinodo sulla famiglia di ottobre? Certamente non con i numeri di migliaia di schede compilate che si sono registrate nelle altre Conferenze episcopali d’Europa. Né tanto meno con la presentazione di sintesi stilate da prestigiosi Istituti di pastorale. La Chiesa cattolica di Moldova conta appena 20mila fedeli, organizzati in 19 parrocchie, assistiti da 26 preti, 2 diaconi, 3 fratelli e 36 suore. Una Chiesa piccola e di minoranza (la Moldova è un Paese quasi totalmente di confessione ortodossa, la gran parte con il legame al Patriarcato di Mosca). Eppure anche la Chiesa cattolica moldova ha voluto essere presente e partecipare alla ampia discussione che è stata avviata in tutto il mondo sulla vita delle famiglie e delle coppie. E ha inviato a Roma una relazione, prima del 28 febbraio, raccogliendo attraverso la rete dei sacerdoti tutte le informazioni utili sulla vita delle famiglie partendo dal territorio.

Una Chiesa piccola, a servizio dei più deboli.
 “La Moldova – spiega monsignor Anton Cosa, vescovo di Chisinau – non è una realtà ecclesiale molto sviluppata e tante realtà mancano, come per esempio non esiste un vero ufficio di pastorale familiare”. è però una Chiesa viva che ha scelto di “essere a servizio non solo dei cattolici, ma anche di tutto il popolo moldavo, con maggiore attenzione alle fasce deboli del Paese”. Si parte, dunque, dalla presenza della Chiesa sul territorio per dare a Roma il quadro di vita in cui vivono le famiglie. La prima caratteristica che emerge è che qui le famiglie sono “in movimento. Sono cioè – spiega il vescovo – dipendenti da un lavoro fuori dal Paese e lui o lei partono e stanno all’estero per molti mesi, per poi tornare a trovare i familiari per pochi giorni”. I Paesi di destinazione sono Ucraina, Russia, Italia, Portogallo, ma anche Francia e Gran Bretagna. Ecco perché nella pastorale è molto difficile lavorare con e per la famiglia e si punta piuttosto alla singola persona. “Abbiamo visto poi – prosegue il vescovo – che molte sono le famiglie dipendenti da un aiuto. Sono povere e non hanno risorse per andare avanti. Vivono con quello che ricevono, non solo dalla Chiesa, ma anche attraverso vari progetti assistenziali dello Stato”. Questa fascia di “famiglie in bisogno” si trova per lo più nei villaggi, fuori dalla capitale Chisinau.

Famiglie irregolari e povertà spirituale. Altro aspetto che caratterizza la società moldava è la presenza di famiglie irregolari, dove la coppia non è sposata né in Chiesa né civilmente ma ha bambini e magari anche una lunga storia di convivenza. Serpeggia anche qui una povertà spirituale che attende di essere sollevata: “C’è tanta confusione. Gente che pensa di essere cristiana ma non segue la pratica religiosa. Che non ha una vera fede in un Dio che ama. Si può parlare di un ateismo esistenziale ancora presente. Fino ad oggi, sia la Chiesa cattolica sia quella ortodossa hanno dato priorità a risolvere i problemi reali della gente. Ora si deve fare di più per la formazione: anche perché tanti abbandoni nella famiglia avvengono perché non c’è una vera preparazione a un autentico concetto di famiglia e di matrimonio cristiano per tutta la vita”.

Divorziati risposati. “Il Sinodo – osserva monsignor Cosa – sarà un arricchimento per tutta la Chiesa. Non saprei dire quali saranno i punti forti. Ci aspettiamo piuttosto qualcosa per aiutare l’accoglienza delle famiglie irregolari come delle persone che convivono o dei divorziati che convivono con altre persone. Si tratta di capire quali passi in avanti possono essere compiuti nei loro confronti perché oltre a far sentire che la Chiesa è anche la loro casa, occorre ora riflettere sul modo in cui possiamo farli partecipi della vita sacramentale”.

La Chiesa del futuro. “Non posso non sognare che la Chiesa di Gesù – dice il vescovo Cosa -. Una Chiesa aperta ai peccatori, ai malati, ai poveri, a chi è caduto e non può alzarsi se non c’è qualcuno che gli tende la mano e lo aiuta. Dobbiamo capire cosa farebbe Gesù oggi se fosse tra noi, se fosse Lui il Papa, se fosse Lui il vescovo, se fosse Lui il parroco. Quale linguaggio utilizzerebbe oggi per parlare agli uomini del terzo millennio e quali risposte darebbe ai problemi che gravano sulla società. Penso che la Chiesa oggi stia seguendo questa strada. Penso che Giovanni Paolo II l’aveva già spinta in questa direzione. Ogni Papa ha fatto la sua grande parte. Ora è arrivato Papa Francesco con questa sua spinta a una Chiesa evangelica. Non è facile”. Chi è Papa Francesco per il popolo moldavo? “Per noi è il Papa del popolo, dei semplici, delle periferie. E noi lo sentiamo vicino, tra noi. È un Papa che piace ai cattolici e, nello stesso modo, alla gente di tutte le Confessioni e convinzioni. Ci ha dato la possibilità di rialzare la testa e guardare al futuro con più coraggio”.

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