DIOCESI – Pubblichiamo integralmente le riflessioni del nostro Vescovo Gervasio Gestori in occasione dell’incontro con i giornalisti, clicca qui per leggere l’articolo. 

Vescovo Gervasio Gestori: “La politica è una cosa seria, perché è lo strumento sociale, che ha lo scopo di  servire la gente e di costruire il bene comune.
Per rimanere fedele alla sua finalità essa non deve farsi spettacolo, dovrebbe evitare i  litigi gratuiti, non deve essere portata avanti da chi mira soprattutto ai propri interessi personali, è chiamata ad offrire buoni esempi di civiltà umana.
La politica è un servizio e quindi è una forma di carità, anzi, è una forma alta di carità, perchè domanda dedizione e competenza, ha bisogno di persone preparate e disponibili a capire le situazioni ed a lavorare per la collettività, specialmente per chi è più debole, rispettando le leggi e la giustizia.

La Chiesa naturalmente non deve dare alcuna indicazione politico-partitica: sarebbe ingerenza in un campo che come tale non le spetta. Rimane valido il detto evangelico: “Date a Cesare quello che è di Cesare ed a Dio quello che è di Dio”.
Essa però domanda che si dia a Dio quello che è di Dio e non può permettere che le venga tolto il diritto di chiedere che a Dio si dia quello che Gli appartiene. Qui si colloca la libertà della Chiesa di esistere, di vivere, di parlare e di operare.

La Chiesa però vive “tra la gente e con la gente” (ha scritto il Card. Bagnasco). Il suo parlare non è mai “ingerenza”, perché sta dentro il vissuto delle persone, sente dal vivo i bisogni delle famiglie, ascolta le fatiche dei giovani e quindi ha il dovere di farsi voce di queste persone. Per dire che cosa in questi momenti?
In vista delle consultazioni elettorali ricorda che bisogna andare a votare, perché non ci si può estraniare dalla comunità. Nessuno vive solo su un’isola. Occorre cioè partecipare, perché tutti navighiamo insieme sulla medesima barca sociale e tutti siamo corresponsabili, sia nel bene che nel male.
Ed aggiungerei che bisogna partecipare, oggi più di ieri, anche per cambiare. In questi ultimi anni la politica non ha offerto un grande esempio di servizio alla gente e di impegno per il bene comune, privilegiando chi aveva maggiormente bisogno. Ci siamo lamentati in tanti, e non senza buone ragioni. Occorre dunque partecipare per cambiare, e per cambiare in meglio anche tanti stili di fare politica.

Ci attendiamo dunque riforme coraggiose e vogliamo affrontare le necessarie sfide per cambiare il Paese.
Per fare questo occorre puntare più sulle persone, e meno sui partiti, anche se questi sono importanti per una sana vita democratica. Purtroppo, l’attuale sistema elettorale non permette la scelta libera delle persone da eleggere.
Occorre puntare su persone competenti nei diversi settori della vita pubblica, perché sappiano fare scelte valide per il vero e concreto bene comune.
Occorre scegliere persone coerenti, capaci di andare controcorrente ed anche contro le indicazioni interne ai partiti, per una fedeltà alle proprie motivate convinzioni in ideali veri.
Occorre scegliere persone, che sappiano vivere e difendere i grandi valori umani e cristiani: la vita, dall’inizio alla sua conclusione naturale; la persona, specialmente di chi è più debole; la famiglia naturale, fondata sul matrimonio; la libertà di educazione.
Occorre che gli eletti mantengano ben uniti tutti questi valori. Ha detto recentemente il Card. Bagnasco: “E’ falso ritenere che i valori non negoziabili siano divisivi, mentre quelli sociali sarebbero unitivi. In realtà stanno o cadono insieme. E questo per una semplice ragione: perché i valori sociali stanno in piedi se a monte c’è il rispetto della dignità inviolabile della persona”.

C’è un’Italia che lavora, soffre e spera, anche qui tra noi: è l’Italia migliore, che domanda di essere ascoltata ed aiutata, mentre spesso è dimenticata e silenziata.
Questa Italia possiede una sua dignità, che tante volte ho potuto sperimentare personalmente, visitando specialmente i Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. Questa Italia è rispettata ed ammirata, anche per essere la sede del Papato, oltre che per avere una grande tradizione culturale, artistica, giuridica, sociale.
Dobbiamo difendere e valorizzare questa nostra ricchezza umana e questa risorsa di valori, costruiti in anni passati dalla nostra gente ed a noi trasmessi con notevoli sacrifici. Specialmente in questi ultimi mesi tante nostre famiglie hanno vissuto, e stanno ancora vivendo, con lacrime e sangue. Le prossime scelte politiche non sprechino questi sacrifici e permettano di guardare al futuro con serena e sicura fiducia.

La nostra Diocesi e la visita ad Limina. Che cosa dirò al Papa nell’udienza personale? Almeno ricorderò:
– Il primo Sinodo diocesano, vissuto per quattro anni e concluso nel novembre 2011.
– I molti non-italiani residenti sul territorio diocesano: sono circa 12 mila quelli ufficiali, più i clandestini. Costituiscono quasi un decimo della popolazione.
– Le Parrocchie: sono ancora preziosi punti di aggregazione umana e sociale per moltissima gente, oltre che luoghi di annuncio della fede.
– I giovani: preoccupano la loro disoccupazione e le loro molte speranze umane in difficoltà.

E dirò al Papa il mio grazie per avermi lasciato alla guida di questa amata Diocesi per più due anni, oltre i limiti anagrafici previsti dal Codice per l’età dei Vescovi.

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