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Le più deboli e indifese sono le ragazze ridotte in schiavitù

Di Luigi Crimella

A Roma le baby-prostitute con madri più o meno consenzienti, che operavano con clienti facoltosi a suon di centinaia di euro ad incontro. A Rimini, madre e figlia minorenne trovate a vendersi insieme, come per proteggersi reciprocamente, sembra a motivo di una grave povertà. E poi i casi, che ritornano piuttosto spesso, di ragazzine che “giocano” a fare le squillo per piccoli compensi utili a ricaricare i cellulari o comprare trucchi, borsette e telefonini. Cosa sta succedendo? Forse una recrudescenza del fenomeno? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Galli, della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi a Rimini, che opera in Italia con diverse sedi e anche in una ventina di Paesi del mondo. Queste le sue risposte.
Che dire di fronte a questi ennesimi casi, sorprendenti perché stavolta ci sono di mezzo apertamente le madri delle ragazze coinvolte nella prostituzione?
“Che ancora una volta emerge un quadro di difficoltà personale e famigliare, che ha i volti o della povertà economica, oppure del bisogno di denaro per ‘apparire’, o per avere un tenore di vita al di fuori della propria portata, oppure di disagio personale profondo”.
Nella vostra comunità l’azione in favore delle prostitute è stata una delle opere più significative del fondatore don Oreste Benzi, che voi continuate con grande impegno. Qual è la situazione per quanto riguarda l’Italia oggi?
“Al momento assistiamo più di 200 ragazze, per lo più africane e dei Paesi dell’Est europeo. Le prime sono le più numerose perché si trovano in situazioni di grave disagio e inoltre hanno bisogno di maggiore aiuto per i permessi di soggiorno e altro. Le ragazze dell’Est europeo vengono da noi quando hanno particolari bisogni, quali ad esempio sostenere i propri figli piccoli o altre esigenze personali. Ricordiamo che per queste ultime, in quanto cittadine europee, non ci sono tutti i problemi burocratici che invece hanno le africane”.
Ma come avviene che in un giro del genere cadano anche le ragazze italiane?
“Se per le ragazze dei Paesi poveri si materializza una vera e propria schiavizzazione, con varie forme di ricatto e di controllo, per le italiane, come capita anche di leggere nelle cronache, le motivazioni sono le più varie. Si va da quelle banali come la richiesta di una ‘ricarica per il cellulare’, senza sapere che si entra in un giro terribile in cui saranno costrette a fare cose che non avrebbero mai pensato e voluto fare. Quando si accorgono di essere diventate delle vere e proprie ‘schiave’, allora inizia la presa di coscienza del dramma”.
Di tanto in tanto riemerge la proposta di “riapertura delle case chiuse” come soluzione ‘pulita’ al problema della violenza e della schiavitù sulle donne. Cosa ne pensa?
“Che la realtà, anche nei Paesi dove l’attività di prostituzione è legale e più o meno controllata dallo Stato, è spesso ben diversa da quanto sembra. Agli occhi dell’osservatore possono apparire donne che si dichiarano ‘libere’, ma in realtà non sapremo mai chi le controlla per davvero, a cosa sono costrette, quali vessazioni subiscono. E comunque, laddove si è data la possibilità di registrarsi al fisco come prostitute per legittimare questo ‘lavoro’, pochissime lo hanno fatto. Un fallimento, di cui nessuno parla”.
Come risolvere il problema della prostituzione, specie minorile?
“L’assistenza alle ragazze è basilare, per aiutarle a venirne fuori. Il 90 per cento delle ragazze ha avuto contatti, in Italia, con associazioni che si occupano di questo. Offrire la possibilità di regolarizzarsi diventa uno strumento prezioso, uno stimolo a trovare il coraggio di mollare i propri ‘protettori’ e cercare di emanciparsi. Però occorre garantire una via di uscita, la giusta copertura nelle fasi iniziali e rassicurarle, perché talune di loro sono cadute ‘dalla padella nella brace’, seguendo le promesse di qualche cliente che si diceva un salvatore ma in realtà voleva prestazioni sessuali gratuite e cercava una sorta di ‘schiava personale’”.
Che rapporto avete con la Chiesa locale nelle realtà dove siete attivi?
“Don Benzi sosteneva che ogni parrocchia avrebbe dovuto adottare una prostituta per proteggerla, aiutarla, liberarla. Papa Francesco oggi ci mette davanti agli occhi queste schiavitù moderne, tuttora largamente presenti. La Chiesa è molto sensibile a questo tema come ad altri di grave emarginazione. Purtroppo i politici non agiscono, perché temono, se dessero corso a leggi punitive dei clienti, di perdere un bacino di voti stimato in 2-3 milioni. Non abbiamo mai trovato nessun politico che, salvo piccoli tratti di strada, portasse avanti un discorso serio di vera messa al bando della prostituzione, punendo in maniera esemplare i clienti”.
Eppure in qualche nazione è avvenuto. Perché non da noi?
“In effetti, in qualche Paese nordico, come la Svezia, con la punizione dei clienti qualcosa è cambiato, la donna è stata più salvaguardata. Da noi si fa fatica, culturalmente, a far passare questi percorsi”.
Rimane il mistero della prostituzione ‘indoor’, nelle case private, oppure quella delle ‘escort’. Che dire?
“Che a questo livello, specie per le escort, siamo su un altro versante, dove girano molti, molti soldi. Noi ci occupiamo del lato più debole del fenomeno, quello della prostituzione di strada, delle donne forzate, schiavizzate. Sono le più indifese, le vittime vere”.
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