Papa Francesco
Di Patrizia Caiffa
Una lunghissima visita ricca di incontri, per portare speranza agli abitanti di una terra meravigliosa immersa tra il mare, il cielo e il vento. Così si annuncia il viaggio che oggi Papa Francesco compie a Cagliari, incontrando i lavoratori e i disoccupati, i poveri, i detenuti, i malati, i giovani, i seminaristi, i vescovi e il mondo della cultura. Sono attese circa 350mila persone, in arrivo da tutta la Sardegna per partecipare ai vari eventi, dal mattino alla sera. Oltre 1.500 i volontari coinvolti. Il Papa scende dall’aereo alle 8.15, accolto da tutte le autorità, poi incontra in Largo Carlo Felice i rappresentanti del mondo del lavoro (artigiani, operai, sindacalisti, disoccupati, imprenditori). Il culmine della visita è la messa sul sagrato antistante il santuario di Nostra Signora di Bonaria, alle 10.30, dopo aver salutato un centinaio di malati. Papa Francesco è qui per esaudire un desiderio personale: rendere omaggio alla Madonna di Bonaria e al luogo che lega Cagliari a Buenos Aires, “una fratellanza per una storia antica”. E’ stato lo stesso Papa a spiegarlo il 15 maggio scorso, quando annunciò la sua volontà di recarsi nella città da cui provenivano quei marinai sardi, emigrati in Argentina, che insieme al fondatore diedero il nome a Buenos Aires, frutto di un compromesso per un nome troppo lungo: “Città della Santissima Trinità e Porto di Nostra Signora di Bonaria”.
Tutti a piedi per il Papa. Cagliari è già da ieri off limits al traffico. Gran parte del centro storico, che si sviluppa in altezza, è transennato. Alcuni cagliaritani protestano perché sentono limitate le loro possibilità di vedere più da vicino il Papa che si fa toccare e salutare da tutti. Le automobili e i bus non passano. Tutti a piedi. Palchi e maxischermo sono sparsi nei vari luoghi degli incontri, come la bandierine gialle e bianche, i grandi poster e manifesti con il logo dell’evento e il benvenuto della Sardegna al Papa. La messa al santuario della Madonna di Bonaria, gestito dai Padri mercedari, viene seguita dai fedeli nella sottostante Piazza dei Centomila, un nome appropriato per i grossi numeri che si trova ad accogliere. Qui il Papa sosta in preghiera davanti alla statua di legno della patrona massima della Sardegna. La tradizione narra che fu gettata in mare nel 1370 durante una tempesta, in una grande cassa di legno che solo i frati riuscirono a sollevare ed aprire. Divenne subito oggetto di grande devozione da parte dei naviganti, da quando un ex voto a forma di navicella, tuttora appeso nel santuario, rivelò la facoltà di indicare i venti a chi prendeva il mare. La devozione si estese poi a tutta l’isola in seguito ad un miracolo, quando dalla statua di legno sgorgò sangue durante una contesa al gioco tra un soldato e il suo avversario. La messa è preceduta da una preparazione con letture, preghiere e canti, anche in sardo e conclusa dall’Angelus. Il servizio liturgico è curato dai seminaristi sardi e i doni sono portati da una famiglia. Circa 100mila ostie sono state confezionate dalle suore sacramentine di Cagliari, il vino dagli studenti futuri enologi dell’università di Oristano. Il brano del Vangelo di Giovanni scelto per la celebrazione è l’episodio in cui Gesù, prima di morire crocifisso, affida la madre “al discepolo che egli amava”.
La Sardegna che incontra. La Sardegna che oggi incontra Papa Francesco, ancora diversa da quella visitata dai suoi predecessori (Paolo VI nel 1970, Giovanni Paolo II nel 1985 e Benedetto XVI nel 2008), si presenta a lui con i suoi problemi: un giovane su due senza lavoro e una pressante fuga di cervelli all’estero; le miniere e le fabbriche che chiudono o delocalizzano; 147mila famiglie sarde in condizioni di povertà relativa (con un drammatico aumento degli utenti dei centri d’ascolto Caritas, circa 6000 nei primi sei mesi del 2013, il doppio dell’anno precedente). Su 1 milione e 700mila abitanti della Sardegna si stima che circa 200mila siano senza lavoro. Anche i nove vescovi sardi, nel loro messaggio preparatorio alla visita, denunciavano “la mancanza di lavoro, la precarietà in cui vivono molti padri e madri di famiglie, l’emorragia di giovani costretti ad emigrare, la disperazione di chi cede alla tentazione di compiere gesti estremi, i ritardi della politica”. Per questo il loro appello è così forte: “La nostra terra ha particolarmente bisogno di speranza”. Come dono simbolico al Papa, in questi mesi di preparazione sono state raccolte offerte per i poveri della Caritas di Buenos Aires.
Gli altri incontri. Terminato il bagno di folla al santuario di Bonaria, Papa Francesco si trasferisce in auto al Pontificio seminario regionale, dove studiano 90 seminaristi. Pranzo con i vescovi, per poi recarsi in cattedrale, per un altro importante incontro: quello con i poveri e i volontari della Caritas (mensa, ambulatorio e dormitorio) e di altre comunità del territorio, e i detenuti del penitenziario di Buoncammino di Cagliari e di quello minorile di Quartucciu. Qui il Papa tiene un altro discorso, quindi si sposta ad incontrare i gesuiti e il mondo della cultura nella Pontificia facoltà teologica regionale. Dopo il discorso, l’altro momento clou, molto atteso: la festa con i giovani alle 17, di nuovo in Largo Carlo Felice. Le ultime parole saranno dedicate a loro, tra i canti dei Gen rosso e del coro diocesano, le testimonianze e l’invito a “gettare le reti”, una metafora per dire ai giovani di fare attenzione alle scelte che faranno, nel “mare da navigare” della loro vita. Alle 18 Papa Francesco saluterà la Sardegna per fare ritorno in Vaticano.

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