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Senza il gioco la vita di un bambino sarebbe noiosa, opaca, priva di attrattiva

Di Antonio Benigni

DIOCESI – Durante la tavola rotonda “Le regole del gioco” organizzata giovedì 13 marzo presso il Kursaal di Grottammare in occasione della mostra dell’Azione Cattolica “Ogni diritto resti diritto” il Presidente Provinciale Csi Antonio Benigni ha relazionato sull’importanza del gioco nel bambino:Parlare di gioco è sicuramente “piacevole” ma altrettanto complicato. E’ stato sempre oggetto di studio e valutazione da parte studiosi, filosofi ed altri esperti della fase evolutiva dei bambini. Quando parliamo di gioco immediatamente la mente corre alla figura del bambino, dell’importanza che esso rappresenta nella sua quotidianità e come agisce nello sviluppo delle capacità funzionali e razionali.

Senza il gioco la vita di un bambino sarebbe noiosa, opaca, priva di attrattiva. Tutti concordano nel dire che il gioco sia una delle cose più serie che ci sia al mondo, nel senso che rappresenta un importante campo di esperienza, un’attività di apprendimento che aiuta a crescere e ad affrontare meglio la vita.

Il gioco è quasi sicuramente la prima esperienza della vita nella quale ci si sottomette, volontariamente, ad un insieme di regole che sono più o meno codificate, dando luogo ad un intreccio di libertà e regole. Infatti, contrariamente a quanti pensano che le regole possano vincolare la spontaneità del gioco, è proprio questa intima relazione tra libertà e regole che il gioco nasce.

Infatti la libertà vive delle regole e della disciplina che fanno imparare lo stare insieme e la retta competizione, l’indipendenza dal successo, diventando veramente liberi. IL gioco come la vita se lo si considera nel profondo può dare qualcosa di più di un semplice divertimento.

Ogni gioco ha le sue regole, che determinano ciò che avrà valore all’interno del mondo gioco temporaneo delimitato dal gioco stesso. Le regole non possono essere trasgredite altrimenti si frantumerebbe l’interno mondo del gioco.

Altro interessante passaggio che si innesca con la “competizione” è lo Sport.

E’ doveroso fare una precisazione tra il gioco e lo sport: essi non sono due cose diverse, il gioco non è la cosa più semplice e lo sport quella più importante.
Sia nel gioco che nello sport ci sono le stesse  componenti : movimento, agonismo, tecnica, regola, ludicità, la differenza è solo nella grandezza di questi componenti,  il movimento nello sport si fa più tecnico, l’agonismo si esprime in una forma più consapevole, le regole si fanno più definite e precise. L’unico componente che non cambia in grandezza è quello della ludicità. Essa deve restare sempre la componente fondamentale anche nello sport, altrimenti senza si rischia di innescare l’esasperazione nella ricerca del risultato con le conseguenze che tutti conosciamo.

Quindi non ci sono differenze tra attività ludiche e sportive, anche perché oggi rappresentano un privilegiato campo di mediazione dei valori, ed è su questo che si fonda il loro potenziale ruolo educativo. Potenziale perché non è del tutto scontato che tutte le attività educhino; per farlo è necessario che mettano al centro la persona, affinché l’attività ludica o sportiva non resti solo uno strumento per il benessere fisico, ma diventi una esperienza significativa capace di dare senso alla propria vita, a questo punto diventa indispensabile che ci siano dei buoni allenatori, “educatori” capaci di avere a cuore il destino dei ragazzi, e come ebbe a dire Papa Francesco in un incontro con gli allenatori a Roma “.. chi allena i ragazzi ha la meravigliosa responsabilità di fargli incontrare la vita e il vangelo..”

Lo Sport questo lo può fare a patto che ci siano educatori responsabili e consapevoli che l’educazione non si può improvvisare, ha bisogno di una completa e responsabile formazione, non ci si può accontentare solo di motivazione e impegno.

A questo punto, dopo che tutto il mondo stabilisce che il gioco è una attività di alto valore formativo per la persona, tanto da riconoscerne il diritto “ONU 20 novembre 1989” e trasformarlo, in Italia, in legge “27 Maggio 1991 LG nr.176 artt.30-31”, mi viene da pensare che trattandosi di legge lo Stato si dovrebbe assumere degli obblighi, e poiché a diritti corrispondono anche dei doveri, resto sorpreso come mai il gioco nelle scuole, agenzie di educazione per eccellenza,  il gioco sia sparito o relegato al tempo marginale, oppure ancora non mi spiego come mai in parrocchia il gioco venga considerato la pausa tra le cose serie,  o peggio ancora il gioco diventa premio, o ricatto per ottenere servizi dai bambini.

La domanda nasce spontanea e credo resti in attesa di risposta, se il gioco è un diritto, se in Italia c’è una legge a tal proposito, chi è che controlla abusi ed eventualmente interviene per la tutela?

Redazione: