DSC01671 DSC01612 DSC01608 DSC01607 DSC01595 DSC01591 DSC01588 DSC01578 DSC01575 DSC01574 DSC01573 DSC01566 DSC01564

Foto Simone Caffarini articolo di Janet Chiappini

DIOCESI – E’ possibile, oggi, vivere e trasmettere la gioia nonostante i problemi? Essere corresponsabili di essa? A queste domande si è cercato di rispondere, durante un incontro che si è tenuto sabato pomeriggio nella Sala Smeraldo dell’Hotel Calabresi, attraverso le esperienze personali di alcune persone che in qualche modo hanno sperimentato e continuano a sperimentare la gioia nel quotidiano, nel lavoro, nella famiglia e nella propria passione per l’arte.

Chi ha vissuto la gioia la può narrare e trasmettere con semplicità grazie alla forza interiore che può scaturire solo da un incontro, l’incontro con il Signore, personale, intimo, forte, e questo incontro ci muove verso gli altri, ci fa portatori di gioia.

Tra gli ospiti, il primo a condividere la sua esperienza personale è stato Andrea Mariani, clown di professione, formatore clown di corsia e collaboratore di diverse associazioni. Andrea, che si è presentato con il classico naso rosso, dopo aver raccontato in breve la storia della Clown Terapia che passa attraverso le persone di Norman Cousins, Patch Hunter Adams e Michael Christensen, ha sottolineato che anche nella sofferenza si può vivere la gioia e l’amore; Patch Adams parla di morte divertente, e il punto sta nel fare in modo che si possa avere, diciamo, una buona qualità di morte. Morire, certamente, non piace a nessuno, ma dalla morte ci viene una lezione: lo stare vicino alle persone che soffrono ci restituisce la gioia, la felicità e l’amore che noi portiamo a loro. Noi abbiamo bisogno di amore, in particolare i bambini hanno bisogno di amore e di attenzione per diventare adulti in grado di amare e per questo fine è importante coltivare l’aspetto ludico della vita, il gioco, il sorriso e la gioia.

Lo sforzo che dobbiamo fare è quello di trovare la fonte di questa gioia e a questa domanda hanno voluto rispondere i giovani coniugi Riccardo e Federica Coccia. Nella vita matrimoniale, come è possibile continuare a generare la gioia dopo tanti anni di vita insieme? E’ possibile vivendo la grazia di Dio ogni giorno; dal libro del Siracide 14, 11 – 14 ci viene detto Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene […] Non privarti di un giorno felice, la domanda è: come si arriva alla gioia? Le risposte suggerite da Riccardo sono: mettere la passione nel fare le cose, non smettere mai di meravigliarsi per ciò che ci accade, godere della gioia che si vive nella vita quotidiana ma soprattutto essere umili, perché senza l’umiltà questi tre suggerimenti non hanno senso. La persona umile ha un orizzonte più ampio e questa è una caratteristica che apre a tante strade da percorrere, che aiuta a vivere meglio.

Il fare le cose con passione, il non smettere mai di meravigliarsi e di godere delle gioie della vita quotidiana si rispecchiano nella vita di Sergio Tapia Radic, artista e scultore originario del Cile. Tapia Radic ha parlato della sua vita dedicata alla sua vocazione per l’arte, la scultura, la bellezza una vera e propria storia d’amore che ha sempre alimentato il suo spirito e la sua anima e per la quale ha superato molti ostacoli provando ogni volta la gioia di rialzarsi e di continuare per fare quello che lui voleva con la gioia nel cuore. Un racconto appassionante che parte dalla sua infanzia in Cile, con la meraviglia davanti alla natura per arrivare in Italia con la meraviglia davanti all’arte, racconto che si conclude con questa bellissima frase: tutto quello che ho fatto, l’ho fatto con amore.

Anche don Roberto Traini ha condiviso la sua esperienza di sacerdote, rispondendo alla domanda: quale gioia c’è nel cuore di un giovane prete?

” La mia gioia oggi è stata quella di celebrare un funerale – ha esordito don Roberto – per me è stata una gioia piangere con la famiglia ho fatto di tutto portare, loro, Dio. Ci sono due tipi di gioia, il primo e quello spumeggiante e frizzante come una bottiglia di spumante; era questa, una volta, la gioia che portavo agli altri, una gioia della consistenza di una schiuma, che svaniva in poco tempo. La gioia dei buontemponi. Poi ho capito cos’era la gioia vera, quella che ti tocca il cuore, quella più profonda, più silenziosa come i fiumi carsici che scendono sotto terra: non si vedono ma continuano a fluire. E’ una gioia che nasce da un incontro, quando tu senti lo sguardo di Dio posato sulla tua vita, lo sguardo che non ti giudica.

Infine la parola è passata a Francesca Cipolloni, direttore di Emmaus settimanale d’opinione di Macerata, per rispondere alla domanda: come la gioia può essere tradotta in notizia? Fare giornalismo sul serio è difficile, esistono le buone notizie ed esistono anche le cattive notizie, che non vanno demonizzate perché ci sono questioni come ad esempio lo stalking, gli scippi, gli inganni subiti da persone anziane e deboli di cui bisogna parlare per fare coscienza. “Siamo noi i padroni delle parole che usiamo, tutte le settimane abbiamo storie ordinarie e storie con sofferenze, sta a noi raccontarle “condendole” con l’amore, usando il talento che ci è stato donato“.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *