articolo don antonio loffredo

DIOCESIUn incontro d’estrema importanza e d’estremo interesse quello svoltosi l’11 settembre presso le suore concezioniste a San Benedetto del Tronto. L’incontro, denominato “non facciamoci rubare la speranza”, è stato foriero di dialogo e condivisioni tra ragazzi, giovani, adulti e sacerdoti della nostra Diocesi, alla presenza del nostro Vescovo, S.E. Mons. Gervasio Gestori, ma soprattutto di Don Antonio Loffredo e di alcuni suoi parrocchiani. Don Loffredo è un personaggio di grande rilevanza, da poco più di un decennio a capo della Parrocchia di Santa Maria della Sanità, ubicato in uno dei rioni più difficili quanto affascinanti di Napoli, una delle città più belle del mondo cattolico e del mondo intero. Don Antonio è uno dei volti caratterizzanti del capoluogo campano, capace di migliorare culturalmente e socialmente il quartiere nella sua interezza, riportandolo al suo vero splendore. Un miracolo figlio dei prodromi della sua esperienza sacerdotale, iniziata nei difficili quartieri periferici di Poggioreale e di Ponticelli, rappresentanti il lato orientale del territorio napoletano. Un sacerdote paradigmatico per tutti noi, testimonianza eloquente dell’importanza della trasmissione della fede nelle periferie di tutto il mondo.

Le immagini si riferiscono alla parte serale dell’incontro, che ha visto la presentazione del libro “Noi del Rione Sanità”, edito da Mondadori. Tale parte è stato un momento di confronto con alcune domande poste da vari gruppi (speranza come comprensione, speranza come impegno, speranza come accettazione, speranza come coraggio), ma grande curiosità vi è stata per Simone, Vincenzo, Ciro, Marco e Mariano, giovani partenopei che hanno testimoniato la loro esperienza e il loro ringraziamento a Don Antonio, con particolare riferimento all’ Accademia della sanità,  istituzione volta alla formazione teatrale, culturale e sociale dei giovani, una punta di diamante di un quartiere che ha dato i natali ad Antonio de Curtis (Totò) e le ispirazioni ad Edoardo De Filippo.

Dopo la fase degli autografi abbiamo intervistato Don Antonio, è stato un dialogo molto interessante e toccante in tutti i sensi.

Che testimonianza ha trasmesso nel corso di queste tre ore di grande interesse?

Non me ne ero accorto, sono passate tre ore, è bello sempre interessare le persone e raccontare le belle storie. Sono venuto qui sicuro di poter raccontare una storia bella, una storia che in questi dieci anni si è scritta, quasi parole di cielo su questa terra. E’ significativo poterle raccontare da un rione nel quale può sembrare che tutto sia fermo e tutto sia immobile. Invece, il racconto, ancora una volta, ha fatto percepire, a me che lo vivo e a quelli che hanno mi hanno ascoltato, che è possibile ogni cosa e che la speranza esiste.

In queste tre ore d’incontro si è messo in evidenza un aspetto molto importante che soprattutto i ragazzi della Sua Parrocchia sono coinvolti in toto, quello dell’Accademia della Sanità, può spiegare che cos’è?

L’Accademia della Sanità è un luogo, ma più che un luogo è un gruppo di persone che occupano uno spazio che altrimenti restava abbandonato e chiuso. Una chiesa del Settecento, con i locali annessi, che fino a qualche anno fa era abbandonata, ma la tenacia e il coraggio dei ragazzi ha portato a liberare questo spazio, a far diventare la loro casa e lì scoprono i talenti, soprattutto talenti di ciò che è danza, di ciò che è teatro, in un quartiere dove è cosi caro questo valore, basti citare Totò.

Totò il grande principe della risata, ma i veri principi sono come ha detto Lei, i ragazzi. Prendiamo in considerazione una massima che Lei condivide appieno, ed è tratta da Papa Francesco, “non lasciatevi rubare la speranza”. Siamo a San Benedetto, ma rivolgendo lo sguardo a Napoli, in qualsiasi angolo del mondo, che messaggio vuole trasmettere ai giovani che in questo 2013 stanno attraversando un contesto tutt’altro che agevole?

Mi piace ricordare ciò che un giorno disse a Firenze il Sindaco La Pira, i giovani devono lasciarsi andare così come fanno gli uccelli migratori, perché a loro è dovuto sapere dov’è la primavera. Lo sentono, è istintivo, quindi in questo momento di difficoltà sapranno portarci verso la Terra Promessa, ne sono capaci di sicuro”.

Ultima domanda, un messaggio per la Diocesi di San Benedetto Del Tronto-Ripatransone-Montalto che l’ha ospitata nel corso di questo giorno importante di questo 2013 Diocesano.

Posso dire conosco poco le persone, ma per queste belle tre ore passate insieme, per gli sguardi, per gli occhi che ho incontrato, sono felice e auguro ogni bene. Auguro che in questo posto, come da noi, come dovunque, non si spenga e non venga rubato il dono più bello che è quello della speranza”.

A proposito di speranza, riportiamo questa frase di Sant’Agostino: “la speranza ha due bellissime figlie: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per le cose come sono, il coraggio per cambiarle”. Questa frase è stato l’incipit del discorso finale del nostro Vescovo.  Un discorso nel quale mons.Gestori ha ringraziato Don Antonio e i suoi ragazzi per il suo operato.

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