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Umiltà e misericordia la parole chiave per comprendere il primo anno di pontificato di Francesco

Di Antonio Gaspari Direttore di Zenit

Quando è stato eletto, il 13 marzo 2013, pochi lo conoscevano. Ha fatto subito una buona impressione, ma nessuno immaginava che sarebbe stato così popolare e che avrebbe influito così profondamente nel cuore della Chiesa, della gente e del mondo. Più di dodici milioni di persone leggono i suoi messaggi su Twitter. Sono centinaia di migliaia le persone che giungono a Roma per l’Angelus della domenica e l’Udienza del mercoledì in piazza San Pietro, superando a volte la soglia dei centomila.

E’ Papa Francesco, il Romano Pontefice e Vicario di Cristo in terra, Sovrano della cristianità, una persona che ha responsabilità spirituali enormi, e che, almeno nei tempi moderni, non è mai accaduto che vivesse così sobriamente. Francesco è allergico a vanità e privilegi. Vive in una camera di hotel – la residenza vaticana Domus Sanctae Marthae – indossa scarpe comuni, usa solo auto di servizio. Dove può fa a meno della scorta, delle autorità, dei segretari e cerimonieri che vogliono accompagnarlo. Ama incontrare e parlare con la gente comune. I gendarmi hanno difficoltà a tenerlo dentro le mura vaticane.

Cosciente della sua piccolezza umana, fa dell’umiltà la sua forza. Pratica la misericordia e insegna a chiunque come fare della propria condizione di fragilità il punto di forza per risollevarsi. Secondo papa Francesco bisogna inginocchiarsi sotto la Croce di Cristo per risorgere insieme a Lui, perché sono proprio il sangue ed il sacrificio di Cristo la fonte di misericordia.

A fronte di un entusiasmo diffuso – soprattutto tra coloro che frequentano poco la Chiesa – tuttavia, papa Francesco ha suscitato alcune critiche tra i credenti tradizionalisti, subendo anche lo scetticismo di una parte del clero e non convincendo fino in fondo i moralisti.

Alcuni dicono che i suoi messaggi sono semplici e superficiali e che non stanno cambiando realmente la Chiesa. Altri sostengono che è vero che con il Papa argentino la Chiesa sta riacquistando credibilità e fiducia, ma se non riforma profondamente la Curia, se non punisce severamente i corrotti ed i pedofili, se non richiama alla sobrietà i Vescovi, se non scuote e rivitalizza la società decadente, il suo Pontificato non sarà abbastanza efficace.

Troppi “se”. A leggere queste critiche sembra quasi che molti non stiano comprendendo quanto rivoluzionario sia già stato in un solo anno il pontificato di Francesco. A coloro che pensano ad un Pontefice che pur di aprire verso l’esterno sarebbe disponibile a far compromessi su temi sensibili come aborto o unioni omosessuali, consigliamo di leggere quanto ha detto e scritto il cardinale Bergoglio prima di salire al soglio di Pietro. Per quanto riguarda la fedeltà al magistero, il Pontefice regnante non lascia nessun dubbio. Già da arcivescovo di Buenos Aires si è opposto coraggiosamente contro quelle ideologie che hanno promosso la soppressione della vita nascente e che tentano di stravolgere il matrimonio naturale.

La “apertura” che alcuni contestano a papa Francesco è in realtà un modo per dimostrare che la Chiesa non è una “dogana” né un “tribunale”, ma dispensa giustizia e discernimento tramite la misericordia. Come diceva l’anonimo autore della lettera a Diogneto: i cristiani “osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi” (…) “vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo”.

In questo contesto, si spiega anche la popolarità di papa Francesco. Il successo che riscuote non è dovuto solo alla semplicità e chiarezza del suo interloquire, ma soprattutto alla profonda e coerente spiegazione e testimonianza del vivere secondo il Vangelo. Le sue omelie sono brevi e intense. Soprattutto quelle mattutine a Santa Marta – una delle novità più significative del pontificato – rilanciate dalla Radio Vaticana, che pur non essendo documenti magisteriali aiutano a riformare quotidianamente la coscienza dei cristiani del mondo.

E visto che di riforme si parla, Bergoglio non si è risparmiato di aprire in questi mesi la strada ad una concreta riforma della Curia Romana, indicando già alcune svolte radicali. Con il Consiglio degli otto Cardinali, rappresentanti di tutti i continenti, il Pontefice ha reso più collegiale il governo della Chiesa ed ha ridato alla Curia la funzione di fedele servizio, evitando equivoci e sovrapposizioni.

Con l’istituzione della Segreteria per l’Economia guidata dal cardinale George Pell e la nomina di un Consiglio per l’Economia – formata da otto tra cardinali e vescovi e sette laici – ha centralizzato in maniera chiara e trasparente tutte le attività economiche della Santa Sede, formalizzando anche il ruolo dell’Apsa (Amministrazione per il Patrimonio della Sede apostolica) quale “banca centrale del Vaticano”.

In termini di politica estera e rapporti con le altre religioni, il Pontefice sta percorrendo sentieri nuovi che potrebbero portare a cambiamenti geopolitici ed ecumenici mondiali. Colpisce soprattutto l’apertura alla Russia e le buone relazioni con la Chiesa Ortodossa. Indipendentemente da quanto potrebbe accadere con la crisi Ucraina, tra Roma e Mosca si sta consolidando un rapporto di reciproca attenzione per difendere i cristiani perseguitati nel mondo, per proteggere la vita nascente e la famiglia naturale. E anche per raggiungere e consolidare la pace in diverse parti del mondo, con particolare attenzione al Medio Oriente e alla Siria, per cui lo scorso settembre ha invocato una veglia mondiale di preghiera per la pace.

Cresce poi l’attesa per il prossimo incontro del Papa con le Chiese ortodosse a Gerusalemme, in occasione del suo viaggio in Terra Santa del 24-26 maggio: una novità assoluta, oltre che l’opportunità di sedersi sullo stesso tavolo anche con ebrei e musulmani.

Come il Poverello di Assisi, Francesco ha subito scelto il carisma dell’umiltà. Un anno fa, dopo la sua elezione nella Sistina, dopo essersi allontanato per pregare in solitudine, tornò nella Cappella e non volle sedersi sul trono, ma salutò uno ad uno i cardinali che lo avevano votato in Conclave. Anche qualche giorno dopo, prima di ricevere i rappresentanti di 30 chiese cristiane, fece sostituire il trono papale con un semplice seggio. Li ha ricevuti come Vescovo di Roma e si è presentato come “servo dei servi”. Ai 132 tra capi di stato e principi regnanti che sono venuti a Roma per la sua elezione, Bergoglio ha spiegato che “il vero potere è il servizio”: “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio – ha detto – e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce”.

Di fronte a tutto questo non si può che ringraziare il Signore per averci dato una Papa come Francesco.

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