Di Luigi Crimella

La difesa della vita nascente, in particolare quella dell’embrione umano, ha qualche attinenza con l’impegno sociale e nel campo del lavoro? Secondo il presidente nazionale delle Acli (Associazioni cristiane dei lavoratori italiani), Gianni Bottalico, tali attinenze ci sono e fanno perno sulla visione cristiana della vita e la difesa della dignità umana. Le Acli sono state fondate nel 1944, a ridosso delle ultime fasi della seconda guerra mondiale, e si sono poi sviluppate accompagnando la crescita economica dell’Italia e lo sviluppo della questione operaia. Attualmente alle Acli aderiscono circa un milione di persone, che usufruiscono non soltanto delle attività associative classiche, ma anche del patronato, dei Caf e di altri servizi di assistenza oltre che di natura cooperativa (ad esempio le cooperative edilizie). I circoli Acli nel nostro Paese sono alcune migliaia, presenti sia nelle grandi città (specie nelle periferie), sia nei centri medio-piccoli. Le Acli sono molto conosciute e stimate anche all’estero, in tutti e cinque i continenti, dove ci sono circoli cui aderiscono gli italiani ivi emigrati nel secolo scorso, spesso giunti alla seconda o terza generazione dopo l’arrivo dei loro progenitori. Sulla campagna “UnodiNoi”, il Sir ha intervistato il presidente nazionale Bottalico che risponde intrecciando i valori sociali con quelli etici connessi alla tutela della dignità della vita umana.

Perché secondo le Acli è importante partecipare attivamente alla campagna “UnodiNoi” per la difesa dell’embrione umano, pure in un momento in cui ci sono tante altre emergenze tra cui quella del lavoro, con ricadute a volte davvero drammatiche?
“La vita è la prima delle emergenze, almeno in questo mondo, in cui continua ad essere insidiata fino al giorno in cui ognuno di noi vedrà i frutti perenni della Redenzione. Ribadire il rispetto della vita umana dal concepimento alla morte naturale, respingendo anche la massiccia campagna in favore dell’eutanasia ammantata sotto l’eufemismo del testamento biologico, è dovere di ogni uomo e donna di buona volontà”.

Le Acli sin dalla fondazione sono impegnate per la tutela dei lavoratori e la promozione di una cultura di partecipazione ispirata ai valori della dottrina sociale cattolica. Cosa pensate di fare, attraverso la vostra struttura territoriale, per sensibilizzare i vostri aderenti e invitarli a firmare?
“Il compito delle Acli è quello di testimoniare e promuovere il senso della dignità del lavoro e del lavoratore. Proprio in virtù di questo crediamo sia importante sostenere tutte quelle iniziative, fra cui ‘UnodiNoi’ che mirano al riconoscimento della sacralità della vita umana in ogni sua fase”.

Lei ritiene che sia possibile su un tema come questo della difesa della dignità dell’embrione umano raccogliere adesioni “trasversali”, cioè non solo provenienti dal mondo cattolico ma anche da altre aree culturali e sociali?
“Assolutamente sì. Mi meraviglierei se ciò non fosse possibile. I valori autenticamente umani appartengono a tutti, i cattolici non ne sono i depositari ma solo testimoni e strumenti. Ce lo ricorda bene Papa Francesco. Dobbiamo guardare a Gesù che come Figlio ricapitola in sé tutte le cose, supera tutti gli steccati e infonde in ogni cuore il suo Spirito. Sarei piuttosto preoccupato del contrario, cioè di quella sudditanza culturale che tra i cattolici talora si avverte verso il pensiero laicista e radicale, sui temi della vita e della famiglia, fondata sull’unione naturale tra l’uomo e la donna”.

Riflettendo sui tipici valori del lavoro, quali pensieri le vengono circa il rapporto tra vita nascente e società più giusta e solidale?
“Una società che tutela il lavoro è anche una società ben disposta verso la vita ed in particolare verso la vita nascente. Mentre l’ingiustizia che ha generato l’attuale crisi, si ripercuote negativamente sulla vita, impedendo alle persone che lavorano di realizzare i propri progetti di vita, di formarsi e di mantenere una famiglia, di potersi permettere più di un figlio, senza che questo venga considerato quasi come un lusso”.

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