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I giovani italiani hanno una gran voglia di agricoltura buona

di Luigi Crimella

Proprio mentre le maggiori istituzioni economiche e finanziarie a livello mondiale parlano della disoccupazione giovanile come la vera “peste nera” di questo inizio di millennio, notizie incoraggianti vengono per i giovani dal mondo agricolo.
La prima di queste tendenze, sottolineata con vigore e soddisfazione dal presidente nazionale della Coldiretti Sergio Marini, riguarda il fatto che il settore agricolo italiano, vede un aumento di assunti giovani under 35 nella misura di ben il +9%. Una notizia del genere non può passare inosservata, specie in un momento in cui politici, economisti, banchieri centrali e “guru” finanziari non sanno più a che santo votarsi per far tornare il sereno sui mercati. La realtà dell’agricoltura, con le sue aziende per lo più a conduzione familiare, è invece che nel primo trimestre 2013 in Italia non solo non si licenzia, ma anzi si creano posti di lavoro. E se ne potrebbero creare non poche migliaia, ma ben 200mila (stimati) attraverso il naturale ricambio generazionale dei prossimi anni, se la tendenza del settore verrà confermata. Attualmente il Pil agricolo è infatti l’unico a registrare un segno positivo, seppure di poco sopra lo “zero”. L’ultimo dato parla di un +0,1% che sarà pure esiguo, ma è pur sempre meglio del segno meno che invece caratterizza pressoché tutti gli altri comparti economici del Belpaese.

Creatività e innovazione. Venendo quindi ai giovani, ecco cosa in particolare appare al presidente Coldiretti di particolare interesse per il prossimo futuro. Anzitutto che lavorare in agricoltura non è più visto come una forma “arretrata” di sbarcare il lunario, ma anzi sembra emergere una concezione di segno esattamente opposto: “Il 38% dei giovani preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (28%) – ha detto Marini – o fare l’impiegato in banca (26%), secondo una recente indagine Coldiretti/Swg. La crescita di opportunità nel settore agricolo è resa evidente dal boom del 29% delle iscrizioni negli istituti professionali agricoli e del 13% negli istituti tecnici di agraria, agroalimentare ed agroindustria”. Quindi, infranto un vecchio tabù che resisteva da qualche decennio, la Coldiretti sembra dire “largo ai giovani”, perché gli spazi sono notevoli e non più o non solo per attività tradizionali, bensì per lavori nuovi, creativi, dinamici. Marini ha citato come esempi il fatto che circa il 70% delle imprese giovani opera in attività multifunzionali: dall’agriturismo alle fattorie didattiche fino agli agriasilo, dalla vendita diretta dei prodotti tipici e del vino alla trasformazione aziendale del latte in formaggio, dell’uva in vino, delle olive in olio, ma anche pane, birra, salumi, agrigelati e addirittura agricosmetici. Le figure professionali più richieste vanno dal trattorista al taglialegna fino al potatore per i lavori più “normali”, ma emergono figure innovative quali l’addetto alla vendita diretta di prodotti tipici, alla macellazione, alla vinificazione o alla produzione di yogurt e formaggi, nonché la didattica per ragazzi e giovani, la tutela e salvaguardia dell’ambiente, la cosmesi biologica, la promozione dell’agriturismo.

Chi ha “osato” tornare alla terra. Venendo ad esempi concreti di nuovi lavori, la Coldiretti ne ha messi in vetrina alcuni. È il caso di Valentina Rappelli, toscana, che ha lasciato il lavoro da assistente di uno studio dentistico per la produzione di Vetiver, una pianta erbacea utilizzata in ingegneria verde per sostituire il cemento e consolidare le zone franose. Il bergamasco Paolo Rotoli, di Clusone, è passato dall’informatica all’agricoltura, aprendo un agriturismo in quota, con allevamento di capre e produzione di latte e formaggi. Un giovane ex-broker finanziario marchigiano,Paolo Guglielmi, ha avviato le prime “agricolonie” per bambini, dove tra l’altro si costruiscono anche giocattoli di campagna con legno riciclato. Poi c’è la storia di Annamaria Musotto che, dopo essersi laureata in giurisprudenza a Milano ed aver intrapreso gli studi per diventare notaio, ha deciso di tornare in Sicilia per produrre manna, uno speciale dolcificante a basso contenuto di glucosio e fruttosio che si ottiene dal frassino. L’emiliana Silvia Bendantiha rinunciato al posto fisso da maestra per produrre vino Igt di cui disegna personalmente e con molta cura le etichette, trasformandosi così in “agriartista”. E ancora c’è Chiara De Miccolis, pugliese, che dalla attività di grafica editoriale è tornata alla masseria di famiglia per produrre olio extravergine di oliva Dop e cosmetici naturali. Questi esempi parlano da soli. Certo, ci vuole coraggio, disponibilità di terra e magari già un’azienda avviata. Intanto si nutre speranza in un settore un tempo definito “primario”, che continuerà a riservare soddisfazioni per tutti coloro che “osano” volgersi alla terra e ai beni che essa continua a donarci.

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