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Il segno dell’esperienza, la riflessione di Padre Luigi Pinelli

DIOCESI – Pubblichiamo la riflessione di Padre Luigi Pingelli della comunità dei Padri Agostiniani Scalzi di Acquaviva Picena.

Vedere, toccare, conoscere, sentire, condividere sono tutti verbi che rientrano nella categoria dell’esperienza e che quindi aprono quella grande finestra mentale attraverso la quale si scorge con limpidezza il panorama di situazioni concrete sulle quali si decide poi d’intervenire con cognizione di causa e con le più opportune strategie.
Questa premessa vuole sottolineare il lavoro di osservazione e di riflessione indispensabile per mettere a fuoco interventi e soluzioni mirate quando si intende affrontare qualche problema col desiderio e la passione di fare qualcosa per il bene del prossimo.
Oggi si palesa chiaramente la sensibilità verso forme di volontariato, di impegno solidale, di iniziative di carattere sociale, di promozione umana anche se il presente contesto storico e culturale indulge, sotto vari aspetti, ad una visione egoistica, strumentale e spesso disumana per l’offuscamento dei valori e lo smarrimento di qualsiasi codice etico.
Ciò può sembrare strano, ma in realtà è il vero paradosso che emerge in una situazione caotica che porta l’uomo lontano da se stesso e dai suoi più nobili ideali. Proprio la verifica di un mondo che ripiega verso la logica della giungla e della disumanizzazione ridesta nell’anima la nostalgia del bene e la volontà di operare perché l’uomo ritrovi se stesso e la sua vera dimensione spirituale.
Il paradosso di cui parliamo esprime, quindi, in modo eloquente la verità che quanto più l’uomo smarrisce la sua matrice di dignità, tanto più avverte il valore della propria esistenza che non può rinnegare e di conseguenza riscopre il vero orizzonte del suo pensare e del suo agire.
Queste sono considerazioni teoriche che fortunatamente trovano applicazioni pratiche nella pletora di associazioni che radunano persone mosse da nobili motivazioni e che si prodigano con varie iniziative per sollevare le precarie condizioni umane, economiche, sociali e culturali di altre persone che vivono situazioni di povertà e drammatiche emergenze.
Tali associazioni oggi sono l’espressione più chiara e palpabile dell’umana solidarietà e la longa manus di quella carità prevalentemente diramata dal cuore di comunità cristiane che sentono l’urgenza di coniugare la fede con le opere.
Da tale prospettiva è facile trovare un raccordo tra associazioni di promozione umana e l’opera missionaria di evangelizzazione che la Chiesa porta avanti mediante lo specifico ministero di sacerdoti, religiosi e religiose tra la gente povera dei cosiddetti paesi del terzo mondo.
In questo modo nel nostro Ordine si sono affermate forme di concreta collaborazione tra associazioni di laici che operano in stretto rapporto con le nostre comunità locali in Italia e le realtà missionarie in America latina, in Asia e in Africa guidate dai nostri confratelli.
Continua così la nostra proiezione missionaria nel mondo in linea con la tradizione delle fatiche apostoliche assunte dall’Ordine fin dai primordi della Riforma e si collega efficacemente ad una fitta rete di operatori laici coinvolti nella promozione caritativa e di sostegno alle diverse forme d’intervento nel campo sociale e formativo.
Grazie a questa collaborazione forte e generosa, i nostri confratelli hanno potuto realizzare e vanno realizzando progetti e strutture di servizio che sono espressione visibile di quella carità che si dilata nei più ampi spazi del mondo missionario.
Vorrei tornare ora al discorso relativo al segno dell’esperienza sopra accennato e diramarlo a questa collaborazione felicemente attivata con i laici. Questa va producendo frutti sempre più abbondanti non solo nelle aree e nelle comunità affidate all’azione missionaria dell’Ordine, ma anche e soprattutto nel cuore di tante persone che hanno scoperto una grande verità: si dà, ma si riceve anche tanto.
Ecco l’edificazione dell’uomo e del cristiano che contempla non solo la misura del proprio intervento economico e umanitario per promuovere la socialità, ma anche e soprattutto la ricchezza spirituale e valoriale che gli viene trasmessa in contraccambio. In questo modo tutti siamo benefattori e nello stesso tempo beneficiati in nome della carità che agisce non solo nella dimensione della promozione sociale, ma anche nella sfera dell’elevazione spirituale.
La presa di coscienza di questa reciprocità di donazione ha una funzione altamente formativa che va quindi oltre la pura relazione di due stati sociali e immette nella più vasta dimensione della vera ricchezza umana.
È un percorso di crescita globale che si attua attraverso il risveglio della coscienza per arrivare fino alla comprensione che tutti siamo poveri e ricchi in modi diversi, ma complementari.
Tutto questo processo di riflessione attinge la misura della sua profondità umana e la si scopre in forza dell’esperienza e delle tracce che essa lascia nella coscienza.
Mi riallaccio pertanto all’importanza di questo tema, che viene evidenziato dallo stesso titolo del presente articolo.
L’esperienza, per usare un’immagine significativa, è la fonte dalla quale si attinge l’acqua della vita; ciò vuol dire che l’osservazione e la constatazione diretta di certi fenomeni accentuano la capacità di discernimento e facilitano la lettura di situazioni per cui si colgono tutte le dimensioni pratiche e il tipo di intervento che nella fattispecie si richiede. Emerge quindi tutta la complessità di problemi e rapporti e questo conferisce la giusta misura per una valutazione esaustiva della realtà.
Voglio dire, in termini più facili, che altro è la visione teorica e disincantata a distanza e altro è la presenza in loco per rendersi conto dei termini reali di una situazione con tutti i relativi riflessi.
Ho vissuto personalmente la logica di questa verità nella mia visita fatta alla nostra missione di Bafut in Camerun insieme all’amico Ilario Persiani. Per dirla in termini consoni al discorso finora sviluppato, ho vissuto un’esperienza che ha lasciato il segno nel vero senso della parola e proprio questo mi ha indotto a dare il titolo a questo articolo.
Il segno che ha marcato indelebilmente il mio animo è contenuto precisamente nella trama di questa riflessione scritta, sia per porre in atto progetti e strategie per il futuro insieme agli amici dell’Associazione Missioni Agostiniani Scalzi di Acquaviva Picena, sia per individuare le priorità nel campo di interventi sociali, sia per conoscere dal vivo un mondo lontanissimo dal nostro contesto culturale, sia per leggere in filigrana i valori profondamente umani di stile di vita, di gesti, simboli e tradizioni, che pur bisognosi di evidenti processi correttivi, hanno contenuti di straordinaria ricchezza spirituale.
Non posso dimenticare la sublime gestualità liturgica, la dimensione contemplativa espressa nell’intensità e nella durata della preghiera, la gioia contagiosa dei canti e dei ritmi travolgenti degli strumenti a percussione, la serenità e la dolcezza espressiva dei volti, il rispetto della sacralità, la venerazione verso i sacerdoti e le persone consacrate, l’approccio amichevole e spontaneo e la dignità del comportamento.
Sono questi i tasselli che vanno a comporre il grande mosaico che nei segni esteriori permettono di intuire
la ricchezza d’animo di questo popolo, quella ricchezza che senza forse ha smarrito l’uomo dell’Occidente secolarizzato e distratto.
Tutto questo costituisce una lezione elementare e schietta di valori da riscoprire ed apprezzare e nello stesso tempo una ricomposizione di elementi di giudizio su una realtà sociale e economica che chiamano in causa anche e pesantemente il nostro mondo occidentale e la corruzione di caste che dovrebbero curare le sorti del proprio paese e del proprio continente.
Si richiede un esame di coscienza che non sottrae nessuno alle proprie responsabilità poiché siamo chiamati tutti, più o meno, a rivedere i nostri schemi di vita e gli esagerati consumi di beni destinati a fomentare interessi e egoismi.
La lezione della parsimonia nello stile di vita, senz’altro forzatamente imposta da logiche di servile dipendenza al popolo africano, ma necessario al riequilibrio della giustizia distributiva per l’affermazione di un mondo più giusto, invita tutti a un profondo cambiamento di giudizio e di comportamento.
A tutto questo è correlato un sodo lavoro culturale per sollevare il tenore di vita e l’apertura mentale. Ciò è indispensabile per favorire l’uso di nuovi strumenti di lavoro e di crescita a chi ha finito per subire il peso di una tradizione vincolante e difficilmente aperta a nuove acquisizioni.
A questo punto il discorso, certamente non nuovo, ci porta a fuggire dal mero supporto economico per tacitare la voce della coscienza e a porre in atto progetti mirati. Questi saranno destinati non solo a sollevare la gente dallo stato momentaneo di precarietà, ma a finalizzare ogni tipo d’intervento per farla uscire in futuro da una condizione stagnante sotto tutti i punti di vista.
Occorre studiare e progettare strutture di crescita culturale e professionale, attraverso l’impegno del volontariato supportato dalla logica del servizio e dall’offerta generosa di mezzi e competenze.
Certamente il discorso non è di tipo esaustivo, ma cominciare ad operare in tale prospettiva ci permette di crescere nella dimensione umana e cristiana valorizzando le nostre risorse materiali, intellettuali e morali nello spirito di un servizio amorevole ed intelligente.

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