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La Lettonia (cristiana) torna nel cuore del sistema Europa

Di Gianni Borsa
I lettoni ci hanno preso gusto a lanciare messaggi in controtendenza verso un’Europa un po’ sfiduciata, segnata dalla crisi e da crescenti tendenze populiste e disgregatrici. Dal 1° gennaio la nazione baltica ha messo da parte la valuta nazionale, il lat – Latvija è il nome del Paese nella lingua ufficiale -, introdotto al posto del rublo vent’anni or sono all’indomani della riconquistata indipendenza dall’Unione sovietica (1991), per aderire ad Eurolandia. Un traguardo raggiunto dopo aver superato, a suon di riforme e sacrifici, una pesante recessione. La metà della popolazione resta peraltro scettica sull’euro; d’altro canto i lettoni hanno sperimentato sulla propria pelle la debolezza di un piccolo sistema produttivo e commerciale non ancorato a un grande mercato unico.
Capitale in fermento. A Riga, capitale del Paese con circa 700mila abitanti, un terzo della popolazione complessiva, la gente ha fatto la corsa il primo giorno dell’anno agli sportelli automatici per toccare con mano le nuove banconote. La città è in effervescenza: la crisi, durata anni, sembra alle spalle, o almeno questa è la speranza diffusa: quest’anno si prevede un ritmo di crescita superiore al 4%; il Pil corre mentre il debito pubblico è fermo al 40%. Le premesse per una ripresa anche del reddito pro-capite, ancora modesto, ci sono. Intanto Riga si fa il maquillage, anche per accogliere i visitatori che dovrebbero essere richiamati dai programmi predisposti dalla Capitale europea della cultura, titolo che Riga condivide quest’anno con la svedese Umea. Il 17 gennaio l’antichissima città baltica, fondata nel 1201 dal vescovo tedesco Albrecht von Buxthoeven, impegnatosi a evangelizzare queste terre, darà il via a un ricco calendario di iniziative tra arte, cultura e spettacoli. Il 18 gennaio, poi, la stessa Riga ospiterà una “catena umana della cultura”: gli abitanti si metteranno in fila, passandosi di mano in mano un’infinità di libri, collegando idealmente il vecchio edificio della biblioteca nazionale con il nuovo stabile, realizzato sull’altra sponda della Daugava, il fiume che attraversa il centro urbano. Non è un inizio banale: in questo modo si vorrebbe infatti ricordare la chilometrica catena umana che, esattamente 25 anni prima, fu formata attraverso Lettonia, Lituania ed Estonia da decine di migliaia di persone che auspicavano l’indipendenza dall’Urss.
Economia: alti e bassi. La Repubblica che si affaccia sul Baltico ha sperimentato, negli ultimi due decenni, momenti di forte slancio economico e sociale (ci si ricorderà della “tigre del Baltico” dei primi anni 2000) a fasi di ricaduta: dopo l’implosione del Patto di Varsavia e la ritrovata indipendenza, anche la Lettonia ha fatto i conti con i ritardi accumulati nel periodo comunista. Qui, in particolare, si è trascinato, e si trascina tuttora, il difficile rapporto con Mosca, considerando che un terzo della popolazione è di origine russa e parla russo. L’industria pesante e la cantieristica del periodo sovietico sono state progressivamente abbandonate, ma è stato impervio imboccare una strada originale nel quadro della globalizzazione dei mercati. La disoccupazione ha accompagnato tutta la prima parte del nuovo corso storico e oggi si attesta all’11%. Il premier Valdis Dombrovskis (peraltro dimissionario dopo il crollo a novembre del tetto di un supermercato nel cuore della capitale, che causò 54 morti), era stato uno dei fautori dell’aggancio con l’euro, sostenendo che si sarebbe creato “un effetto di stimolo per la crescita economica” nazionale. Con questo stesso atteggiamento il capo del governo si è fatto fotografare con in mano banconote da 10 euro, rassicurando i concittadini sulla stabilità dei prezzi e il proseguimento del trend economico positivo. Ma la Lettonia ha ora la necessità di andare incontro alle numerose famiglie che vivono alle soglie della povertà; occorre sanare le persistenti diatribe tra lettoni e russofoni nonché assicurare servizi pubblici moderni ed efficienti. Le chiese presenti nel territorio nazionale avvertono questo sforzo collettivo: i luterani sono in prevalenza, quasi un terzo della popolazione, cui si aggiungono circa mezzo milione di cattolici e oltre 300mila ortodossi; la consistente presenza cristiana si pone in dialogo con la società civile sul fronte culturale e caritativo.
Un esempio per altri Paesi. E ora l’Ue guarda con interesse alla Lettonia. “Con l’adesione alla zona euro, il Paese completa il suo viaggio di ritorno verso il cuore del sistema politico ed economico del nostro continente”, ha affermatoOlli Rehn, vice presidente della Commissione Ue, responsabile per gli affari economici e monetari, porgendo il benvenuto al diciottesimo Stato dell’eurozona. “I vostri sforzi hanno dato i loro frutti e la forte ripresa economica nel Paese invia un chiaro segnale di incoraggiamento ad altri Stati che hanno intrapreso difficili e faticose riforme”, ha aggiunto il commissario finlandese. José Manuel Barroso, presidente della Commissione, gli ha fatto eco: l’ingresso nell’euro “è il frutto di sforzi impressionanti e della determinazione delle autorità e del popolo lettone”. Il graduale passaggio dal lat all’euro, che dovrebbe completarsi in sei mesi, ha visto protagonista la Banca centrale lettone che ha rifornito gli istituti bancari con le nuove banconote e monete; le banche hanno a loro volta messo a disposizione la nuova valuta per imprese, negozi, amministrazioni pubbliche, sportelli automatici di prelevamento. Per favorire il passaggio monetario ed evitare speculazioni sui prezzi, gli esercizi commerciali sono stati obbligati a esporre il prezzo in lat e in euro dallo scorso 1° ottobre, mentre è stata avviata una vasta campagna per il controllo dei prezzi al dettaglio e all’ingrosso.

 

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