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Una straordinaria figura di santo: il martire. (seconda parte)

Identikit del Martire

Alla luce di quanto detto si può provare a tracciare un primo identikit della figura del martire e della sua importanza nel cristianesimo antico e medioevale: 1) muore in odium fidei, 2) rimette la sua anima, e quindi tutta la sua esistenza, a Dio, 3) perdona i suoi nemici, 4) sul posto dove è avvenuto il suo martirio sorgono luoghi di culto, 5) viene onorato nel giorno della sua nascita al cielo, 5) il suo culto cresce anche grazie al moltiplicarsi delle reliquie, 6) a volte si onora il ritrovamento del suo corpo con una apposita festa: l’invenzione.

Perché i martiri?

La particolare santità del martirio è dovuta a specifiche contingenze storiche che di volta in volta hanno fatto percepire i cristiani come dei nemici: nel caso di Stefano esso era percepito come tale dagli ebrei per motivi di ordine religioso, più frequentemente in seguito, in tutto l’impero romano i cristiani verranno perseguitati prevalentemente per motivi politici come nemici dell’impero. Si riteneva che essi praticassero una “superstitio illicita”, cioè una religione il cui culto non era accettato dallo Stato. Tertulliano racconta nell’Apologeticum[1] che un senatoconsulto dell’anno 35 aveva respinto la proposta dell’imperatore Tiberio di accogliere il cristianesimo nel panteon delle religioni tollerate. Già a partire da questa data dunque, la pratica della religione cristiana figurava come illecita. Le prime grandi persecuzioni si ebbero sotto l’imperatore Nerone che, stando alla versione fornita dallo storico Tacito negli Annali, incendiò la città di Roma dando la colpa ai cristiani:

“ne presentò come rei e colpì con supplizi raffinatissimi coloro che il volgo, odiandoli per i loro delitti, chiamava Crestiani”[2].

In questo passaggio Tacito sottolinea come i primi cristiani fossero oggetto di un particolare odio a causa di particolari delitti. Essi infatti, a causa di grandi fraintendimenti delle loro pratiche, erano ritenuti dai romani atei, antropofagi e incestuosi. Fu in particolare la prima accusa a portarli spesso sul patibolo: essi infatti si rifiutavano di offrire l’incenso alle divinità pagane e di venerare l’imperatore come un dio, poiché volevano rendere culto all’unico Dio che è in cielo. Numerosi sono ad esempio i casi di soldati romani che pur volendo essere fedeli all’imperatore si rifiutavano di adorarlo. Un nome su tutti può essere quello di San Sebastiano[3], ma possiamo citare, anche se meno conosciuto, San Benedetto Martire[4]. Questa situazione di pericolo per i cristiani nell’impero romano cessò solo con l’Editto di Tolleranza emanato a Milano da Costantino nel 313, tuttavia episodi di persecuzione continuarono a verificarsi lungo il medio evo in quelle zone europee dove i missionari cercavano di portare il vangelo.



[1] TERTULLIANO, Apologeticum V,3

[2] TACITO, Annali XV,44

[3] Sebastiano Narbona, 256Roma, 20 gennaio 288

[4] Benedetto III secoloCivita di Cupra, 13 ottobre 304

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Nicola Rosetti: