DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.

«Sei tu Colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?»: è la domanda che Giovanni Battista, in carcere, pone a Gesù tramite due dei suoi discepoli.

Giovanni ha sentito parlare «delle opere del Cristo», della sua predicazione, delle sue azioni: forse non ha capito bene, forse è stata tutta una costruzione personale il suo annuncio di un messia vittorioso e giudice sui nemici, che avrebbe affermato con forza il Regno di Dio e il suo potere. Perché, a Giovanni, questo Gesù che è venuto sembra quasi un Messia al contrario, cioè fragile, povero, umile…un Messia che propone un perdono incondizionato, rimette le colpe, non minaccia né attua vendetta, dice che un fuoco sì, lo vuole accendere, ma a partire dall’amore, non certo dal timore. 

È troppo diverso questo Messia dal Messia atteso da Giovanni e da Israele, troppo diverso.

Diverso, spesso, dal Dio che vorremmo noi!

Gesù gli risponde: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo…». Gesù elenca i segni profetizzati anche da Isaia – lo leggiamo nella prima lettura – e dice al Battista: guardati intorno, Giovanni, guarda i segni della vittoria silenziosa della venuta del Messia. Guardiamoci intorno anche noi e riconosciamo i segni della presenza di Dio nella nostra storia!

Scrive un autore: “Spesso ci si rappresenta l’illuminazione di un profeta come se egli contemplasse e, da allora in poi, sapesse in modo immutabile; fosse afferrato dallo Spirito e da quel momento in avanti rimanesse fermo senza vacillare. In verità, la vita del profeta è scossa da tutte le tempeste e gravata da ogni miseria”.

La fede di Giovanni Battista, cioè, come quella di ogni uomo, va incontro a tutte le difficoltà che possono venire da una tradizione, da una cultura, da una Legge, da attese e aspettative…ma la grandezza di Giovanni, quella riconosciuta dallo stesso Gesù, è di rimanere fedele, a questo punto, non alla sua idea di Dio, non al Dio che deve venire, ma al Dio che viene, ogni giorno, nella vita di ogni uomo, e che ogni giorno suscita domande, interrogativi che non distolgono da Lui ma permettono di accoglierlo. I dubbi non diminuiscono la fede del profeta, i dubbi non devono farci paura, i dubbi ci portano a guardare meglio, ci portano ad interrogarci.

Giovanni resta un credente nella Parola di Dio, e per questo lascia l’ultima parola a Gesù. Un Gesù , come abbiamo letto, che lo invita a guardarsi attorno senza dare una risposta: anche noi siamo chiamati a non cercare sempre risposte evidenti, eclatanti ma a cercare di evidenziare le risposte nascoste nella nostra vita, a scovare i segni, nella nostra quotidianità, del Signore della vita, quei segni di speranza che dicono tanto la presenza, oggi, del Signore, del Dio con noi!

 

 

 

 

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