Di Francesco Bonini

Hanno mirato all’essenziale, in un incontro sobrio, vivo e toccante. Nei discorsi di Papa Francesco e del Presidente Napolitano ci sono tutti i temi delle relazioni tra l’Italia e la Santa Sede, ma ci sono anche i temi caldi della vita quotidiana. E, quel che più conta, c’è un reciproco mettersi a disposizione, cioè ci sono le radici di un dialogo che continua e che è radicato nell’identità stessa dell’Italia. A partire da Roma, dove i due colli si “guardano con simpatia”, parola di Papa Francesco, ribadita dal presidente della Repubblica, che ha parlato di “fattiva concordia” e di “limpida collaborazione”.
Per questo entrambi hanno sottolineato l’importanza della libertà religiosa, da promuovere in tutto il mondo, ed hanno fatto cenno ai valori della democrazia: “La distanza tra la lettera e lo spirito degli ordinamenti e delle istituzioni democratiche è sempre da riconoscere ed occorre l’impegno di tutti i soggetti coinvolti per colmarla ogni volta di nuovo”, ha detto il Papa.
È proprio l’esercizio cui siamo chiamati negli anni di questa crisi, che sembra consumare non solo le risorse economiche, ma anche la nostra psicologia collettiva e le nostre risorse morali. Proprio qui c’è da investire. Così il Papa chiama all’impegno politico, ma soprattutto impegna alla conversione. “Noi cattolici – ha detto – abbiamo il dovere di impegnarci sempre di più in un serio cammino di conversione spirituale, affinché ci avviciniamo al Vangelo”, che poi è la grande risorsa da mettere a disposizione di tutti.
Il resto, suggerisce, viene di conseguenza. È così chiaramente definito il contributo sostanziale che accompagna l’identità italiana. E lo stesso presidente Napolitano ha ricordato che oggi serve una nuova capacità e mentalità, oltre che solidarietà e giustizia: serve qualcosa di nuovo per sostenere e superare la crisi, che un ministro ieri ha ribadito essere inedita e più rilevante di quella del 1929.
Di qui il particolare ruolo dell’Italia, che Papa Francesco ha ribadito, e che poggia proprio su questo cristianesimo vivo e popolare, su una identità aperta, perfettamente coerente con una democrazia da sviluppare nel senso di fare sempre ritornare alla sua radice.
Il presidente Napolitano ha ricordato che è una tradizione che il capo dello Stato italiano si affretti a visitare il nuovo pontefice. È una bella tradizione, che non ha nulla di formale, ma è sempre più sostanza.
Perché oggi serve prospettiva, serve slancio. Servono riferimenti, quei sobri, essenziali e chiarissimi riferimenti che i capi dei due Stati che convivono felicemente a Roma, hanno saputo richiamare. Due discorsi che si sono intrecciati, segno di un rapporto che fa l’identità, l’originalità e la risorsa di un’Italia che può ritrovare slancio. Ma deve convertirsi, come non stanca di ripetere il Papa, con “grande partecipazione di popolo”. Così questo tempo di “riflessione e di crisi”, sono sempre parole di Giorgio Napolitano, può essere colto in positivo, guardando avanti con serenità. Anche se bisogna camminare ancora molto, e con passo svelto.

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