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Valle d’Aosta, un segnale forte

di Gabriele Guccione

VALLE D’AOSTA – I valdostani hanno optato per il “trattamento a freddo” dei rifiuti, chiudendo la strada al “pirogassificatore” che l’amministrazione regionale aveva intenzione di costruire nei pressi di Aosta. È l’esito del referendum propositivo di domenica scorsa, che ha visto la vittoria dei “sì” con il 94 per cento dei voti. La consultazione, la prima in Italia a varare una legge d’iniziativa popolare che sarà promulgata nei prossimi giorni, impone alla Regione autonoma il cambio di rotta rispetto alle politiche di gestione dei rifiuti che si voleva intraprendere, bloccando la procedura di affidamento dei lavori di costruzione del pirogassificatore, un impianto di trattamento a caldo dei rifiuti che produce combustibili gassosi utilizzabili per la produzione di energia.

I risultati. Al referendum hanno partecipato quasi 51 mila elettori, pari al 48,92 per cento degli aventi diritto: una quota che ha consentito di raggiungere il quorum fissato al 45 per cento su un corpo elettorale di circa 104 mila cittadini aventi diritto. Il 94 per cento ha votato sì, cioè 47.143 persone. Mentre a votare contro la proposta di legge sul “trattamento a freddo” sono stati 3.000 valdostani, pari al 5,98 per cento delle preferenze.

Agire informati. “La materia su cui si è svolta la consultazione è molto complessa e, a tratti, molto tecnica. Lo si è colto anche dall’infuocato dibattito di questi mesi, tra favorevoli e contrari alla costruzione al pirogassificatore”, spiega Fabrizio Favre, direttore del “Corriere della Valle d’Aosta”, il settimanale della diocesi di Aosta che per preparare i propri lettori al voto, la scorsa settimana, ha riportato in due pagine distinte le posizioni di entrambi i comitati referendari, quello del sì, “Valle Virtuosa”, e quello contrario, “Valle Responsabile”, che ha invitato gli elettori all’astensione. Secondo Favre, “al di là del risultato, l’importante è aver agito nei confronti del referendum, votando in un senso o nell’altro, partecipando o meno, essendosi fatti un’opinione, dopo aver esaminato tutte le informazioni a disposizione”. Non solo. “Senza voler entrare nel merito della questione – commenta Favre – il fatto che per la prima volta in Italia un referendum propositivo abbia raggiunto il quorum è un segno comunque importante di partecipazione e di democrazia”.

Voglia di partecipazione. Secondo don Daniele Bortolussi, responsabile della pastorale sociale e del lavoro di Piemonte e Valle d’Aosta, “il risultato del referendum, che ha visto raggiungere il 94% dei ‘sì’ è un elemento di riflessione significativo, su cui interrogarsi”. “Quando sono in gioco temi che riguardano l’ambiente, la vita e la salute delle persone – sostiene don Bortolussi – si riscontra sempre una voglia di partecipazione diretta che va al di là di ogni connotazione politica. Lo si è visto con i referendum nazionali sull’acqua. È su questo aspetto, al di là delle questioni di merito poste al voto, che è importante riflettere per capire a fondo il significato di questa consultazione e valutare i movimenti di opinione che sono maturati e stanno maturando in Valle d’Aosta”.

Duplice lettura. C’è “una duplice lettura del risultato del referendum in Valle d’Aosta”, dichiara Matteo Mascia, coordinatore del progetto etica e politiche ambientali della Fondazione Lanza. La prima è “legata alla preoccupazione delle persone nei confronti degli impianti: non si fidano dei pareri tecnici sui rischi per la salute e per l’ambiente. È un problema legato alla cosiddetta sindrome ‘Nimby’ (‘not in my back yard’, ‘non nel mio cortile’). C’è questa reazione a qualsiasi tipo di infrastruttura realizzata vicino a casa”. La seconda riflette “una maggior voglia di essere informati e di partecipare alle scelte che riguardano il proprio territorio. L’alta partecipazione al referendum mostra che le persone della Valle d’Aosta hanno ritenuto, in modo giusto o sbagliato, che, per la qualità della vita, del paesaggio e del contesto nel quale vivono, si sarebbero dovuti avviare percorsi di partecipazione prima d’inserire quell’impianto nel loro territorio”. Per Mascia, “anche a fronte di una evidente perdita di rappresentatività delle forze politiche e dei partiti e, in alcuni casi, delle istituzioni, sono necessarie modalità di coinvolgimento e partecipazione che diventino luoghi in cui si ricostruisce la fiducia tra cittadini, istituzioni e mondo economico, chiamato poi a realizzare e gestire gli impianti di questo tipo”.

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