GROTTAMMARE – Sabato 30 novembre il Cardinale Francesco Coccopalmerio, già Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi dal 2007 al 2018, ha sostato per alcune ore a Grottammare e ha celebrato la Santa Messa delle 18.30 presso la parrocchia Gran Madre di Dio. All’inizio della celebrazione, il porporato ha ricevuto il saluto del parroco don Roberto Melone: «La ringraziamo Eminenza per la sua visita. Non è la prima volta che si trattiene in mezzo a noi e questa parrocchia le è ormai diventata familiare. La ringraziamo per le parole che ci rivolgerà con le quali daremo inizio al nostro cammino di Avvento in preparazione del Santo Natale». Prima della Liturgia della Parola è stata accesa la prima candela della corona d’Avvento, che scandisce le tappe del nostro percorso verso la celebrazione del Mistero del Natale.

Durante la sua omelia, il Cardinale Coccopalmerio ha affermato: «La liturgia ci fa celebrare tanti misteri e ci forma cristianamente perché ci indica come comportarci. Possiamo dire che è una vera maestra di vita. Nel periodo di Avvento che inizia con la domenica odierna sono tanti i temi che la liturgia ci propone. Vorrei però riflettere su queste domande: «Dove vado?», «Cosa faccio?», «Dove vado nella mia vita?» e sulla risposta che la risposta della liturgia ci offre: «Sto andando verso il giudizio di Dio che mi giudicherà dicendo se ho risposto alla sua chiamata oppure no». È vitale che Dio ci dia la sua approvazione per entrare in paradiso e per stare sempre con lui. Dobbiamo avere verso questo suo giudizio determinante per la nostra vita un retto timore, sapendo che certamente Dio è Padre, ma è anche giusto. Penso in particolar modo a quello che dirà proprio a me: «Ti ho dato tanti doni, come li hai gestiti?». Che cosa dobbiamo fare dunque per ricevere da Dio un giudizio positivo? Ce lo indica San Paolo nella Seconda Lettura: «Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo» che significa che dobbiamo amare il nostro prossimo e mettere a disposizione la nostra vita degli altri. Sforziamoci in questo inizio di Avvento di individuare una persona con la quale magari non andiamo d’accordo e proviamo a guardarla con gli occhi di Gesù. In questo modo il giudizio di Dio sarà positivo su di noi e potremo avere per sempre la possibilità di stare con lui».

Al termine della celebrazione eucaristica il porporato ha risposto ad alcune nostre domande.

Papa Francesco ha un modo suo particolare di approcciarsi al Diritto Canonico?
Beh, no, direi che non c’è un modo particolare. Come tutti i Papi, legislatori supremi nella Chiesa, anche Papa Francesco si avvale delle competenze di vari esperti e di istituzioni che sono proprio deputate a questo. In modo particolare il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi è quello che si occupa del Diritto Canonico in tutte le sue dimensioni: per esempio aiuta il Papa nella formulazione delle nuove norme per tutta la Chiesa universale, le interpreta e cerca di farle applicare in tutta la Chiesa, a seconda delle necessità.

Si può dire la stessa cosa di Benedetto XVI?
Papa Benedetto XVI insisteva molto sulla riforma di certe parti del Diritto Canonico, cito una per tutte, il diritto penale che è una parte molto importante da un lato e delicata dall’altro, perché si tratta di denunciare quando ci sono delle cose negative, però salvando in pieno dignità delle persone coinvolte. Anche Papa Francesco per quello che riguarda questo aspetto si è dimostrato molto sensibile, però non direi che tra i due Pontefici, uno più teologo, l’altro più pastore, ci sia stata una particolare differenza di approccio col Diritto Canonico.

Qual è da un punto di vista canonico l’atto più importante di Papa Francesco?
Una cosa alla quale Papa Francesco tiene molto è una riforma nella sostanza dei procedimenti per la dichiarazione della nullità del matrimonio. L’attenzione a questo tema lo ha portato alla pro ulgazione di due importanti documenti: Mitis Iudex, sulla riforma del processo canonico per la cause di dichiarazione di nullità del matrimonio e Mitis et misericors Iesus rivolto al Diritto delle 23 Chiese Orientali, ognuna della quali applicherà in modo particolare a se stessa.

Sappiamo che lei, anche se è nato vicino a Milano, conserva un grande amore per la sua terra d’origine: l’Abruzzo
Sì, io sono di origine abruzzese da parte di padre che veniva dalla Valle del Sangro, per la precisione da Scontrone che è un piccolo paese sulla montagna. Sono affezionato all’Abruzzo e agli abruzzesi e in modo particolar modo a don Roberto Melone perché siamo cugini, siamo tutti e due originari appunto di questo piccolo paese, anche se poi ciascuno ha preso la sua strada. Mio padre che era segretario comunale è stato nominato in varie sedi del Nord Italia e quindi io e i miei due fratelli siamo nati lì e lì siamo rimasti. Però l’affetto per la terra d’origine e per i suoi abitanti è rimasto molto forte: per esempio sono l’Alto Patrono del Pio Sodalizio degli Abruzzesi in Roma, che raccoglie alcune migliaia di abruzzesi che si sono trasferiti nella Capitale. Auguro a tutti i membri del Sodalizio e a ogni abruzzese di essere portatori di quella fede in Gesù che però è contraddistina da queste caratteristiche umane di forza e gentilezza che corrispondono alle qualità più note di questa gente.

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